Brucia il Mediterraneo

Giuseppe Lembo

Il Mediterraneo, culla di civiltà millenaria, non trova assolutamente pace. Il prevalente mondo mussulmano che lo abita, dopo la primavera araba che, purtroppo, non ha dato i frutti sperati, in rispetto e dialogo degli uni contro gli altri continua a massacrarsi. Un bagno di sangue umano, a distanze sempre più ravvicinate, scorre sulle rive del Mediterraneo, suscitando spesso indifferenza, mista a preoccupazione per tutto quello che ancora potrà accadere. Guerra chiama guerra va gridando allarmista il Papa Francesco. Un’intera area che sperava di vivere in pace con la cacciata dei potenti è sempre più fortemente in crisi degli uni contro gli altri; le fiamme sempre più violente rischiano di passare da una realtà all’altra, bruciando mondi sommersi che proprio non riescono a trovare pace. Il Mediterraneo che brucia è di fatto dimenticato da tutti quelli che dovrebbero adoperarsi attivamente per portarvi la pace evitando un massacro di uomini inermi che, sperando in un futuro migliore, sfidano la furia omicida il frutto di una bestiale violenza degli uni contro gli altri. Purtroppo, con atteggiamento di impotenza, si assiste a quel fiume di sangue che scorre in Egitto, ultima follia araba, un segnale forte della lacerazione profonda nel mondo arabo. Ma, non finisce qui; la spirale di violenza può portare ad altri morti e ad altre distruzioni; il Mediterraneo brucia e continuerà ancora a bruciare. Un disastro umano dalle gravi conseguenze; avrà, purtroppo, riflessi anche sulle massicce correnti migratorie che arriveranno da noi con tutto il dramma umano di sofferenze infinite e sempre più spesso senza risposte. L’Egitto è un segnale che deve allarmare tutti; il Cairo, teatro di morte, non può lasciare nessuno indifferente. Oltre all’Egitto, nuovi scenari di morte interessano la Siria, dove addirittura è stata compiuta una feroce strage di innocenti, con armi proibite (gas nervino). Non può essere indifferente l’America di Obama che manifesta la sua impotenza di attendismo; non può altrettanto dimostrarsi indifferente l’Europa che ne vive drammaticamente le conseguenze in casa con prospettive di grave e crescente pericolo per effetto di una crescente e contagiosa instabilità in tutta l’area del Mediterraneo. In Egitto, principale e decisivo laboratorio della Primavera Araba, di quella primavera che sollevò i popoli sottomessi del Mediterraneo per un protagonismo umano per troppo lungo tempo negato, oggi si spara e si ammazzano degli innocenti. Altrettanto ed ancora più ferocemente si fa in Siria. L’unica area della Primavera Araba che ancora resiste è la Tunisia.

In Egitto lo scontro in atto tra militari e Fratelli Mussulmani, oltre ad indicare che siamo al capolinea di un esperimento fallito, pone interrogativi inquietanti sulle intenzioni della repressione in atto da parte di un mondo militare forte di se stesse, deciso a dare una lezione alla Fratellanza mussulmana, reprimendo nel sangue una sfida non più tollerabile. E lo fanno convinti che è un problema di casa loro, per cui non devono dare conto a nessuno; si sentono per questo autorizzati a distruggere e ad uccidere per eliminare gli scomodi che ostacolano inopportunamente il loro potere che va scatenando una vera e propria guerra civile, in una cornice strategica basata su di uno stare a guardare impotente sia da parte dell’America che dell’Europa. Purtroppo nel Mediterraneo che brucia, sempre più diviso ed ostinatamente gli uni contro gli altri, spesso per solo ostinato fanatismo, è sempre più difficile per gli spiriti liberi, imporre il proprio diritto alla libertà. Da una parte troviamo una società padrona in forte decadenza che non vuole cedere il passo e mettersi da parte, dando spazio agli spiriti liberi che vogliono a tutti i costi liberarsi dai vincoli che sono spesso vincoli di vera e propria schiavitù e pensare di potersi finalmente costruire un futuro da uomini liberi, capaci di poter liberamente definire il corso della propria vita e fermare quel ristagno sociale e quella decadenza che da sempre ne ha condizionato il futuro possibile. Non giova a nessuno, ma proprio a nessuno assistere al Mediterraneo che brucia; prima di tutto non giova alla sua gente che subisce quotidianamente violenze ed azioni di morte. Il mondo non può stare più oltre a guardare di fronte agli scenari di morte e di distruzione che si consumano nel Mediterraneo. Le Nazioni Unite devono fare la loro parte. Ban Ki-moon deve far sentire la voce del mondo che non vuole stare a guardare di fronte alle stragi di innocenti come in Siria, per l’uso del gas nervino, armi proibite che hanno causato migliaia di morti, veri e propri crimini di guerra contro l’umanità; gridano vendetta. Oltre alla condanna forte e decisa, occorre agire, fermando e per sempre quella linea rossa di disumanità che a nessuno, proprio a nessuno, deve essere dato di oltrepassare. Non è assolutamente più tempo di pianificare stragi di massa; il mondo non può essere incendiato; il mondo, qualunque angolo del mondo, deve poter vivere in pace, garantendo a tutti contro le guerre che sono causa di sola morte e distruzione, il diritto alla vita, un diritto di tutti, per cui sempre più deve essere inteso in senso universale. La crisi del Mediterraneo può anche essere una grande spinta per la pace nel mondo; una pace universalmente intesa, voluta da tanti che trova nel Papa Francesco capo della Chiesa di Roma, un apostolo convinto, o per molti versi disperati che crede e vuole far credere a tutti i costi nella speranza e soprattutto nella Pace, un cammino che porta alla civiltà umana, per evitarne la fine.