Il Sud Sudan punta sulla rivoluzione rosa, l’Italia è ancora ferma alle quote rosa

Francesca Carrano

Nonostante il titolo provocatorio, non c’è qui nessuna volontà di confronto tra i due Stati, non sarebbe opportuno né obiettivo. Si vuole solo richiamare l’attenzione sull’entusiasmo femminile per la conquista di diritti, da noi dati per scontati, che ha portato ad una mobilitazione femminile nel Sud Sudan che da noi sembra quasi assente. E’ proprio così? Nel luglio 2011 il Sud Sudan con Juba capitale, ha conquistato l’indipendenza dal nord dopo anni di guerre civili, costituendo il più giovane stato indipendente della comunità internazionale nonché il 54esimo stato africano. Il Sudan ottenne l’indipendenza dal Regno Unito nel 1955 e da allora, nella capitale Khartoum, si sono succeduti governi militari a orientamento islamico. La shariia, la legge islamica, è sempre stata applicata con rigidità esasperando i rapporti col Sud Sudan la cui popolazione è, invece, cristiana e animista. Il vero motivo della perpetua guerra civile sudanese è, però, da ricercarsi nella presenza di giacimenti di petrolio concentrata nel Sud, ma sfruttata dal Nord ovviamente riluttante a perderne il controllo con la secessione. Il referendum del 9 luglio 2011 ha concluso il lungo percorso secessionista iniziato nel 1956 con la prima guerra civile, protrattasi fino al 1972 e continuato con un secondo conflitto dal 1983 al 2005. In base all’accordo di pace globale del 2006, le elezioni politiche si sarebbero dovute svolgere entro il luglio 2009. L’appuntamento elettorale è, però, slittato di dieci mesi e quando, nell’aprile del 2010, i sudanesi si sono recati alle urne, hanno eletto sia il presidente del Sudan del Nord sia quello del Sud Sudan così come i deputati del parlamento nazionale di Khartoum e quelli del parlamento di Juba. Omar Hassan El Bashir è stato riconfermato al governo di Khartoum ottenendo il 68% dei suffragi mentre nel Sud Sudan  è stato rieletto presidente Salva Kiir Mayardit, leader degli ex ribelli dell’Esercito di Liberazione Popolare del Sudan (SPLM). Il 9 luglio 2011, dopo un periodo di prova, è stata proclamata l’indipendenza del Sud Sudan, riconosciuta dal governo di Khartoum. Al voto si è recato il 98% degli aventi diritto, la maggioranza dei quali donne. La rappresentanza femminile al Parlamento di Juba ha superato il 30%. Si, proprio il 30% nel paese col più alto tasso di vittime di parto e in cui solo il 20/25% della popolazione ha accesso ai servizi sanitari di base, dove l’analfabetismo, la povertà e la mortalità infantile sono piaghe ancora lontane dall’essere estirpate. E pensare che in Italia si è considerato un grande traguardo l’aver superato il 20% di presenze femminili in Parlamento con l’ultima legislatura, la XVI. Solo entusiasmo iniziale quello delle sud sudanesi o piena consapevolezza di dover conquistare un posto al sole? Nel luglio di quest’anno, sempre una donna, ed è la prima volta, è stata eletta presidente della commissione dell’Unione africana. Nkosazana Dlamini-Zuma, ministro sudafricano degli interni, è alla guida dell’Organismo che riunisce tutti gli Stati africani ad eccezione del Marocco. Dall’Africa sembra partire una, seppur flebile, rivoluzione rosa, in Italia ancora si parla di quote rosa e doppie preferenze … meditiamo donne, meditiamo!