Politici e crisi!

 Giuseppe Lembo

L’Italia ha ormai toccato il fondo. Oltre alla sua profonda  crisi economica che si traduce in milioni di disoccupati ed in scenari tristi da senzalavoro per i giovani, a cui i ladri di futuro, hanno irrimediabilmente e senza appello, rubato tutto del futuro, c’è una vera e propria gola da profondo rosso per la cultura ed i beni culturali del Paese, da qualcuno ancora distrattamente bistrattati, mentre così come sono, devono essere considerati il “petrolio d’Italia”. La cultura ed i beni culturali, unitamente a quelli storici ed ambientali, sono una grande ricchezza per questo nostro malcapitato Paese. Una ricchezza che, se bene usata, potrebbe risolverci tanti gravi problemi e farci finalmente sognare mondi nuovi che, stando così le cose, è una grande follia, il solo pensarli. Questo è il nostro Paese; questo è il mondo del possibile per l’Italia di oggi ed ancor peggio per l’Italia che verrà.. Sono in tanti che lo sanno; sono in tanti che lo toccano per mano e se ne accorgono. Sono in tanti a capirlo, non solo italiani, ma osservatori attenti del nostro “meraviglioso” Paese, purtroppo, da tanti ladri di futuro, oggi ridotto a Paese “maledetto”, dove non solo è difficile vivere, ma è assolutamente impossibile anche semplicemente sopravvivere. Perché questi scenari tristi? Perché non si riesce a capire che altri potrebbero essere i destini italiani; altro potrebbe essere il futuro di questo nostro grande, ma maltrattato Paese? Ad essere assolutamente insensibile è la politica; sono i politici che non riescono a capire che fare per uscire dal tunnel e rilanciare in modo forte e convincente l’immagine dell’Italia nel mondo.

Un’immagine nuova con le radici nel binomio vincente della cultura e dei beni culturali, il petrolio d’Italia. Perché ci sono cadute addosso tegole così pesanti e rovinose che non ci permettono di rialzarci? Perché ci siamo ingenuamente lasciati andare; perché abbiamo rincorso le scorciatoie, abbandonando le vie maestre; perché dimentichi di quel che siamo stati, ci siamo lasciati travolgere ed annullare dalle cose del niente, dimenticando l’importanza dei saperi e dell’essere ormai sprofondato in un apparire che ovunque nel mondo, ma da noi in modo rovinoso, prende sempre più tutto della condizione umana, trascinandosi dietro i valori, l’etica, il fare per gli altri, la conoscenza e quella condivisione, utile frutto del confronto delle idee e del dialogo con l’insieme sociale, senza il quale non si va proprio da nessuna parte. Purtroppo, cammin facendo, il nostro Paese è inesorabilmente arrivato al capolinea; il nostro Paese è in grave sofferenza come sistema Italia. Una crisi profonda ed irrisolvibile non ne permette il buon funzionamento. Siamo in una condizione da vero e proprio Paese sbagliato; Paese che ha la presunzione di essere un angolo di paradiso in Terra, mentre di fatto, è un vero e proprio inferno; un terribile inferno per tanti. Tutto questo succede e ci succede anche per nostra colpa, dovuta tra l’altro, all’indifferenza nella quotidianità delle nostre azioni, poco soppesate e poco attente al loro fine ultimo, non immediato ma da lungo corso. Da italiani brava gente, attenti al solo carpe diem, abbiamo costruito il bel capolavoro di un’Italia, di cui oggi ci si deve, assolutamente, vergognare; di “un’Italia problema” che non sa ormai che pesci prendere e naviga a vista, con nocchieri sempre più improvvisati che ci spingono alla deriva e che inevitabilmente ci fanno affondare in un mare di guai, tra l’altro sommersi da egoismi assordanti di chi conosce l’Io ma non il noi e si dimostra insensibile ad agire pensando all’insieme sociale ed al bene comune che è l’obiettivo primario di chi è chiamato ad occuparsi responsabilmente della res pubblica. Un Paese funziona e può guardare con fiducia al proprio futuro se tutte le sue cose, materiali ed immateriali, funzionano al meglio; funziona se crede nei valori; funziona se c’è il rispetto dell’etica; se la persona è centrale nell’organizzazione dell’insieme sociale; se si fa comunicazione autentica; se si garantisce il lavoro per il rispetto e la dignità della persona; se si ha della cultura un concetto alto ed assolutamente indispensabile per la crescita antropica dell’intero insieme sociale.

