Sant’Anna di Stazzema: la giustizia negata

Maddalena Robustelli

Più passano i giorni più diventa incomprensibile l’assoluzione predisposta dalla Procura di Stoccarda per gli otto ex gerarchi tedeschi sospettati di aver preso parte al massacro di 560 civili a Sant’Anna di Stazzema il 12 agosto1944. Gli imputati, tutti appartenenti alla 16° comparto corazzato Reichfuehress, sono stati assolti “per insufficienza di prove”, in quanto non  sussistevano “prove documentali comprovanti la loro responsabilità individuale”. A questa motivazione se ne è aggiunta un’altra, per la quale i giudici tedeschi hanno ritenuto che “l’obiettivo perseguito fosse la lotta ai partigiani presenti nella zona e la cattura degli uomini per la deportazione”. Il Procuratore Militare di Roma, De Paolis, è rimasto alquanto costernato alla notizia della assoluzione proveniente dalla Germania, perché i dieci ufficiali tedeschi, di cui otto ancora in vita, erano stati condannati all’ergastolo in contumacia dopo ben tre gradi di giudizio, ossia una sentenza di 1° grado nel 2005 ad opera della Procura Militare di La Spezia, confermata nel successivo appello del 2006 e ratificata dalla Cassazione nel 2007. Suddetta condanna partiva da criteri di valutazione completamente differenti da quelli utilizzati dalla Procura di Stoccarda, perché le condanne all’ergastolo erano basate   su prove documentali e testimoniali, rese ancora più gravi dalle confessioni di alcuni imputati rei confessi, e perché il principio alla base della sentenza di ergastolo era che la strage di Sant’Anna di Stazzema fosse da configurare come un vero e proprio atto terroristico e non un’azione di rappresaglia. A suffragare la tesi dei magistrati italiani al riguardo può addursi l’esplicita confessione di Ludwing Goring, classe 1923, che in quell’estate del 1944 aveva solo 21 anni, al quale la mattina del 12 agosto fu ordinato di sparare su 25 donne sedute in cerchio presso un albero: “durò pochissimo, tre uomini cosparsero di benzina i cadaveri e, quando vi appiccarono il fuoco, da quell’ammasso di corpi scappò vivo un bambino che si allontanò di corsa; non riesco a liberarmi dal ricordo di quei corpi bruciati, sento ancora l’odore, vedo ancora i loro volti, sento ancora le loro grida, tutte le notti, tutti i giorni”. Il Ministro della Giustizia del Baden -Wuerttemberg, Stickelberger, nell’immediatezza della sentenza di assoluzione, si è detto rammaricato per i familiari delle vittime di Sant’Anna di Stazzema, ma ha ribadito che la procura tedesca ha rispettato il diritto e la legge. Tesi, indubbiamente, opinabile alla luce delle diverse pronunce di condanna formulate dai giudici italiani, come è fuor di ogni dubbio che la Germania intera avvalori in questa vicenda di non essere ancora capace di fare i conti con la sua storia. Difatti, sia in tema di pronunce penali che civili, relative all’entità dei risarcimenti da pagare ai congiunti delle vittime delle stragi nazifasciste, tale Paese ha sempre dimostrato di non aver in sé lo spirito giusto per guardare al passato con occhi critici e, soprattutto, imparziali. Già nell’ottobre del 2004 l’allora Ministro degli Interni, Schily, interpellato dal sindaco di Sant’Anna di Stazzema per chiedere a Berlino di concorrere ad un progetto per costruire nel comune di Lucchesia un Parco della Pace, a fronte della richiesta di un milione e mezzo di euro ne offrì solo ventimila. In pratica un contributo pari a poco più dell’1% della spesa, come se ogni vita di quelle 560 vittime della ferocia nazifascista valesse all’incirca 333 euro. La sentenza attuale di Stoccarda va, quindi, in quella stessa direzione, perché minimizza l’entità degli atti efferati compiuti dalle truppe tedesche in ritirata, facendoli ritenere atti giustificabili da una logica di guerra.

