Il valore paradigmatico dei soprannomi a Sarno

Claudio Di Mella
Un mio amico, già collaboratore della Scuola di domani, il prof. Alberto Mirabella, ha pubblicato un libro intitolato: “Il valore paradigmatico dei soprannomi a Sarno”. Il libro è scritto bene, non ci sono improvvisazioni, tutto quello che c’è è ben documentato. Mi dicono che ne sta pubblicando un secondo, che deve valere non solo per Sarno, ma anche per tutto il Mezzogiorno. Io, che sono appassionato di queste cose, l’ho preso subito fra le mani ed ho cominciato a leggerlo, sperando di imparare cose che non so. Alcuni soprannomi, presenti anche nel mio paese (Morcone, Benevento) ed in altri comuni del Mezzogiorno, sono a me ben noti. Qualche esempio: abbonato = troppo buono e perfino fesso; ammulare = arrotare (vedi D’Ascoli e Altamura); babbasono = personaggio grosso e fesso; babbo = indica un credulone, una persona che crede a tutto. Babbo probabilmente deriva da Babbeo, che è un personaggio della commedia latina; barrista = barista; bizoca = in origine si trattava di uomini e donne appartenenti al terzo ordine francescano, che conducevano vita devota in povertà, per protestare contro il lusso dell’alto clero, mentre oggi comunemente per bizoca si intende una donna che pratica la chiesa più per abitudine che per fede. Per taluni le bizoche sono le comari dei preti. Broro = a Sarno, in tempi passati, per le strade del paese girava un certo Ciccio o’ broro, per dare comunicazioni alla popolazione da parte delle Autorità. In realtà, ho scelto alcuni dei soprannomi più diffusi e facilmente comprensibili, ma il mio amico Mirabella ne ha studiato l’etimologia, la derivazione ed i significati plurimi, cioè ha fatto uno studio scientifico degno di lui, che da anni collabora anche ad una cattedra universitaria. Ne propongo qualche altro: pandosca = “termine offensivo per designare una donna di strada, di poco buono”; pascalone = un Pasquale fisicamente grosso. Notissimo dalle nostre parti è Pasquale Simonetti, detto Pascolone e’ Nola, esponente della malavita, ucciso il 16/07/1955. La moglie, altrettanto nota di lui in quegli ambienti, si chiamava Pupetta Maresca. Patana = patata, donna di bassa statura (Altamura, 1968). In realtà, in salernitano ha anche un altro significato, che non è riguardoso nei confronti delle donne. Pecorariello = al plurale i pecorarielli erano banditi–pastori che per professione, rapinavano i viaggiatori. Deriva da “pecoraro”, di cui è un diminutivo vezzeggiativo, che vuol dire pastore. Perecono = perecone, pedecone, fittone, bastone; peretaro = petomane; carcioffole = carciofo; castellana = moglie di un castellano, signora di un castello; centrella = specie di chiodino che i calzolai usavano per rigirare le scarpe. Si tratta di chiodi a testa quadrata che rendevano le scarpe di lunga durata, perché si consumavano soltanto questi chiodi e non la scarpa; chiazzera = donna che inciucia, calunnia e spettegola su tutti. La parola deriva da “chiazza”, cioè piazza. Molte altre parole potrebbero essere riportate e spiegate, sia perché simpatiche sia perché diffuse in tutto il Mezzogiorno. Nel mio paese per lo meno il cinquanta per cento dei termini usati da Mirabella sono presenti.