Mercato San Severino: prima teatrale, di scena Federico Salvatore, istrione partenopeo

Anna Maria Noia

 Grande affluenza di pubblico per la prima della stagione teatrale 2015/2016 al comunale di via Trieste. La struttura, retta da Fondazione Teatro – costola della municipalizzata Gesema – ha ripreso ad essere affollata per spettacoli di alto livello e di richiamo. Come d’altronde non succedeva da tempo. Complice la serata caldo-umida, oppure per il coinvolgimento di scuole e associazioni, o anche per la drastica riduzione del costo dei biglietti, fatto sta che un cospicuo numero di persone ha assiepato platea e galleria del teatro. Il ghiaccio è stato proverbialmente rotto dal valente istrione partenopeo Federico Salvatore; egli si è prodotto in una performance ricca di nonchalance e senza vuoti scenici: sembrava – ed era (realmente) – molto sicuro di sé, tanto da offrire numerose occasioni di improvvisazione. Ad accompagnarlo, una band dal sound spedito che ha dato ottima impressione nel riproporre in maniera rock la degna colonna sonora alle boutade di Salvatore. Che ha intrattenuto l’uditorio con battute e gag divertenti ma soprattutto calzanti – anzi: “in-calzanti” – e dense di amare riflessioni.“E noi zitti sotto!”, lo show di Federico Salvatore, deriva il suo titolo dall’omaggio a un grande del cinema napoletano e italiano scomparso prematuramente: Massimo Troisi. Nell’esibirsi, Salvatore ha spiegato che ha pensato a tale denominazione per stigmatizzare la poca reattività (apparente?) del popolo campano che è abituato a subire senza alzare la testa (sarà vero?) fino a che non “scoppia” la… “rivolta”. Fino a che la manna che scende dal Cielo non si esaurisce. Tra frizzi e lazzi, il popolare interprete – del quale si ricordano le esperienze televisive (anche) con lo spettacolo “Azz!” e la partecipazione a un’edizione del festival di Sanremo con la “scomoda” hit “Sulla porta” (inerente l’omosessualità) – si è dimostrato colto e preparato nel duettare “idealmente” col pubblico. Profondo, sciolto, spigliato, con bella presenza scenica; protagonista fino in fondo del suo one man show, calcava le scene e le quinte con maestria. Tutto ciò è piaciuto al severo e attento pubblico che afferisce di solito al teatro comunale, che gli ha tributato calorosi applausi. Anche autobiografico, in certe sue… “confessioni” – ha narrato episodi della sua vita, dalla ribellione degli anni del liceo alla laurea in Giurisprudenza, fino alla nascita della figlia Azzurra e poi del secondo figlio – è riuscito a catturare l’attenzione di tutti. E non è poco, visto che gli aficionados  Sanseverinesi sono esigenti. “La tv ti impone – ha dichiarato parlando del suo rapporto di amore-odio con il sottobosco degli autori televisivi – mentre in teatro vieni scelto, è dunque più importante e più prestigioso.” A parte una piccola “polemica” finale – velata, larvata – contro Renzo Arbore e la Orchestra italiana Federico Salvatore non ha detto male dei suoi colleghi, cui è sembrato legato da stima. Per il resto, tutto ha fatto la magia della drammaturgia – potente mezzo espressivo nel mondo “contaminato” e bombardato di oggi. Significativi, dunque, i monologhi dell’attore. Che ha attraversato la storia italiana, non soffermandosi soltanto sulla napoletanità; il sarcasmo, l’ironia: queste le sue caratteristiche. Irriverenti ma mai volgari – lo ha affermato lui stesso, a proposito della parola “culo” in un atto dello spettacolo. Si è mostrato davvero così: dissacrante, graffiante, instancabile e anche molto disponibile – con la stampa e con gli avventori. Gli spettatori hanno apprezzato la sua particolare ispirazione e il rovesciamento dei ruoli nella pièce de “O’ zappatore”. Hanno infine potuto osservare l’intento di denuncia e l’impegno nel sociale da parte di tale protagonista. Uno che vive la “politica” semplicemente “castigando ridendo i costumi” – per dirlo alla latina. Uno, coraggioso, che ha scelto di restare (a Napoli), pur avendo ricevuto allettanti proposte professionali altrove.