Cambiare per non morire

Giuseppe Lembo

Il nostro Paese è in grave difficoltà non solo e tanto di tipo economico/finanziario, ma di credibilità e di capacità di impegno nel saper guardare al futuro. Il nostro è un Paese gravemente ammalato di politica; per questo è incapace di trovare le soluzioni giuste ai tanti problemi. Il nostro è un Paese, sempre meno liberista che si fa male con le proprie mani, per l’incapacità diffusamente condivisa nella non soluzione dei problemi che si trascinano nel tempo, incancrenendosi. Un intelligente contributo di idee e di soluzioni possibili ai tanti mali d’Italia ci viene da Piero Ostellino (Corriere della sera sabato 11 agosto 2012). Nel suo editoriale di apertura della prima pagina dal titolo “Le risorse da liberare. I veri ostacoli alla crescita”, Ostellino si pone la stessa domanda dei tanti economisti, ossia “dove trovare le risorse per rilanciare lo sviluppo?” Certamente non è attuale né funzionale e tantomeno ottimale pensare, come percorso possibile, quello compreso nella definizione che ci viene dall’economia dell’antica “scolastica economica”. La gestione delle risorse, come anacronisticamente accade, oggi basata su scelte condivise, in una endemica condizione di scarsità delle risorse stesse, aveva un senso ai tempi di Adam Smith, ossia nel Settecento preindustriale, agli albori del commercio internazionale, ma non certamente oggi i cui confini economici sono di tipo globale. Scegliere questa via ormai del tutta superata non giova ad una positiva soluzione dei problemi che, così facendo inevitabilmente si aggravano con conseguenze mortali per la società del futuro. Dice Ostellino e ne condivido pienamente il pensiero, che pensare come ha fatto il nostro Governo di individuare e di reperire risorse attraverso la leva fiscale e vendendo il patrimonio immobiliare pubblico, altro non produce che una invasiva presenza dell’interventismo politico, con un crescente decisionismo burocratico ed amministrativo sull’Economia. Danno al danno. Il nostro Paese che naviga sempre più in acque agitate, non si potrà assolutamente salvare dal default, nella sua grave situazione di recessione e di depressione in cui si trova; altro risultato non si ottiene se non quello di una disumana ed insostenibile pressione fiscale (la più alta del mondo) che non giova a nessuno; né ai cittadini massacrati da prelievi insostenibili, né al sistema Paese che non libera risorse necessarie a promuovere politiche serie, credibili e convincenti che hanno come obiettivo finale lo sviluppo. L’Italia è in una grave depressione; la ricetta del Governo Monti intesa a togliere soldi dalle tasche della gente (sempre più spesso si tratta di soldi che la gente non ha), non porta da nessuna parte; non risolve il problema della crescita e quindi dello sviluppo; fa soltanto crescere la depressione e con le vendite depaupera definitivamente lo Stato, precludendo così ogni possibile futuro sviluppo socio-economico che, per concretizzarsi necessita di un’economia dinamica ed in movimento capace di andare necessariamente in modo dinamico oltre le attuali condizioni di scarsità delle risorse, condizioni che deprimono e non producono, come sta succedendo oggi da noi, sviluppo e quindi crescita socio-economica. Un economista illuminato come Mario Monti, emerito professore bocconiano, queste cose dovrebbe saperle e di conseguenza, per non deprimere più oltre l’economia e la società del nostro Paese, dovrebbe adottare politiche economiche nuove attivando l’infallibile leva dello sviluppo non basato su di un’economia attenta all’utilizzo di sole risorse, il frutto di prelievi forzati ai soliti tartassati, ma capace di attivare i meccanismi di utilizzo delle risorse presenti sul mercato da parte della società civile. Per fare questo bisogna essere credibili e convincenti; bisogna godere della fiducia della società civile, fiducia che, purtroppo, nel nostro Paese, oggi non c’è, perché non c’è quella credibilità istituzionale che lega il cittadino a chi lo governa. Il cittadino deve potersi fidare di chi lo governa, preparando, tra l’altro, il futuro dei propri figli, con interventi dalle prospettive di lungo respiro, saggiamente pensati non come emergenze del presente ma come progetto di vita futura di lungo termine, per quelli che verranno. Oggi il nostro è un Paese bloccato; non sa muoversi per vivere bene come insieme sociale; non sa attivare politiche di sviluppo e produrre ricchezza.  