Salerno: Caritas, don Russo “Chi è il mio prossimo?”

Prendendo spunto dalla XV domenica del tempo ordinario, don Marco Russo, direttore della Caritas Diocesana di Salerno-Campagna-Acerno, ha voluto indirizzare una breve lettera a tutti coloro che vivono un momento di disagio. 

E’ Lui che pensa. E’ Lui che scrive Sono come una piccola matita nelle Sue mani, nient’altro. La gioia è amore, la conseguenza logica di un cuore ardente d’amore. Costruire in ogni tempo e in ogni luogo. Anche oggi, Signore, sono al posto che hai voluto affidarmi, dietro una scrivania, cercando di fare il mio servizio. Oggi, non posso fare a meno di pensare alle tante persone che durante l’anno hanno bussato e a chi ancora busserà e pensarlo come chi avrebbe diritto a un meritato riposo, a un tempo di pace, di silenzio, di fraternità, di pensiero Alto e di pensiero umano. Il pensare a loro mi costringe anche a pensare al mio anno trascorso a parlare a ciascuno di voi sia come studenti, sia come parrocchiani sia come persone in difficolta, del Costruire, edificare il Regno di Dio. Quel Costruire e edificare, mi pone di fronte alla mia responsabilità costringendomi a chiedermi se ho fatto questo tratto di strada da solo o con chi mi è stato posto accanto nella condivisione del mio compito e nella mia responsabilità. Ancora continuo a interrogarmi se ciò che mi è stato affidato è un pezzetto di terreno o la parte di una casa e ho scoperto di non aver ricevuto in questi anni uno spazio, un limite, ma che il compito affidatomi attraversava tutto il suo Regno perché non è uno spazio o un luogo ma, il cuore dell’uomo, dell’umanità che vuole raggiungere tutto l’uomo, tutti gli uomini. Di fronte al cammino che tante volte si fa irto, mi chiedo quando potrò dire: ” Oggi il Signore mi chiamerà a vivere una giornata tranquilla”. Mentre penso, sono risvegliato dal grido di chi mi rinnova la richiesta di pompare sangue: al malato, all’anziano, al bambino, al giovane, alla mamma, al papà, a chi sembra vigorosoe chi è fragile, a chi è sano e chi è malato, a chi sorride e chi piange, a chi esulta, a chi spera e a chi crede di non avere più speranza. Mi vengono in soccorso la preghiera di gioia, la preghiera del sofferente, la preghiera di chi spera e di chi attende un esito che gli cambierà la vita. Ci sarà oggi chi esulta all’esito positivo e chi entra nella disperazione perché sente cadere addosso il mondo.  Guardo all’uomo che tende la mano e a chi la sottare, alla donna che apre alla vita e a chi alla vita dice di no. Signore questa è la mia giornata: tra il sorriso e il pianto, tra chi spera e chi spegne la luce, tra chi cerca e chi si è stancato, tra chi gioca a fare il politico e chi non ha oggi da mangiare, tra chi gode il suo riposo e chi il riposo non lo avrà mai. Un raggio di sole appare all’orizzonte quando il Signore mi ricorda che superando ogni tentazione di scoraggiamento e di pretesa orgogliosa di autosufficienza  può ancora vedere la gioia incontenibile del popolo di Dio, che oggi la vedrà nei volti di tantissimi uomini, donne e bambini che per varie ragioni vivono l’esperienza della sofferenza, della fatica e del travaglio come pellegrinaggio di fede e di speranza. “La sofferenza, l’enorme perdita e, a volte un senso di alienazione di fronte al futuro incerto non distrugge il sogno di ricostruire, di edificare con speranza e coraggio, l’esistenza”, tanto più che la fede e la speranza formano un binomio inscindibile nel cuore di tantissimi uomini e donne, così da giustificare la fatica del cammino. Sono certo e non posso non confidare che Gesù sceglie di essere vicino all’uomo segnato dalla debolezza e dalla vulnerabilità; ne condivide la sua fragile condizione umana e realizza la vera solidarietà, divenendo causa di salvezza eterna proprio a partire e attraverso la sua sofferenza redentrice.