Saggio di Leonardo Selvaggi sulla poesia di Francesco Terrone

Questo saggio critico di Leonardo Selvaggi puntualizza la tematica essenziale contenuta nella poesia di Francesco Terrone, poeta campano che ha raggiunto fama internazionale; porta questo sottotitolo: “I sentimenti che si glorificano nelle sue liriche hanno il volto degli dei. Amate l’amore e sarete ricordati per sempre”. Il libro contiene anche una nutrita quantità di poesie che già sono apparse in altre sillogi del vate di San Severino (Salerno). Presentata come Prefazione ai testi poetici, l’esegesi ermeneutica di Selvaggi contiene in sintesi le seguenti componenti poetiche: Il sentimento d’amore pervade il suo essere e apporta vigore alla solitudine. L’amore è l’idealità che brilla all’infinito. La versificazione è esile, ma tocca il fondo del cuore: i versi si dispiegano in moto ascensionale, alati, come la musica; essi sono scritti in trasparenza di cristallo, fluenti e incisivi, leggeri, paiono portati dal vento diffondendosi dappertutto. L’ansia della libertà va a pari passo con la difesa dei principi etici della vita e la solidarietà verso gli umili e i poveri, il valore dell’amicizia, l’amore del prossimo e della famiglia. La devozione per le sofferenze di Cristo sulla Croce s’inserisce nel suo sentimento religioso anche in vista del suo recente volume sulla Via Crucis (“Meditazioni sulla Passione di Gesù Cristo”). La poetica onirica di Terrone sostiene che i sogni siano la prima sostanza dei suoi pensieri e conducono alle essenzialità che fanno vivere l’assoluto in una dimensione metafisica ed escatologica. La simbologia del vento che porta speranza e libertà si rinviene nel componimento “Mille e mille capriole”: “Figlio del mare,/ dell’aria e del sole”, il vento porta in ogni dove i nostri pensieri così come dà forza al fuoco e ne diffonde il calore. Il vento regge le ali dei gabbiani sulla battigia marina e porta i sogni all’ultimo orizzonte dove l’azzurro del cielo bacia le onde del mare. “Mi piace pensare/ che nel vento ci siano le anime/ dei defunti che ancora/ giocano/ con le nuvole, le stelle/ e la vita”. Nel suo fervore sociale, la poesia di Terrone spande armonia di luce sui costumi del nostro tempo. Il poeta condanna moralmente i vizi della nostra società spronando gli uomini alla virtù e compiangendo le condizioni deplorevoli del mondo contemporaneo con un sospiro di speranza in un futuro migliore. Fonte primaria della sua ispirazione è la Natura che conforta e vivifica in un amplesso serafico che rientra nell’ideologia religiosa di San Francesco d’Assisi e Jacopone da Todi. Qui potrebbe rientrare la sua sensibilità per le miserie umane. Per il nostro poeta, ingegnere ed imprenditore, non c’è contrasto tra scienza e poesia, tra sogno e realtà, tra tecnologia ed umanesimo, tra filosofia e teologia. Il poeta (poeta nascitur) proviene da ogni ramo dello scibile. L’amore è la fonte della poesie e distrugge le solitudini: in esso hanno un connubio esplicito la razionalità e il senso di libertà, la religiosità e l’etica morale, la solidarietà sociale e il valore della dignità umana. La duplice personalità del poeta, ingegnere ed umanista, unisce nella sua tematica, scienza ed aspetti etici, misticismo e realismo, metepsicosi ed escatologia. Limitandosi ad analizzare solo due raccolte poetiche di Francesco Terrone (“Vibrazioni”, “L’Alfabeto dei sentimenti”), Leonardo Selvaggi ha colto in pieno la grande dimensione di questa poesia che va dall’umano al divino, dalla realtà al sogno, dai problemi psicologici a quelli sociologici e pedagogici al fine di raggiungere le alte vette della religiosità e della spiritualità. “La poesia di Francesco Terrone – egli afferma – vive negli spazi tersi mediterranei, ha una magica delicatezza, ha del pittorico, tutta la Natura si ritrova in essa”. E definisce il nostro poeta un romantico, un razionalista, un impressionista. La poesia come intuizione crociana ha un tono evocativo e decanta l’amore come “sintesi dei sentimenti … Il sentimento di amore è vita, è progresso, senso di religiosità, abbatte tutte le discrepanze che esistono tra le classi sociali”. Addentrandoci nella lettura dei componimenti che fanno seguito alla Prefazione, ci imbattiamo in “Dove sei”?, che è una vera preghiera, una vera ricerca della divinità la cui entità il poeta indaga a piedi nudi per giustificare, in qualche modo, i malanni che esistono nella nostra società: povertà, miseria, guerra, ingiustizie sociali, discriminazioni, mancanza di libertà, malattie, morte … In questo alone religioso e psicologico rientra anche il componimento “Granellino di sabbia”: “Vorrei essere un granellino di sabbia/ libero di accarezzare tutti e tutto,/ libero di entrare e uscire dalle case”, per comprendere il dolore del popolo e il destino dell’umanità. La ricerca di Dio e della propria identità ontologica lo conduce ad evocare le sue origini, la sua infanzia, la sua giovinezza ne “Il Pianto di Pulcinella” e nella poesia dedicata alla città di “Napoli”, due poesie da noi già discusse e commentate in un’altra sede assieme a quella dedicata a “L’Italia”, che dimostra tutto il suo patriottismo alla maniera di Petrarca e Leopardi. Ma ciò che ci ha colpiti maggiormente è la poesia “Il volto di mio padre” in cui il tentativo del ricordo del genitore scomparso non si esaurisce nella memoria del suo affetto filiale, ma si unisce alla mancata esaltazione che si sarebbe dovuta verificare nel giorno della sua laurea in ingegneria: “Il volto di mio padre,/ quel lontano giorno di marzo, era fiero,/ appagato dal traguardo di una vita …/la mia laurea”. In questa ricerca delle sue radici esistenziali, Terrone non può fare a meno di sottolineare i sacrifici del padre, il ricordo delle sue mani ruvide indurite dal duro lavoro quotidiano: “Padre,/ tu hai forgiato la mia carne, assistimi nella vita/ e fammi aggiungere sempre/ più colori/ al mio mondo, al nostro mondo/ al mondo di tutti”.  Per il momento la nostra lettura termina con una poesia religiosa nella quale il poeta si pone un interrogativo di alto livello metafisico: Chi è Dio? “E’ il Padre buono/ che viene nel sonno/ a  rassicurarsi/ che il figlio/ respiri/ ed a rimboccargli / le coperte/ per non farlo raffreddare”. Delicate immagini che dimostrino grande sensibilità spirituale e riescono a superare l’ermetismo di Ungaretti, Montale e Quasimodo per avvicinarsi alla poetica di Saba e Rebora, e perfino alla poesia crepuscolare di Guido Gozzano. Avvicinamenti un po’ azzardati che riteniamo sostenibili da molti punti di vista sia per la semantica linguistica sia per la simbologia metaforica ed ecclesiastica.

Orazio Tanelli

Verona, New Jersey, USA