Salerno: FDI, Mola sul 25 aprile

Francesca Carrano

Continuiamo a riflettere sul significato del  25 aprile con Antonio Mola,  giovane dirigente di Fratelli d’Italia Salerno. Se il Sud era occupato dagli alleati già dal 1943, non sarebbe più opportuno parlare di riunificazione dell’Italia? Ha poco senso parlare anche di riunificazione. Avrebbe senso, piuttosto, parlare del 25 aprile e della guerra civile italiana con la giusta serenità che la nostra generazione – la più lontana dagli odi dei padri, anzi dei nonni – dovrebbe dimostrare. Purtroppo, debbo notare che c’è una certa ossessione passatista tra chi si sente discendente dei vincitori di una guerra che non hanno combattuto e nemmeno visto da lontano perché sono nati decenni dopo che era finita. Ci scontriamo con la peggiore eredità, come ebbe a dire De Felice, del fascismo, ovvero l’antifascismo. A Salerno c’è una sede dell’Anpi. Il Sud non ha conosciuto resistenza partigiana. Che senso ha tesserarsi oggi in questa città? Non so proprio, dovresti chiederlo a chi si tessera all’ANPI! Certo Salerno non c’entra niente con la Resistenza. Salerno è stata “liberata” dagli americani nel ’43: sbarcati gli Alleati, hanno conquistato l’Italia del Sud senza l’aiuto della resistenza. Su questo non c’è dubbio. La resistenza l’hanno incontrata dopo, quando hanno superato Montecassino e sono arrivati verso il nord. Ha ancora senso parlare di resistenza e liberazione nazionale?
Ha senso se si tratta di celebrare in positivo una festa nazionale per confermare l’amore per la libertà, il rispetto della pace, l’accettazione piena e incondizionata di diritti e di doveri. Mi pare ipocrita e grottesco, invece, chiedere di aderire alla Resistenza a chi la ritiene la festa di una minoranza militante, fiera e partigiana. Fermo restando il ripudio della guerra, della violenza e dei totalitarismi, senza riserve alcune, rivendico il diritto ad un diverso giudizio storico e al rispetto dei sentimenti. Ricordare le stragi nazi-fasciste è un dovere, ma non dimenticare ciò che accadde ad Eboli e nella piana del Sele (oltre che in Sicilia) pure. Siamo pronti per una memoria condivisa? Ci spero, anche perché lo ritengo, come già detto, un compito della nostra generazione. Certo, un compito arduo perché all’ideologia va sostituito un sereno giudizio storico: il 25 aprile non serve a celebrare il ricordo imperituro di chi, con la guerra partigiana, ci ha regalato la libertà. Purtroppo, a dire il vero, la democrazia, gli italiani di allora l’hanno ricevuta, allo stesso modo degli iracheni di oggi, dagli americani. Dopo una guerra fatta di bombardamenti sulle città e un’invasione. I partigiani diedero un contributo modesto e limitatissimo, come descrive bene Petacco in uno dei suoi ultimi libri, a questa guerra civile combattuta contro altri italiani con una visione opposta dell’onore e dell’Italia. Tuttavia la domanda da porci è: che cosa c’entriamo noi con quella guerra? Meglio far prevalere la pietà per i morti e riconoscerci fratelli di una sola Patria. Vuoi spiegare ai giovani cos’è il Sacrario di Sant’Angelo in Formis? Beh, il Sacrario dell’Armata Silente ricorda alcuni ragazzi della RSI (Repubblica Sociale Italiana) che nel 1944 vennero fucilati dagli angloamericani nella cava di Sant’Angelo in Formis. Ho avuto la fortuna di andarci: è un posto dove si incontrano un’infinità di passioni, testimonianze. È un luogo della storia della nostra Nazione.