Testimonianze: grazie a Padre Pio, mia madre uscì dal coma!

Rita Occidente Lupo

San Pio da Pietrelcina, continua a far rumore, come Lui stesso affermò prima di morire: “Farò più chiasso da morto, che da vivo!” Chi l’ha conosciuto, ne serba un ricordo indelebile. “Io e mio fratello Pio, nati grazie alla Sua intercessione.” Inizia così Mena Ugliano di Cava de’ Tirreni, 55 anni, dipendente alla biblioteca comunale, a scucire i ricordi dello Stigmatizzato del Gargano. Il padre, Francesco, tra i primi figli spirituali di Padre Pio, a capo dei Gruppi di preghiera anche nella cittadina metelliana. Custodito gelosamente un mezzo guanto, appartenuto a San Pio, con ancora le crosticine delle stigmate. “Fu donato a mio padre da Padre Clemente da Postiglione, confessore del Santo- inizia la Ugliano- in una teca. Ma non è la reliquia in sé per sé taumaturgica, quanto la preghiera efficace a sortire grazie! Non dobbiamo cadere nel fanatismo, spacciando gli oggetti per miracolosi! Sono dei simboli della fede! Quella che ci deve rendere luce e sale del nostro tempo! Anche se mia madre, a richiesta, ha ceduto il guanto a tanti infermi, come particolare segno di favori celesti. Tanti i ricordi familiari di Padre Pio, conosciuto con mio fratello. Entrambi abbiam ricevuto i Sacramenti dell’iniziazione cristiana a San Giovanni Rotondo, in quanto i miei genitori ebbero un rapporto diretto con il Santo. Tutto partì da quell’invito che Luigi Bottero, ceramista vietrese, rivolse a mio padre: esporre le sue esigenze al Santo. Mia madre aveva gravidanze a rischio: aborti, disagi. Non sapeva che Padre Pio sarebbe diventato parte integrante del suo vissuto, intervenendo nel momento più importante per una donna, la maternità. Così mio padre, maestro elementare, scrisse una lettera a Padre Pio e si recò da Lui. Nel 1957, giunse a San Giovanni Rotondo, affidandogli la supplica. Non conosceva ancora il Frate con le Stigmate, ma si fidò della fama che già circolava.Il Santo lo tranquillizzò, dicendogli che mia madre sarebbe stata genitrice. Avrebbe dovuto però partorire lì, a Casa Sollievo, inaugurata quell’anno. La comunicazione lasciò interdetto mio padre: lontani da casa, in un Ospedale che allora nasceva, mille dubbi. Seguendo la strada del ritorno, riflettè su quell’incontro. Rientrato a Cava de’ Tirreni, la gioia dopo poco di mia madre incinta. Subito il pensiero corse alle parole del Santo ed i miei genitori riscontrarono la profezia: Padre Pio aveva anticipato il lieto evento. La gravidanza s’avviò senza grossi intoppi ma, approssimandosi al termine, partirono per Casa Sollievo, ignari di quanto li avrebbe messi a dura prova: 8 marzo 1957.  Mia madre, Maria Antonia Troisi, tra le doglie del parto in Ospedale, fu colpita inaspettatamente da emorragia. I medici si alternarono al suo capezzale, non riuscendo a spiegarsi cosa fosse sopraggiunto. Costantemente monitorata ed assistita, il quadro clinico precipità in poche ore, facendo temere il peggio. Mia madre s’aggravò ed entrò in coma. Spaventato mio padre lasciò il suo capezzale e corse subito al convento da P.Pio, supplichevole. Il Santo, senza mezzi termini,  lo redarguì “Uomo di poca fede!”  A queste parole si riaccese in mio padre la speranza smarrita, di una risoluzione al problema. Rianimato rientrò in Ospedale e qui avvenne quanto atteso e predetto da Padre Pio. Alla presenza di numerosi medici, tra cui i prof. Lotti e Greco, un vero e proprio miracolo: mia madre uscì dal coma e nacque mio fratello. Naturalmente i miei genitori vollero chiamarlo Pio, in segno di devozione e gratitudine al Padre. Rientrati a Cava de’ Tirreni, il piccolo crebbe senza problemi. Poi, nel 1959, venni alla luce io. Ovviamente le condizioni furono le medesime: ricovero a Casa Sollievo. Ma questa volta non ci furono imprevisti. Nacqui respirando quell’aria, oso dire, che a San Giovanni contagiava tutti nella spiritualità, tra l’affetto e la fiducia che i miei rimettevano nel Santo. Da allora la mia famiglia è stata sempre guidata da Lui: i carismi, i profumi, la bilocazione, le guarigioni, per noi  che l’abbiam conosciuto, fenomeni soprannaturali del Cielo. Oggi, per me, la lettura del Suo epistolario, partendo dalla seconda lettera, quella inviata a Raffelina Cerase, un percorso spirituale. Ho riscoperto il Senso autentico delle Scritture, assumendo un atteggiamento maturo nella fede, non più per abitudine o come qualcosa di tramandato. Guardo al mondo senza l’attaccamento alle cose terrene, come dice l’apostolo San Paolo, da atleta dello spirito. Mio padre ha dato vita a Cava de’ Tirreni, ai Gruppi di preghiera che San Pio volle come testimonianza di sequela. Incontri mensili, recita del Rosario, frequenza sacramentale, per una vita cristiana. Tanti episodi, della Sua santità già in vita, ci hanno spinto a voler dare alle stampe un libro su quanto raccolto da mio padre novantenne, deceduto quasi tre anni fa, un anno prima di mia madre, venuta meno lo scorso dicembre. Come i primi cristiani, che cantavano nell’arena romana, sapendo d’esser sbranati dai leoni così noi oggi, dobbiam perseverare nella fede, grazie anche all’attualità di San Pio, testimoniando!”