Dove va l’uomo del terzo millennio?

Giuseppe Lembo

Nelle sfide della modernità è sempre meno visibile lo spazio riservato all’uomo, un tempo al centro di tutto, mentre oggi è assolutamente marginale e funzionale ad aspetti della vita parte di una materialità del tutto indifferente ai comportamenti umani il frutto di una immaterialità con al centro l’ethos, la morale, il senso altruistico del fare anche per gli altri e non solo in modo assordante, unicamente per se stessi. Il tempo in cui viviamo, con totalitarismi sempre più al centro della scena, è un tempo assolutamente poco attento e per niente indulgente nel considerare il necessario ed incancellabile equilibrio tra l’essere e la superficiale e fragile umanità dell’apparire. L’uomo, dimentico del suo passato fortemente legato all’essere e dei valori ad esso collegati, è sempre più convinto che la vita umana va unicamente vissuta per quello che appare e per tutto quello che si può tradurre in un edonismo, in un godimento che può venire dalle cose; solo dalle cose possedute e/o comunque a disposizione del proprio vivere che, tra l’altro, oltre ai valori ed alla morale condivisa già abbondantemente sacrificati è sempre più disponibile a sacrificare anche le sue capacità di pensiero, il frutto del cervello, parte nobile di noi stessi sempre più spesso considerato secondario e per molti aspetti sussidiario allo stomaco, organo emergente del corpo umano per il quale si fa tutto e di più come se la vita avesse per solo percorso da vivere il cibo e non altro e come se l’obiettivo per cui si vive è il mangiare, indifferenti al saggio pensiero di chi mangia per vivere, un pensiero contrario a chi invece pensa che il suo primo obiettivo di vita è il mangiare. Nella modernità che è parte di noi, c’è una quotidianità fatta di queste cose; c’è l’uomo edonisticamente protagonista del proprio apparire e dei propri egoismi umani, con comportamenti assolutamente scorretti che vanno a squilibrare ulteriormente i rapporti sempre più fragili e già squilibrati di un’umanità che non sa stare bene con se stessa, che non sa vivere nel rispetto degli altri ed agire per quel bene comune sempre più necessario agli scenari umani del nostro tempo che, alternativi agli egoismi di ogni singolo uomo, sanno mettere al centro della grande piattaforma dell’umanità il bene comune e quell’essere solidale che ognuno di noi deve saper ricercare e scoprire, perché trattasi di un bene che è dentro di noi.

Le sfide della modernità sono tante; sono le sfide di una umanità sempre più inquieta ed irrequieta che non ha ancora trovato il giusto equilibrio e che rivendica anche per sé il diritto alla vita in un Pianeta Terra sempre più stretto e conflittuale; sempre più ammalato di uomo e di una latente pazzia umana che esplodendo può fare male; può fare male ad un’umanità in cammino assolutamente fragile e bisognosa non di violenza, ma di pace; non di egoismi, ma di solidarietà umana, una condizione necessaria e possibile, sempre che ciascuno faccia la sua parte, uscendo dai comportamenti sbagliati di un familismo cieco, il più pericoloso e disumano nemico killer oggi arrogantemente presente sulle deboli scene del mondo.

Viviamo tempi assolutamente difficili; viviamo tempi di un equilibrio del tutto fragile e pronto a rompersi con grave danno per tutti i responsabili e non che siano.

Dobbiamo, per evitare di farci male senza possibilità alcuna di tornare indietro saper riflettere; saper capire, per il bene di tutti, che anche il cosiddetto ultimo della Terra, in quanto uomo ed a nessuno è dato dimenticarlo, ha un ruolo, un ruolo importante, sia individualmente inteso che nella vita di insieme; un ruolo che gli deriva alla sua intoccabile appartenenza all’umanità in quanto uomo.

A nessuno è dato dimenticare che al centro di tutto c’è l’uomo; l’uomo della Terra; l’uomo di tutte le terre, oggi in cammino verso quei mondi negati e quei diritti umani, diritti di carta, fortemente pubblicizzati, ma di fatto sempre più violentemente negati, per effetto di un potere ottusamente chiuso verso l’uomo e soprattutto verso la grande platea umana dei diritti negati.

Le sfide della modernità oltre ad essere un problema, sono anche un’opportunità.

Trattasi di sfide coinvolgenti e presenti anche nella vita degli esclusi di sempre; sono e sfide di quelle tante diversità in cammino che, in quanto espressioni di diversità umana, rivendicano per sé, i diritti fondamentali dell’uomo, primo dei quali il diritto alla vita (possibile, togliendo il di più a chi consuma troppo, sprecando) ed il diritto alla libertà, un diritto sancito sulla carta, come diritto sovrano per tutti gli uomini della Terra (purtroppo tale non è, in quanto la presenza di uomini padroni della carne umana, non permettono ai tanti della Terra, di vivere la propria condizione di uomini liberi, facendo violenza, uccidendo, massacrando, sottomettendo, tengono tanta parte dell’umanità in una condizione poco o per niente libera).

Occorre correre ai ripari; occorre togliere il maltolto; occorre restituire la dignità di uomini liberi a chi oggi non ce l’ha per colpa di carnefici che, pur cambiando nome, agiscono sempre ed ovunque alla stessa maniera, ossia da barbari, disumanamente violenti e da assassini carnefici contro l’uomo, un proprio simile a cui nessuno può negare il diritto alla vita, il diritto alla libertà ed il diritto di rompere le violenti catene della schiavitù assassina ancora presenti sulla scena del mondo in tante forme diverse e sempre più disumanamente usate ed abusate contro l’uomo.

L’uomo per sua natura saggio non può essere indifferente di fronte a disagi annunciati; nel modo più assoluto, proprio non può stare a guardare. Deve riprendersi l’orgoglio della propria appartenenza e con coraggio da protagonista dare un’impronta di saggezza e di umanità al cammino umano sulla Terra, un cammino oggi più che mai in grave sofferenza con gravi problemi di sopravvivenza per il futuro dell’uomo nel corso del Terzo Millennio, un tempo nuovo, un tempo di crescente vicinanza umana, sempre che si riesca a capire come stare insieme e quali le regole da rispettare per evitare pericolose avventure da disastro umano annunciato. Il nostro tempo è inopportunamente ancora un tempo di totalitarismi; come tale è pregiudizievole per la vita dell’uomo e per un cammino umano capace di affrontare le sfide di una modernità pensando all’uomo, alla sua centralità e non agendo sconsideratamente contro l’uomo; così facendo, diritti, diritti e senza appello, andiamo incontro a quel disastro da tempo annunciato che, con la fine del mondo, segnerà la fine dell’uomo sulla Terra, maltrattata e vittima di un insopportabile squilibrio umano nel rapporto uomo/natura ed ancora peggio, per i danni antropologicamente rilevanti, nel rapporto uomo/uomo.