La matassa

Angelo Cennamo

Berlusconi che muore e poi risorge, con la sinistra che scrive i titoli di coda al film morettiano che ne presagisce la fine giudiziaria, a margine di un’iperbolica e stravagante fenomenologia politica durata vent’anni, ma che potrebbe prolungarsi oltre l’inimmaginabile. Ne abbiamo scritto e letto parecchie volte. Ora però è diverso; la condanna definitiva della Cassazione segna una linea di confine chiara e senz’appello tra l’ipotesi e la realtà : per la legge italiana Berlusconi è un frodatore fiscale e merita la reclusione. Ma lui si professa innocente e rivendica il diritto di dirlo, come ha fatto l’altro giorno, davanti a migliaia di persone, in una torrida domenica di agosto. Cosa cambia se la verità processuale, come spesso accade, non si sovrappone ( tanto da combaciare) a quella reale, invocata e gridata dal condannato, tra il tifo da stadio e la commozione dei suoi sostenitori? Nulla. La vicenda giudiziaria del Cavaliere, con il suo epilogo amaro, a tratti grottesco, continua a spaccare il Paese in due fazioni : da un lato i colpevolisti, gli anti di sempre, quelli che vedono nella sentenza di terzo grado la naturale conclusione di un percorso truffaldino, fatto di leggi ad personam e di trucchi di vario genere per sfuggire alla galera e al fallimento imprenditoriale. Dall’altro, i sostenitori innocentisti, gli elettori di centro destra che la condanna la guardano da un osservatorio più largo, e con implicazioni storiche, culturali e politiche. Come se ne esce è difficile dirlo, ma è ancora più complicato farlo. Forse sarebbe il caso di ripercorrere le tappe di questa lunga epopea con lo sguardo rivolto ad un passato lontano, e ritornare a quel 1948 che vide esordire la carta costituzionale, proprio a ridosso del ventennio fascista. I padri costituenti, scrivendola, intuirono quello che sarebbe potuto accadere negli anni successivi. Paventarono cioè che qualche procura, ideologizzata o mossa da altri fini che non fossero strettamente istituzionali e/o compatibili con il loro ruolo, potesse condizionare o ostacolare l’azione dei governi. Fu per questo che i Togliatti, i De Gasperi e i Croce, introdussero l’istituto dell’immunità parlamentare : per garantire il principio cardine della separazione dei poteri, controbilanciandolo con l’indipendenza e l’autonomia dei pm rispetto alle decisioni dell’esecutivo. Quella norma, che per decenni assicurò alla magistratura e alla politica rispetto reciproco, ed impedito pericolosi sconfinamenti negli spazi avversi,  venne sciaguratamente abrogata nei primi anni ’90, nel delirio giustizialista di tangentopoli. Le condanne di Craxi, Forlani, Andreotti e di molti altri esponenti dell’area politica moderata e riformista furono la diretta conseguenza di quel clima di caccia alle streghe che con mani pulite è proseguito fino ai giorni d’oggi , passando per la discesa in campo di Berlusconi, colpevole forse di aver scompaginato i piani di una sinistra rimasta indenne dal ciclone dipietrista, e pronta a governare il Paese senza alcun impedimento. Dire oggi che Berlusconi sia caduto nella rete di giudici comunisti e complottisti sarebbe ingenuo e spropositato. Ciò non toglie, però, che lo squilibrio causato dalla cancellazione dell’immunità parlamentare abbia gravemente condizionato la storia politica ed economica della Nazione, e bloccato gli italiani su un matassa gigantesca che non accenna a dipanarsi, ma che al contrario sembra ingarbugliarsi sempre di più.

2 pensieri su “La matassa

  1. ah l’immunità parlamentare, ah la cassazione di carnevale …. quanti ricordi e quanta gioventù passata.
    credo che l’autonomia della politica e della magistratura devono andare di pari passo con delle aggiunte rispetto a quello che accadeva all’epoca della milano da bere.
    per prima cosa una classe politica più credibile e autorevole nel senso che quando sei sgamato allora ti devi dimettere, come si dice assumere un comportamento moralmente corretto rispetto alla carica che si ricopre. non come succede/succedeva da noi che ai politici e alla politica e concesso tutto.
    per seconda cosa effettivamente qua, come succede per tutti gli altri pubblici dipendenti, quando i magistrati dimostrano incompetenza e assumono comportamenti poco autorevoli, io vieterei loro di candidarsi in politica e di assumere cariche politiche e amministrative, devono essere sanzionati in maniera seria.
    ma queste cosa si sa, e tu lo sai più di tutti, non hanno niente a che fare con la vicenda del falotico condannato in via definitiva.
    che poi possa essere una vittima giudiziaria è una cosa che rammarica e fa anche rabbia di come sia possibile che uno come lui “ricchissimo e potentissimo”, che ha regnato e regna nell’economia e nella politica, possa essere stato perseguito da una magistratura che non ha nemmeno la carta per le fotocopie.
    di nuovo davide che sconfigge golia?

  2. Sì, ma il problema è un altro: e cioè che, dietro l’immunità, possa nascondersi l’imPunità-raggiunta-per-vie-legali. Quest’ultima fa sì che il parlamento possa agevolmente riempirsi dei peggiori farabutti che ci sono in circolazione: ora, che tra questi farabutti vi possa di tanto in tanto essere qualcuno interessato alla Cosa Pubblica (e che sia anche capace di fare politica seriamente), non ho dubbi. Ma che Togliatti (e altri elencati nel suo post) volessero trasformare il parlamento in una riserva per indagati e condannati non mi pare facilmente sostenibile (e onestamente, a parte il caso Berlusconi, che i suoi elettori li ha sempre, non credo proprio che attualmente la maggior parte del popolo italiano sia disposta a stipendiare parlamentari che producono poco, guadagnano molto, si occupano principalmente degli affari propri e sono interessati da provvedimenti giudiziari).

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