Queste con altre, sono le variabili del buon vivere; del buon governare; del buon fare sistema.

Purtroppo da noi mancano e quel che è più grave, mancano come fatto di insieme umano, sociale, culturale, economico e politico. Da qui l’inizio dei nostri mali; da qui la gola profonda della nostra grave ed irrisolvibile crisi. I mali dell’Italia, sono prima di tutto, mali incancreniti e fortemente presenti soprattutto nella politica italiana; siamo, purtroppo, di fronte ad una politica che non riesce a pensare al bene del Paese; non sa dialogare; non sa confrontarsi; non sa apprezzare il valore delle idee; non sa, opportunamente, dare il giusto peso alle risorse di cui dispone il Paese e prioritariamente alla cultura, ricca di saperi, importanti per la vera crescita della persona umana ed ai beni culturali, un grande patrimonio, una grande ricchezza, il petrolio dell’Italia, il solo che, se ben utilizzato, può farci ripartire e quindi finalmente portarci fuori dal tunnel della disperazione umana in cui vivono e convivono tanti italiani perbene in tante parti d’Italia, sedotte ed abbandonate dalla malapolitica che riesce a produrre in modo diffuso, solo il frutto di una malasocietà, sempre più conflittuale e protagonista di un inutile chiacchiericcio mediatico. Lo spunto per scrivere le cose fin qui scritte, mi viene dalla lettura di un editoriale del Corriere della Sera firmato da Gian Antonio Stella, dal titolo di prima pagina “Il patrimonio dimenticato”. Il giornalista Stella, osservatore dei mali d’Italia, ancora una volta, con spirito attento ed acuto, mette il dito nello specifico di una piaga purulenta dei mali d’Italia; al centro di questi mali, c’è, come titola, il patrimonio dimenticato, da parte del mondo politico della cultura e dei beni culturali. Un patrimonio assolutamente sommerso e completamente indifferente a chi, da Monti a Bersani, a Berlusconi ed altri dell’ultima ora e di lungo corso, sono ai nastri di partenza per conquistare il governo del Paese, un governo che, così come concepito, risponde più alle logiche di potere che al buon governo. Ebbene, denuncia Gian Antonio Stella, in questa campagna elettorale e soprattutto nei programmi che l’accompagnano, c’è un vero e proprio atteggiamento snobistico da parte di tutti lor signori, dando a capire che non hanno proprio a che farsene della cultura e dei beni culturali, sempre più indifferenti agli italiani per colpa di chi li dovrà governare. Gian Antonio Stella denuncia tale indifferenza citando le tante occasioni in cui i signori della politica parlando dell’Italia, hanno completamente trascurato di citare (almeno citare), i beni culturali e la cultura, considerati da tanti, un binomio vincente per il futuro del nostro Paese. Nei loro discorsi non c’è alcuna attenzione per il bene più prezioso di cui dispone il nostro Paese e tanto meno nei progetti-programmi con cui pensano di governare e quindi al futuro possibile del nostro destino di italiani, ancora una volta traditi, ancora una volta vittime di capi tribù che non pensano all’Italia vera, ma ad un lontano Paese tribale e che si considerano con un loro ruolo prevalente di vampiri, impegnati a succhiare anche l’ultima goccia del sangue degli italiani. Poveri loro non capiscono di pensare ad un mondo sbagliato e di essere schiavi di logiche di potere che, a lungo andare, diventeranno un vero e proprio boomerang, si ritorceranno, prima di tutto, contro di loro ed il loro progetto politico fatto di niente che non sa prendere in debita considerazione le risorse da cui partire. Monti nella sua agenda dedica un breve capitolo all’Italia della bellezza, dell’arte e del turismo; nel suo precedente decreto, meglio conosciuto come cresci Italia da cui partì poi tutta la sua azione di governo dei tecnici, in 188 pagine non c’era alcun cenno alla cultura e le azioni che ne seguirono sono state altrettanto prive di fatti concreti per la cultura ed i beni culturali del Paese, un ricco patrimonio di cui non si può fare a meno, per segnare positivamente il futuro d’Italia, cambiando concretamente le sorti degli italiani, facendoli, prima di tutto, sognare. Ma, oltre all’indifferenza di Monti, ultimo arrivato, prima come tecnico delle malmesse ed incancrenite cose italiane ed oggi nella veste di politico, c’è da denunciare anche l’indifferenza del Partito Democratico, il cui progetto politico contiene l’inopportuna assenza della cultura e dei beni culturali italiani. Sono assenti come risorse da utilizzare per il futuro dell’Italia; nei 10 capitoli del programma ci sono indicati genericamente termini quali libertà, sapere, sviluppo sostenibile, lavoro, uguaglianza, ma di beni culturali niente; proprio niente. Siamo di fronte ad un vuoto silenzioso ed assordante che fa male al Paese e colpisce come un pugno allo stomaco, l’attenzione di chi in testa e nel cuore ha come priorità assoluta, come priorità delle priorità il futuro umano e sociale del nostro Paese, un futuro ormai compromesso da chi si rifiuta di avere la necessaria lungimiranza per guardare con intelligenza ed impegno alle cose del futuro e quindi all’umanità dei nostri figli, verso cui c’è, purtroppo, tanta inumana indifferenza e tracotanza di un potere ottusamente chiuso in se stesso.