Perché tutte queste negatività? Per un eccesso sconsiderato di poteri pubblici con una burocrazia invasiva e mortalmente dannosa per l’economia, sul cui corso agisce il mondo della politica che, per garantirsi il potere, forte delle solite facce di sempre, agisce non pensando al bene comune, ma faziosamente al proprio interesse di parte, per il quale, come da esperienze consolidate, è più che mai necessario mettere il cittadino nella condizione di subordinazione da sorvegliato speciale, ridotto a suddito servile ed accondiscendente del sistema. Alleata della politica matrigna assolutamente padrona e dominatrice delle scene è la burocrazia che esercitando un forte ed assorbente potere autoreferenziale, legittima e giustifica il proprio ruolo, attivando meccanismi consolidati di vicendevole sostegno con il mondo della politica-potere di cui è diretta emanazione. lo spread si mangia il futuro del nostro Paese, perché il nostro Paese è attualmente in una profonda crisi di credibilità. I mercati mondiali non hanno alcuna fiducia nella rinascita economica italiana; con questa convinzione – certezza sono ben lontani dall’investire nel nostro Paese a rischio fallimento. Per i mercati che dovrebbero aiutarci a creare sviluppo, l’Italia non ha alcuna speranza di crescere e di creare nuovi scenari di sviluppo; per tali catastrofiche condizioni, l’Italia non rappresenta per nessuno una reale opportunità di investimento. Investire oggi nel nostro Paese è un’operazione ad alto rischio per cui sconsigliata ed inopportuna per la buona e sana economia. Continuare a suicidarsi pensando di risalire la china attraverso la leva fiscale è assolutamente da veri pazzi; è una strada in salita, assolutamente inopportuna e sconsigliabile. Tanto è stato costruito nei dieci mesi del governo Monti che, affidandosi a provvedimenti dal lato del solo debito ha visto crescere lo spread, tra l’altro, sempre più altalenante e ballerino. Che fare per salvarci e salvare l’Italia dal fallimento? La soluzione al grave problema ce la dà intelligentemente Piero Ostellino che invita a praticare non la strada del rigore fine a se stesso, così come ai tempi di Adam Smith, ma un percorso certo e credibile basato sui presupposti di una cultura liberale, capace di liberare le risorse ancora abbondantemente presenti nel Paese. Se si continua ostinatamente a cercare la salvezza impossibile affidandosi ad una realtà intesa come “dover essere”, piuttosto che a quella del “come è”, il futuro del nostro Paese è inappellabilmente segnato; non ci salveremo, ma andremo al fallimento inevitabile, causato dall’ostinata volontà montiana di farsi e fare male perché prigionieri del proprio ritardo culturale e della propria sudditanza ai poteri forti dell’economia e della finanza che oggi dominano il mondo grazie alle alleanze massoniche che decidono delle sorti del mondo, del tutto indifferenti a quel che succede alla gente.  Il cammino dello sviluppo e della crescita nel nostro Paese è un cammino assolutamente possibile; per farlo proprio è necessaria ed urgente una metamorfosi culturale che si ponga come obiettivo centrale la crescita per il sociale, riducendo il più possibile le attuali forti disuguaglianze umane, sociali e territoriali, un regalo di Mario Monti agli italiani, ancora fortemente frastornati per la tegola che si è abbattuta sulle loro teste. L’Italia per pensare al suo futuro, deve necessariamente liberarsi al più presto dell’inadeguato governo tecnico di Mario Monti; tanto, affidandosi ad una metamorfosi culturale capace di cambiare i comportamenti della gente non più disponibile alla sudditanza di quel mondo politico, per niente animato dal senso di rispetto democratico; è così e solo così che si può pensare come possibile e raggiungibile, un mondo umanamente, socialmente ed economicamente nuovo anche per l’Italia, un grande Paese, oggi accartocciato su se stesso e narcotizzato da discorsi compiacenti che si sono fermati alla realtà del “dover essere”, del tutto indifferenti alla realtà del “come è”. Tutto questo lo ritroviamo alla base del declino dell’Italia, fortemente ammalata di un inopportuno gigantismo dello Stato e di una intermediazione politico-amministrativa, di cui Mario Monti ne è l’interprete ed il “saggio” (si fa per dire saggio) continuatore. Per salvarci e salvare l’Italia bisogna spezzare queste catene e liberarci del Monti pensiero che, continuando fino alla fine della scadenza della legislatura (primavera 2013), porterà il Paese al fallimento inevitabile, un guaio serio per i nostri figli e per tutti i tartassati di sempre.