San Marzano sul Sarno: Tar, sentenza su legge urbanistica regionale

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente Sentenza sul ricorso numero di registro generale 1218 del 2005, proposto da: Viscardi Giuseppe, nella cui posizione processuale e sostanziale sono succeduti gli eredi Viscardi Alfonso e Viscardi Saverio, quest’ultimo in proprio e nella qualità di procuratore generale di Arnetoli Maria Grazia, rappresentati e difesi dall’avv. Alessandro Vella, con domicilio eletto in Salerno, via Velia n.15, presso l’avv. Trani; contro Comune di S. Marzano sul Sarno, rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Giuffré, con domicilio eletto in Salerno, presso l’avv. Caliulo, in via Incagliati n. 2;  nei confronti di Iaquinandi Orazio e Notaro Michela, rappresentati e difesi dall’avv. Giovanni Maria Di Lieto, con domicilio eletto in Salerno, c.so Garibaldi n. 103, presso l’avv. Lentini;La Manna Emilia, Orza Mariano, Iaquinandi Giovanni; per l’annullamento della delibera di Giunta del Comune di San Marzano sul Sarno n. 35 del 17.2.2005, avente ad oggetto “adozione piano di attuazione in zona C2 del vigente p.r.g.-area in via Trav. Amendola”, nella parte in cui destina ad altra ditta volumetria già asservita a favore del ricorrente.Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di S. Marzano sul Sarno, di Iaquinandi Orazio e di Notaro Michela; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2014 il dott. Ezio Fedullo e uditi per le parti i difensori Vella per delega di Marenghi e Di Lieto Giovanni Maria.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO: E’ impugnata, con il ricorso in esame, la delibera di Giunta del Comune di San Marzano sul Sarno n. 35 del 17.2.2005, avente ad oggetto “adozione piano di attuazione in zona C2 del vigente p.r.g.-area in via Trav. Amendola”, nella parte in cui destina ad altra ditta volumetria già asseritamente asservita a favore del ricorrente. Mediante le censure formulate in ricorso, viene dedotto in primo luogo che il piano attuativo impugnato risulta adottato prima che siano stati approvati gli strumenti urbanistici sovraordinati, previsti dalla l.r. n. 16/2004. Viene inoltre dedotto il vizio di incompetenza, spettando l’adozione del piano impugnato al Consiglio comunale. Viene quindi dedotto che il ricorrente è titolare di potenzialità edificatorie a seguito di asservimento volumetrico disposto per atto notarile, come riconosce la stessa amministrazione deliberante: nonostante ciò, il piano attuativo impugnato include anche la p.lla 1335, urbanisticamente asservita alla p.lla n. 13, di proprietà del ricorrente, la cui mancata considerazione avrebbe impedito l’approvazione del piano, residuando una superficie inferiore a quella minima di mq. 5.000. Infine, viene affermato che il vincolo negoziale di asservimento non può considerarsi decaduto per effetto del mero decorso del tempo, come pretende l’intimata amministrazione. Si sono costituiti in giudizio, per opporsi all’accoglimento del ricorso (ed eccepirne anche l’inammissibilità), l’intimato Comune di San Marzano sul Sarno nonché i controinteressati Orazio Iaquinandi e Michela Notaro. Il giudizio, deceduto l’originario ricorrente, è stato riassunto dall’erede Viscardi Alfonso, il quale ha anche chiesto la revoca del decreto di perenzione n. 1335/2013: l’istanza è stata accolta, con la reiscrizione del ricorso sul ruolo di merito, con il decreto presidenziale n. 5/2014. Venendo alle valutazioni del Tribunale, deve in primo luogo escludersi che la sopravvenuta approvazione (con delibera di Giunta n. 135 del 30.10.2006) del piano attuativo adottato con la delibera investita dal ricorso in esame abbia rilievo, come adombrato dal difensore del resistente Comune, ai fini della eventuale improcedibilità di quest’ultimo, dovendo estendersi alla fattispecie in esame l’indirizzo giurisprudenziale che ha costantemente affermato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3654 del 14 luglio 2014) che “l’omessa impugnazione della deliberazione approvativa della variante di un piano regolatore generale non determina l’improcedibilità del ricorso proposto contro la delibera comunale di adozione, in quanto l’eventuale annullamento di quest’ultima esplica effetti automaticamente caducanti, e non meramente vizianti, sul successivo provvedimento di approvazione nella parte in cui lo stesso