Altrettanto miope distrazione c’è in Berlusconi e nella sua parte politica che non sanno considerare se non marginalmente la cultura ed i beni culturali per cambiare l’Italia e costruire insieme un diverso futuro.

Non parliamo poi di tutte le altre aggregazioni politiche inserite in giochi di alleanze e di poteri finalizzati solo a garantirsi i privilegi di sempre.

Anche nel progetto politico di Casini, un campione della rappresentanza del politico a vita, la cultura è assolutamente assente. Altrettanto assente è nel partito della Destra di Storace, nella Lega Nord e nel decalogo “Io ci sto” della nuova formazione di Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia.

Anche il Movimento 5 Stelle non ha tanta simpatia per la cultura ed i beni culturali del nostro Paese; i grillini propongono di tutto e di più, ma non hanno alcun interesse ed attenzione per la cultura ed i beni culturali italiani. Due sono sorprendentemente le voci fuori dal coro; sono quelle di Nichi Vendola e di Giorgia Meloni; nel programma di Sel e di Fratelli d’Italia, considerando il deserto fin qui attraversato, con grande sorpresa, c’è spazio per la cultura ed i beni culturali italiani che finalmente vengono individuati ed indicati come beni-risorse, per uscire dalla crisi. Pensano e pensano bene ad un governo del Paese, un governo assolutamente nuovo in cui lo Stato sappia concretamente investire puntando sull’intelligenza, la creatività ed i giovani e sulle risorse primarie di cui dispone il paese, ossia la cultura ed i beni culturali.

Finalmente nel buio assoluto di tanti falsi protagonisti di futuro, incontriamo la speranza di una flebile luce, nelle mani di qualcuno che pensa al futuro dell’Italia, pensando alla cultura ed al petrolio italiano che sono i beni culturali del Paese.

Gian Antonio Stella conclude con la sua carrellata di politica del nulla ammalata di sepolcri imbiancati, osservando con rammarico che, i politici italiani, si manifestano per quello che realmente sono. Conclude dicendo. Peccato! Se la cultura non entra nel dibattito politico neppure in campagna elettorale ….Caro Gian Antonio Stella, condivido la tua analisi e la tua amara conclusione. Peccato! È veramente un peccato mortale il fatto che il politichese non ami la cultura e tanto meno i beni culturali. È una conseguenza maledettamente naturale propria del politichese italiano e di chi, faccia tosta, lo persegue fino in fondo per i propri interessi, per i propri privilegi, ai quali nessuno, proprio nessuno sa dire di no. Peccato davvero! Ancora nel 2013 il popolo italiano non riesce a capire che è un popolo senza futuro. Un popolo a cui si rifiuta tutto; prima di tutto la cultura, ossia gli strumenti necessari alla crescita e con questa, i tanti beni culturali di cui è ricca l’Italia e che tutti insieme ed a vario titolo, rappresentano una grande risorsa; rappresentano quel petrolio d’Italia il cui utile impiego ci può portare a condizioni possibili anzi certe di crescita e quindi di sviluppo. Tutto questo non succede per sola colpa della politica e per il protagonismo egoistico di una classe dirigente chiusa in se stessa, fortemente frastornata e capace di pensare solo a se stessa. Che fare? Percorrendo il cammino della pace gandhianamente inteso è necessario pensare positivo e liberarsi di chi ci opprime. Per questo appuntamento con la storia c’è la nuova liberazione; c’è la primavera italiana del 24 e 25 febbraio 2013. Meditate gente! Mediate!