La “Juta a Montevergine” a Ospedaletto d’Alpinolo

Anna Maria Noia

Magia urbana e tradizioni arcaiche, apotropaiche, “caserecce” ma anticamente (e autenticamente) “universali”; un viaggio tra note, musiche, colori, odori e sapori dei retaggi di “mamma Schiavona”, la Madonna di Montevergine: tutto questo e anche di più, ha costituito per noi che scriviamo l’esperienza della cosiddetta “Juta a Montevergine”, in atto nel paese irpino di Ospedaletto d’Alpinolo dall’8 al 12 settembre u.s. Non a caso, la direzione artistica della kermesse è stata affidata a Eugenio Bennato, esperto di etnomusicologia e di ricerca melodica correlata a camorra, pizzica e taranta – generi musicali che sembrano simili ma che ad un orecchio “educato” e agli intenditori mostrano peculiari differenze – perché tra gli scorci caratteristici di questo borgo ammodo e a misura d’uomo, fresco e accogliente si potevano ascoltare tante diverse band di ritmi meridionali, passeggiando per vicoli e spiazzali che hanno offerto una degna location (cornice naturale) all’iniziativa. Un modo degno – dunque – di festeggiare la Madonna nera, un’icona bizantina molto venerata e non solo nell’Avellinese tenendo anche presente che il colorito della Madre di Dio (Teotokos) è bruno come la pelle – olivastra – dei Palestinesi e degli Ebrei. Il culto della “Madonna nera”, come quella di Chestokowa, è particolarmente sentito dalle partorienti e dalle donne ma anche dai cosiddetti “femminielli”, gli “effeminati” che – con molto colore e partecipazione – si recano presso la struttura fondata da S. Guglielmo da Vercelli, anche se a febbraio e non a settembre.Tornando a noi, ci siamo recati in“pellegrinaggio antropologico e socioculturale” l’8 settembre ad Ospedaletto, e abbiamo curiosato tra le viuzze della cittadina, pulita e linda, assaporando tipicità friulane – per un gemellaggio tra le due regioni – e venendo “corteggiate” da musicisti e commercianti, grazie alle loro… “lusinghe” come di sirene. Tanti gli eventi e gli happening da noi vissuti in questo 8 settembre, anche se il programma delle manifestazioni è stato lungo e articolato, sempre però interiorizzando le tradizioni più peculiari, dall’8 al 12 del nono mese dell’anno: tutto il paese ha partecipato – ciascun abitante o negoziante a suo modo – alla “festa” che ha coinvolto la popolazione in giochi, attrattive, attività ludiche e gastronomiche ma particolarmente ritmico-melodiche, almeno per quanto riguarda l’otto settembre. Nella fattispecie di sabato 8, abbiamo potuto rallegrarci dalle ore 17, allorquando v’è stata l’apertura delle botteghe artigianali locali – tra cui quella del ferro, del ricamo e quelle (numerosissime) di artigianato ceramico ed etnico – e lo stand di alimenti friulani (da assaggiare il “frico”!) con prodotti del Nord-est. Alle 18, dopo aver passeggiato a zonzo per l’area di Ospedaletto (così chiamato perché “ospitava”, appunto, le persone e non per la presenza di un piccolo ospedale), un convegno sull’anno mariano ha fatto da prolusione e ha introdotto le paranze, ciascuna in una piazza, che dopo aver provato si sono esibite scanzonatamente. Il momento clou, però, quello – per intenderci – che ha attirato più visitatori almeno lo scorso anno, è stato sicuramente (ma non lo abbiamo vissuto) quello relativo alla sfilata dei carrettoni addobbati a festa, provenienti sia dai paesi vesuviani che da altre zone: un tipico istante demologico veramente saliente! Dopo aver visitato anche la chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, con un affresco di Andrea Ricciardi (artista anche delle zone del Salernitano), riconoscibile dai colori, dallo stile ma anche dalla “firma” dell’autore – rilevata tramite zoom fotografico – abbiamo potuto notare l’incontro tra l’abate benedettino di Montevergine e le autorità di Ospedaletto nonché la benedizione, sempre da parte dell’abate, della gigantografia della Madonna di Montevergine srotolata dal campanile della struttura da due alpinisti-scalatori. Al grido di “Viva Maria”, è scoppiato uno scrosciante applauso da parte dei numerosi astanti. Tante persone, anche se sicuramente lo scorso anno erano molte di più – anche a detta di chi ha visitato la cittadina nel 2011. Appuntamento alle prossime edizioni de “A juta a Montevergine”, quindi, per capire se le antiche consuetudini etniche stanno scomparendo o no!