ha confermato le previsioni già contenute nel piano adottato e fatto oggetto d’impugnativa”. Deve altresì essere respinta, sempre sul versante processuale, l’eccezione di tardività del ricorso formulata dal difensore del Comune intimato, sia perché non indica le ragioni sulle quali si fonda, sia perché, comunque, il ricorso è stato tempestivamente notificato il 9 giugno 2005, atteso che il periodo di pubblicazione all’Albo Pretorio della delibera impugnata, con la conseguente decorrenza del termine di impugnazione, è terminato in data 14 aprile 2004. Infondata è anche l’ulteriore eccezione di inammissibilità, fondata sull’asserito carattere meramente confermativo della delibera impugnata, assumendo carattere immediatamente lesivo, per contro, la nota UTC prot. n. 886 del 29.1.2003, di rigetto dell’istanza presentata dall’originario ricorrente per il rilascio di una concessione edilizia in forma diretta in zona C2, e la successiva nota UTC prot. n. 4050 del 30.4.2003, confermativa del rigetto, entrambe richiamate nella delibera di adozione del piano attuativo e non tempestivamente impugnate dal loro destinatario: note che fanno discendere il diniego dell’istanza di concessione edilizia dal mancato rispetto degli indici di fabbricabilità territoriale e dalla necessità di previa redazione del piano attuativo ai fini dell’esercizio dello ius aedificandi nella zona de qua. Deve infatti osservarsi che l’interesse della parte ricorrente al riconoscimento, a favore del fondo di sua proprietà, del surplus di volumetria derivante dal richiamato atto di asservimento trascende le vicende (negative) dell’istanza di concessione edilizia già presentata, potendo trovare realizzazione in occasione della futura presentazione di nuove istanze volte al conseguimento di ulteriori titoli edilizi. Nel merito, deve preliminarmente osservarsi che la parte ricorrente lamenta che la superficie disciplinata dall’impugnato piano attuativo comprende la p.lla n. 1335 del foglio 5, che tuttavia sarebbe già stata asservita ad altra particella (n. 13) di sua proprietà, per effetto dell’atto di asservimento rep. n. 72416 Racc. n. 8943 del 6.3.1985, con la conseguente sua indisponibilità ai fini edificatori. Occorre evidenziare che la circostanza allegata dalla parte ricorrente, pur nota all’amministrazione comunale, è stata espressamente ritenuta non ostativa all’adozione del piano attuativo, sulla scorta della seguente motivazione emergente dalla delibera impugnata: “la titolarità della proprietà acquistata con atto rep. n. 72416 racc. n. 8943 del 6.3.1985, con il quale la parte venditrice riserva a sé la volumetria che il fondo venduto poteva esprimere (…) consenta, visto lo strumento urbanistico in vigore (P.R.G. adottato nell’anno 2005 e quindi successivamente alla data di vendita) poter sfruttare le volumetrie del lotto. Infatti tali volumetrie, riservate dalla parte venditrice, non possono essere trasferite (vedi normativa in zona C), pertanto non si può ritenere ancora legittima, dopo venti anni, la possibilità di trasferimento della volumetria che il terreno interessato può esprimere. Inoltre, poiché trattasi di atto tra privati, eventuali diritti tra gli stessi devono essere fatti valere dal terzo, il quale riconosce, con la presentazione di un progetto che esclude la volumetria del lotto in questione, il diritto alla parte acquirente di sfruttare le volumetrie che detto terreno esprime”.Tale ultimo passaggio motivazionale, con il quale si pone in rilievo che il progetto presentato dalla parte ricorrente unitamente all’istanza di concessione presentata in data 8.11.2004 non contempla la volumetria esprimibile dalla p.lla n. 1335, deve essere particolarmente valorizzato, ad avviso del Tribunale, al fine di cogliere l’infondatezza delle censure attore. Invero, ritiene il Tribunale che un ostacolo insuperabile all’attribuzione al suddetto atto di trasferimento di volumetria di rilevanza ostativa all’adozione del piano attuativo di cui si tratta sia rinvenibile nella sua intrinseca inopponibilità all’ente comunale, a sua volta derivante dalla sua efficacia meramente obbligatoria ed inter partes, così come ricostruita dalla prevalente giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. per la Campania, Napoli, Sez. VI, n. 106 del 9 gennaio /2014: “… l’istituto del c.d.”asservimento del terreno per scopi edificatori” (o