L’occidente e la sua profonda crisi

Giuseppe Lembo

La crisi dell’Occidente è profonda e non facilmente risolvibile. Prima di tutto ha le sue radici nell’uomo che si era posto ed imposto come “uomo onnipotente”, come “uomo titanicamente invincibile”, rispetto al resto del mondo, che doveva avere e per sempre, un ruolo secondario, un ruolo assolutamente subalterno. Ma così non è stato; così non è. Purtroppo, si trattava di sola vanagloria di un Occidente, ombelico e padrone del mondo. L’Occidente vuole dominare la sua profonda crisi istituzionale, affidandosi alla tecnica; non gli basta più percorrere, come sempre, le vie del sapere ed affidarsi, secondo tradizione al “divino”, una condizione spirituale in forte, crescente crisi ed ormai sulla via del tramonto. La crisi dell’Occidente è profonda; è una crisi che gli viene dai mercati, ma non solo. È una crisi anche del suo pensiero filosofico; è una crisi dalle profonde radici nella cultura e nei valori. L’Occidente, è in crisi profonda, perché è in crisi la sua civiltà, da sempre animata dalla volontà di verità; da un senso profondo della vita dell’uomo, nel suo naturale corso basato sul nascere, sul morire e sul divenire. L’Occidente per la sua fede nella verità, è diverso dall’Oriente, dove prevale il mito, che non si incontra mai con il mondo della vita. Nell’Occidente oggi prevale il pensare come verità; conseguentemente abbiamo assistito al tramonto del divino; la sua messa in crisi è così diffusa da essere oggi, un fenomeno ormai assolutamente irreversibile. È solo nel futuro che si possono avere cambiamenti di pensiero al momento assolutamente imprevedibili. Il tramonto del divino e la ricerca della verità in tutto l’Occidente è qualcosa che fa parte dei corsi e ricorsi storici. La rivoluzione protestante, la politica di Machiavelli e la scienza con Galilei hanno rappresentato il bisogno di affrancamento dell’uomo alla ricerca della verità. Sulla via di tale ricerca l’Occidente ha sempre incontrato l’invadente verità divina, verso cui c’era una venerazione profonda. Oggi, attraverso il fenomeno diffuso della corruzione, si ha l’accettazione ed il rispetto di situazioni che escludono il senso del divino. Il divino è ormai al tramonto; non si ha più timore per quel soprannaturale divino a cui in tanti e per lungo tempo, hanno fervidamente creduto. Sono ormai tante le verità – non verità della vita destinate a soccombere. Quale sarà anche l’atto finale del discorso cristiano tendente a difendere i “valori indispensabili” della vita, a proposito della bioetica? Altro motivo di scontro è il rapporto del capitalismo con il divino, da cui viene una forte critica, soprattutto negli aspetti che riguardano la produzione della ricchezza; in nome del profitto, il capitalismo tende a sbarazzarsi di tutte le possibili limitazioni, comprese quelle che vengono dal divino, un vero ostacolo per avere campo libero, a poter agire liberamente. Anche per il pensiero filosofico, il divino è un ostacolo, per avere campo libero in cui liberamente pensare. Il pensiero filosofico degli ultimi due secoli ha dimostrato che l’esistenza del mondo come storia, come divenire, è assolutamente escludente del divino. Nietzsche, fortemente convinto che il pensiero filosofico escludeva il senso del divino, affermò la “morte di Dio”. Non esistendo Dio, l’agire dell’uomo non ha più limiti. La potenza della scienza – tecnica, non ha altro fine che se stessa; il suo potenziamento è nella sola filosofia. Senza la tradizione, l’uomo rischia di volare nel vuoto. Siamo in un tempo di passaggio, di transizione, di crisi. Tanto perché non abbiamo concretamente in mano il nuovo strumento rappresentato dalla tecnica emancipata e liberata di tutti i suoi limiti. È questo il nuovo Dio verso cui corre e velocemente, soprattutto l’uomo dell’Occidente; il processo di liberazione piena si può considerare interamente compiuto, quando, con forza la si tiene ben saldo in mano, la si gestisce e governa, nella consapevolezza che se ne può disporre senza limiti, né ripensamenti che determinerebbero inevitabili salti nel vuoto senza alcuna speranza di futuro.