Napoli ha salutato il Guagliò: 100.000 tra lacrime e preghiere!

Angelo Cennamo

La morte improvvisa di Pino Daniele mette malinconia, e a tutti i napoletani che lo hanno amato fino ad aggi, un pizzico di solitudine. Con lui non scompare solo un protagonista del nostro tempo ma si chiude simbolicamente il ciclo di un’intera generazione di artisti partenopei  – molti dei quali ancora vivi – che tra gli anni ’70 e ’90 hanno lasciato un segno profondo e indelebile nella cultura di questo Paese (i fratelli Bennato, Enzo Avitabile, James Senese, Peppe Barra, Enzo Gragnaniello, 99 Posse). Ma Pino Daniele non era uno dei tanti, lui aveva una marcia in più. Abile paroliere, poeta metropolitano, Daniele è stato soprattutto un musicista di raro talento e un chitarrista di fama internazionale. Con le sue contaminazioni suggestive tra melodia classica, blues e ritmi sudamericani, ha portato il mondo a Napoli e Napoli nel mondo, reinventando  un genere musicale prima di lui frequentato solo da un altro grande personaggio della scena nazionale: Renato Carosone. Il suo timbro vocale, insolito e graffiante, ha reso quelle mescolanze uniche ed irripetibili. Il sound inconfondibile della chitarra, imparata a suonare da autodidatta, il magico linguaggio col quale ha traghettato la tradizione nella modernità, generando con i fan un’empatia che non ha precedenti. Senza mai cadere nella retorica della pizza e del mandolino, Pino Daniele è riuscito a raccontare Napoli come nessun altro, celebrandone la bellezza ma al tempo stesso denunciandone i vizi e lo squallore. “Napul è” è e resterà il simbolo di una poetica struggente, la descrizione di un luogo fisico ed emozionale nel quale ciascun napoletano si è calato  almeno una volta nella vita.  Il  connubio artistico  con Massimo Troisi, accomunato dal tragico destino,  ci ha fatto rivivere altre storiche amicizie di napoletani  illustri. Il doppio funerale – prima a Roma poi nella sua città – il giusto tributo toccato prima di lui solo al principe De Curtis. A piazza Plebiscito alle ore 19,00 di ieri sera, dopo il rito funebre a Mezzogiorno in Capitale, l’ultimo saluto, tra migliaia di applausi ed una pioggia di lacrime. Dopo flash mob e gruppi sul web di cordoglio, una giornata intera a ricantare le sue canzoni specialmente a Napoli, perfino nei mezzi pubblici! Perchè  tanto ha dato alla città, come ricordato dalle parole decise del cardinale officiante Crescenzio Sepe: “Napoli ha bisogno di gente come lui!” In fondo, come ricordato da Padre Renzo, come ogni buon napoletano, la fede non l’ha mai abbandonato: la corona del Rosario in tasca, l’affidarsi a San Pio, che chiamava Francesco, col nome di battesimo del Santo del Gargano, fino a prima di morire. Fiori bianchi sulla bara, in migliaia a gremire la Piazza in composto silenzio: sguardi puntati sul feretro sul palco, a cellulari spenti,  tra le sue melodie in chiusura. Così Napoli ha tributato omaggio al suo grande interprete, ascoltando e plaudendo alle parole di padre Renzo, che la Resurrezione ci sarà anche per Pino.