cessione di cubatura) va sussunto nello schema del contratto atipico con effetti obbligatori che, senza oneri di forma pubblica o di trascrizione, è finalizzato al trasferimento di volumetria e che si perfeziona soltanto con il rilascio del necessario titolo abilitativo edilizio da parte del comune, in quanto l’effetto finale del trasferimento di cubatura avviene solo in conseguenza dell’emanazione del provvedimento amministrativo. Ne deriva che l’accordo – con il quale una delle parti cede, parzialmente o per intero, la facoltà di edificare dal proprio terreno a quello appartenente all’altra parte, compreso nella stessa zona urbanistica, per permettere di richiedere e di ottenere una concessione per la costruzione di un immobile di volume maggiore di quello a cui avrebbe diritto (c.d. trasferimento di cubatura) – ha efficacia solo obbligatoria tra i suoi sottoscrittori, mentre il trasferimento di cubatura fra le parti e nei confronti dei terzi è determinato esclusivamente dal provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato che, a seguito della rinuncia all’utilizzazione della volumetria manifestata al comune dal cedente in adesione al progetto edilizio presentato dal cessionario, può essere emanato a favore di quest’ultimo dall’ente pubblico (così, da ultimo, Tribunale Salerno, sez. riesame, 11/05/2012, nello stesso senso, Consiglio di Stato, sez. V , 28/06/2000, n. 3637)”. Nella fattispecie in esame, non risulta che il suddetto vincolo personale ed obbligatorio di asservimento si sia tradotto in una qualità del fondo asservito oggettiva ed opponibile ai terzi, compresa la p.a., non essendo stato recepito in alcun provvedimento edilizio rilasciato sul presupposto dell’accrescimento volumetrico ricevuto dal fondo dominante: emerge per contro, dallo stesso provvedimento impugnato, che l’istanza di concessione edilizia presentata dall’originario ricorrente in data 19.2.1999 è stata respinta con nota prot. n. 886 del 29.1.2003, mentre la successiva istanza dell’8.11.2004 concerneva una nuova progettazione che non teneva conto della volumetria aggiuntiva resa disponibile dal citato atto di asservimento. Procedendo all’esame delle ulteriori censure, viene in rilievo quella intesa a sostenere la sussistenza di una preclusione all’adozione del piano attuativo, nelle more dell’introduzione delle previsioni pianificatorie sovraordinate contemplate dalla l.r. n. 16/2004. La censura non è meritevole di accoglimento: la legge citata non contempla infatti alcuna moratoria nell’approvazione degli strumenti urbanistici attuativi prima dell’introduzione degli strumenti urbanistici sovraordinati, evincendosi semmai dal sistema normativo il principio, opposto, della permanente efficacia di quelli già approvati ai sensi delle disposizioni previgenti ai fini della individuazione dei limiti e delle modalità di esercizio dell’attività edificatoria, quantomeno nel biennio successivo all’entrata in vigore della l.r. n. 16/2004 (cfr., ad es., art. 44, comma 3, l.r. cit., ai sensi del quale “nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici vigenti si applicano, fino alla data di entrata in vigore del Puc, i limiti di edificabilità di cui alla legge regionale n. 17/1982, salva l’applicazione delle misure di salvaguardia di cui all’articolo 10. Decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nei comuni di cui al presente comma, che non hanno ancora adottato il Puc, il rapporto di copertura previsto dall’articolo 4, comma 3, della legge regionale n. 17/1982, è determinato in un ventesimo dell’area di proprietà”). Infondata è anche la censura intesa a lamentare l’incompetenza della Giunta, trovando la relativa potestà in subiecta materia chiaro fondamento nell’art. 27, comma 2, l.r. n. 16/2004. Il ricorso, in conclusione, deve essere respinto siccome infondato. Sussistono nondimeno giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio sostenute dalle parti della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1218/2005, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Gaudieri, Presidente

Giovanni Sabbato, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere, Estensore

     
     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

                                DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/11/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)