Solo che a tutti i tedeschi, che guardano alla loro storia in tal modo, consiglierei la lettura del libro di F. Giustolisi, L’Armadio della vergogna, in cui furono occultati per ben 50 anni i documenti delle forze dell’ordine italiane comprovanti le stragi nazifasciste. Tale armadio è rimasto per tutti quegli anni nascosto in una stanza della Procura generale militare, con le ante chiuse a chiave e rivolte verso il muro. Il suo ritrovamento, avvenuto nel 1994, si deve all’autore del libro, che, alla ricerca della verità sulle carneficine di quel periodo storico  e della conseguente giustizia, scoprì all’apertura delle ante di quell’armadio le prove di “un orribile misfatto compiuto ai danni del popolo italiano”, ossia l’occultamento delle responsabilità collettive ed individuali delle stragi nazifasciste. Grazie ad uno di quei  fascicoli ritrovati, il n.1, è stato condannato Priebke, l’autore dell’ eccidio delle Fosse Ardeatine, ed in virtù di un altro dossier sono stati condannati in Italia all’ergastolo in contumacia gli autori della strage di Sant’Anna di Stazzema, ora assolti in Germania “per insufficienza di prove”.Ai magistrati tedeschi e a quanti di quel Paese ancora dimostrano di non aver elaborato la tragedia del nazismo vorrei far leggere un brano, tratto dal fascicolo ritrovato nell’Armadio della vergogna, relativo alla strage del 12 agosto 1944, ed intitolato “Evelina”.“Alle tre di notte fu sicura che il suo terzo figlio stava per nascere. Il marito era fuori da qualche ora per badare alle bestie. Allora Evelina Berretti Pieri pregò la vicina di chiamarle la levatrice. Ma fu più veloce la colonna del capitano Anton Galler. Prima di arruolarsi nelle SS costui faceva il fornaio. Ma cambiò mestiere: fu lui a far da ostetrico. O uno dei suoi uomini. L’ex rabbino di Roma Elio Toaff, sfollato da quelle parti, corse a vedere cosa era successo a Sant’Anna. Sulla piazza della Chiesa c’era un cumulo di cadaveri (poi, solo lì, ne conteranno 132) bruciati. Nella penombra della sera intravide una donna seduta su una sedia. Era Evelina. L’avevano sventrata. Il feto di quel piccolo essere mai nato, ancora legato alla madre dal cordone ombelicale, era in terra. Come tocco finale gli avevano sparato in testa. Il marito di Evelina era stato trucidato con i suoi fratelli qualche metro più in là”.

 

 

 

            

3 pensieri su “Sant’Anna di Stazzema: la giustizia negata

  1. A Maddalena Robustelli. Concordo e sottoscrivo parola per parola. E sottoscriverebbe anche lo storico Carlo Gentile che si occupa da oltre dieci anni dell’eccidio di Sant’Anna di Stazzema. Intervistato da Alessandro Alviani, su “La Stampa” di sabato 13/10, lo storico, che lavora all’università di Colonia, precisa che “Sulla base dei miei studi sui perpetratori delle stragi in Italia, in particolare su quelli della divisione responsabile della strage di Sant’Anna di Stazzema, posso dire che la storia di queste unità mi induce a pensare che l’uccisione delle donne e dei bambinifosse prevista fin dall’inizio”. Perché? “Non è l’unica strage che esse compiono, il fatto stesso che in Italia le azioni condotte dalla divisione ‘Reichsfuhrer SS’ siano in pratica stragidella popolazione civile mi fa pensare che fosse una strategia seguita da questa divisione. Visto come si è comportata – a Sant’Anna, a Bardino, a Valla, a Vinco, a Bergiola Foscalina, a Marzabotto – non credo si possa sostenere che si fosse trattato di una situazione sfuggita di mano a soldati che in realtà volevano solo catturare delle persone o dare la caccia ai partigiani”. Che è la tesi della procura di Stoccarda. “A mio avviso l’idea che questi soldati siano andati a Sant’Anna di Stazzema convinti di fare una normale operazione contro i partigiani o di arrestare qualcuno non è sostenibile. Quegli uomini sapevano che, nella situazione in cui si sarebbero trovati, avrebbero potuto uccidere donne, vecchi e bambini, perché ciò faceva parte del loro bagaglio ideologico…”. La giustificazione della sentenza di archiviazione, come è noto, si basa sulla distinzione tra responsabilità storica e responsabilità giuridica individuale…A quanto pare, la storia si ripete, e non solo in Germania…
    Con stima,
    Fulvio Sguerso

  2. Ringraziandola per l’attestato di stima, vorrei rimarcare quanto grande sia la mia indignazione per la recente sentenza di Stoccarda, a tal punto riprorevole che mi sarei aspettata un richiamo formale del Presidente della Repubblica all’ambasciatore tedesco in Italia. Sì, certo Napolitano ha espresso il suo rammarico per “l’archiviazione sconcertante” dei procedimenti giudiziari contro i soggetti accusati di partecipazione alla strage di Sant’Anna di Stazzema, ma, a mio parere, sarebbe stato opportuno andare al di là di un mero comunicato stampa. Posso comprendere che i tedeschi non abbiano ancora fatto i conti con la loro storia recente e di rimando non abbiano rispettato le esigenze di giustizia conseguenti alla ricerca ed all’individuazione delle responsabilità individuali e collettive per tale efferato eccidio, ciò nonostante è inconfutabile che la pronuncia giurisdizionale tedesca di archiviazione per gli ex gerarchi nazisti ancora in vita fa carta straccia dell’omologo lavoro dei magistrati italiani, che per ben tre gradi di giudizio hanno sentenziato la pena detentiva dell’ ergastolo in contumacia.

  3. Nel sottoscrivere anche la sua risposta le segnalo il blog BERLINER ENSAMBLE del giornalista Stefano Vastano, e il suo articolo “Sant’Anna di Stazzema: Italia-Germania, e le memorie”.
    Con rinnovata stima,
    Fulvio Sguerso

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