Omofobia e bullismo in età adolescenziale

Giovanna Rezzoagli

Il tema dell’integrazione e del rispetto nei confronti degli omosessuali ciclicamente torna ad agitare la dialettica in svariati contesti, da quello politico a quello sociale, transitando persino attraverso quello sanitario. Poiché le parole sono come le pietre, che una volta lanciate non si possono riportare indietro, occorre molta prudenza e tanto tatto per affrontare la questione. Soprattutto alla luce dei più recenti dati che riguardano un fenomeno in costante aumento: il bullismo a sfondo omofobico in età adolescenziale. Il bullismo, fenomeno convenzionalmente associato all’età scolare, è l’equivalente dello stalking posto in essere dagli adulti. La differenza è che lo stalking è, finalmente anche in Italia, reato mentre invece il bullismo, pur essendo caratterizzato da condotte lesive della dignità e dell’integrità psico-fisica di chi ne è vittima, difficilmente assume connotazioni di reato minorile. L’adolescenza è tipicamente l’età più fragile, a livello psicologico, attraversata dall’essere umano nell’arco della propria esistenza. Non è raro che un adolescente abbia problematiche di identificazione sessuale, o che sviluppi timori circa la propria appartenenza di genere: spesso sono frutto di scarsa o nulla educazione sessuale e di diffusi stereotipi. Ciò non toglie che i giovani più fragili siano molto esposti e vulnerabili al bullismo connotato di omofobia. Omofobia che, al pari di tutte le altre forme di intolleranza e discriminazione, aumenta in maniera direttamente proporzionale alla crescita di sofferenza sociale. E’ sempre accaduto che nei periodi di crisi la società cerchi dei capri espiatori, probabilmente è una componente insita nelle dinamiche sociali, un modo per catalizzare l’insicurezza e la frustrazione. Ovviamente questo concetto non giustifica minimamente atteggiamenti incivili o violenti, casomai deve essere un ulteriore elemento da ponderare con cura nell’approcciarsi alle dinamiche sociali.  Nel 2004, lo studio condotto dal Massachusetts Department of Education sul comportamento a rischio dei giovani delle scuole superiori con età compresa tra i 14 e i 18 anni, ha rilevato che le minoranze sessuali giovanili costituite da studenti che si sono definiti omo/bisessuali o che hanno avuto contatti omosessuali hanno probabilità molto più elevate di non andare a scuola, rispetto agli studenti eterosessuali, a causa dei comportamenti violenti di cui sono vittime. Lo stesso studio ha evidenziato diversi tipi di problematiche associate con un orientamento omosessuale: sentimenti di insicurezza, isolamento dal gruppo dei pari, denigrazione e persecuzione per quelli di cui è noto o presunto l’orientamento sessuale, rifiuto da parte delle famiglie per chi si è dichiarato omosessuale, abuso di sostanze stupefacenti ed alcolismo. Per molti di questi fattori è nota l’associazione con disturbi mentali, quali ansia e depressione, distimie e disturbi dell’affettività (Dohrenwend, 2000; Kendler, Kessler, Walters, MacLean, Neale, Heath, Eaves, 1995;) e con comportamenti suicidari (Bagley, Tremblay, 1997; Herrell, Goldberg, True, Ramakrishnan, Lyons, Eisen, Tsuang, 1999; Hershberger, Pilkington, D’Augelli, 1997; Proctor, Groze, 1994). La scuola, è ancora un contesto omofono e l’omofobia risulta tra le prime cause di bullismo, ma anche tra quelle di suicidio tra gli adolescenti. Il bullismo omofobo è  tipicamente maschile   perché la realtà dell’omosessualità mina la costruzione dell’identità maschile nell’adolescente che è cresciuto in un ambiente che gli ha inculcato un modello di mascolinità rigido e fortemente stereotipato. Le vittime raramente denunciano e sono ad alto rischio di comportamenti autolesionistici e suicidari. Queste sono realtà di cui una società civile non può non tenere conto. Corretto sarebbe garantire il rispetto per tutti, rispetto che va chiesto con fermezza e sobrietà.  L’omosessualità non è una patologia afferente alla sfera della sanità mentale, nonostante vi siano psicologi e psichiatri che sostengono di poter “curare” tale “disfunzione” attraverso l’utilizzo della  terapia cognitivo-comportamentale, in aperto contrasto con i protocolli guida dell’O.M.S. Plagiare un soggetto fragile attraverso il contro-transfert è estremamente facile, ma soprattutto non è etico curare un soggetto che non è patologico. Concludo questo scritto con un paragrafo di un articolo tratto da Repubblica.it, che vale più di mille discorsi:  “Perché me lo hanno trattato così? Non aveva fatto niente di male, era un essere umano come tutti loro”. La signora Priscilla non riesce a darsi pace per la morte del figlio sedicenne, che martedì scorso si è tolto la vita gettandosi dalla finestra della sua abitazione, al quarto piano di un’abitazione di Torino. Piange spiegando che suo figlio M. non sopportava più di sentirsi emarginato e insultato dai compagni di scuola che continuavano a ripetergli “sei gay, ti piacciono i ragazzi”. (5 aprile 2007, Repubblica.it).

4 pensieri su “Omofobia e bullismo in età adolescenziale

  1. Era l’ora, Signora Councelor (mi vien dottoressa, ma mi ha scritto che non vuole!)che scrivesse lei un articolo degno di questo nome sull’omosessualità. Se non vado errato è il suo campo. Temevo, scusi il termine, che non avesse il coraggio di affrontare il tema su questo giornale. Proprio lei che le ha cantate così bene ai due politici delle sue parti. Non mi ha deluso. E’ giusto che si parli con moderazione di queste cose. Dimenticavo di dirle che il suo articolo mi piace molto per come è scritto.

  2. Gentile signora, temo che, di fatto, non tutti la pensino come lei, anche perché è diffusa l’idea che ciò che è reato viene camuffato per “ragazzata”. Mi chiedo, e non so darmi risposta, se siamo più civili noi o gli USA dove il termine reato si applica ben presto.
    Con stima
    Gianluigi

  3. Grazie per i vostri interventi, gentili commentatori. Il problema posto da Gianluigi è concreto, mi risulta che negli states la legge sia molto più severa con i minori che da noi, ed io lo reputo giusto poichè già a sei anni un bambino normodotato possiede la capacità di discernimento tra giusto e sbagliato. Molto importante è il ruolo educativo della famiglia, sempre più latitante in tal senso. L’omofobia, come tutte le forme discriminatorie, nasce dall’ignoranza e dalla paura. Si può intimamente condannare l’omosessualità, ma il rispetto, che poi è una forma basilare di educazione, va portato a tutti. Come counselor, gentile Marco, io tratto ogni forma di disagio esistenziale di natura non patologica, in questo senso l’omosessualità rientra nel “mio campo” di studi. Come tantissime altre manifestazioni dell’essere umano. Sempre però di natura non patologica.
    Cordialmente
    giovanna rezzoagli

  4. Dottoressa, non posso fare a meno di ricommentare questo suo mirabile articolo alla luce del suicidio del quindicenne dopo le derisioni per essere creduto gay. Dio solo sa quanto c’è bisogno di gente come lei che aiuta a capire come va il mondo. Se solo i genitori di quel povero ragazzo avessero potuto leggere il suo articolo, chi lo sa come sarebbe andata. Quanto ha ragione, dottoressa, quanta ne ha.

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