Non al denaro, non all’amore né al cielo

Salvatore Ganci

Il sottotitolo dell’album  riportava “liberamente tratto dall’Antologia di Spoon River di E. L. Masters”. Sono passati 41 anni dalla sua uscita, se non conto male, e, casualmente, riordinando la casa nel primo di maggio, mi ricapita in mano la copia in vinile di questo album che non posso ascoltare per mancanza di giradischi a 33 giri/minuto. Sì, lo spirito dell’Antologia di Spoon River è stato, nella sostanza colto, ma in alcuni pezzi Fabrizio de André va oltre e ci mette del suo: in qualche caso un messaggio meno da “epitaffio” e più da uomo vivo. Ripercorriamo un attimo i titoli e poniamo un raffronto tra gli epitaffi di Edgar Lee Masters e le liriche di De André.  La Collina”, il pezzo introduttivo riproduce quasi fedelmente l’analoga “The Hill” di Spoon River. C’è la storia  di Hermann morto in miniera  e di Bert e Tom entrambi con la vita segnata da una rissa, di Charley volato giù dall’impalcatura come succede ancora oggi, di Ella e Kate “morte entrambe per errore, una d’aborto, l’altra d’amore”, C’è una panoramica sulla vita che non è sogno, per terminare con il suonatore Jones “che fu sorpreso dai suoi novant’anni/ e con la vita avrebbe ancora giocato./ Lui che offrì la faccia al vento, /la gola al vino e mai un pensiero, /non al denaro, non all’amore né al cielo…” Il testo si scosta decisamente da quello di Masters offrendoci quel “…sembra di sentirlo/ cianciare ancora delle porcate/mangiate in strada nelle ore sbagliate,/ dire al mercante di liquore:/ “tu che lo vendi, cosa ti compri di migliore?”Senza l’ordine seguito nell’Antologia segue “Un Matto” con un sottotitolo profondamente inquietante “Dietro ogni scemo c’è un villaggio” pezzo amaro e duro ben diverso dall’omologo “The Fool on the Hill” di Paul Mc Cartney.  Un Giudice è altrettanto più duro e amaro dell’omologo personaggio (Selah, Lively) che è uno dei tanti “Giudici” di Spoon River, forse il giudice che meno degli altri contribuì all’uso della Legge nell’interesse dei potenti.. Ci stacchiamo decisamente dal testo originale in Un Blasfemo con il sottotitolo “dietro ogni blasfemo c’è un giardino incantato”. Non è tanto il dettaglio delle due guardie (in luogo di una) a differenziare  questo pezzo splendido dall’originale. L’uso dichiarato della musica di un tema popolare inglese medievale riempie di emozioni il lettore sottolineando il testo:“… Mi arrestarono un giorno per le donne ed il vino,/ non avevano leggi per punire un blasfemo,/ non mi uccise la morte ma due guardie bigotte, / mi cercarono l’anima a forza di botte/ Perché dissi che Dio imbrogliò il primo uomo,/ lo costrinse a viaggiare una vita da scemo,/ nel giardino incantato lo costrinse a sognare, / a ignorare che al mondo c’è il bene e c’è il male./ Quando vide che l’uomo allungava le dita / a rubargli il mistero di una mela proibita/ per paura che ormai non avesse padroni / lo fermò con la morte, inventò le stagioni. / E se furon due guardie a fermarmi la vita, / è proprio qui sulla terra la mela proibita, /  e non Dio, ma qualcuno che per noi l’ha inventato, / ci costringe a sognare in un giardino incantato…”Nel testo originale la storia è scarna e non fornisce più emozioni rispetto altri epitaffi ben più intensi. Anche Un malato di cuore si discosta non poco dal testo originale, rivisitato più intensamente con una percussione in sottofondo che segna il battito del cuore del personaggio che accelera quando esclama: “…col cuore oramai sulle labbra, ma che la baciai, per dio sì, lo ricordo / e il mio cuore le restò sulle labbra …”  Anche Un Medico, Un Chimico (il farmacista Trainor dell’Antologia), Un Ottico, abbandonano la corrispondenza con gli originari personaggi. Difficile, per chi conosce l’Antologia, affermare se il supporto musicale sia funzionale ai testi e/o se Fabrizio De André  ne abbia dato una chiave di lettura più intima e profonda. La “fedeltà” sostanziale al testo si ritrova nell’ultimo pezzo: Il suonatore Jones dove “Fiddler Jones” diventa nell’album di De André un suonatore di flauto, strumento pressoché presente in tutti i pezzi e particolarmente in quest’ultimo. Un vero inno alla libertà di chi non ha debiti o crediti con nulla e nessuno. Di chi, ancora,  sa suonare “per un compagno ubriaco. Di chi deve difendere la sua libertà con il filo spinato”.  La vera sintesi in un titolo bene indovinato:  “non al denaro, non all’amore, né al cielo”.“In un vortice di polvere / gli altri vedevan siccità,/a me ricordava / la gonna di Jenny / in un ballo di tanti anni fa./ Sentivo la mia terra / vibrare di suoni, era il mio cuore / e allora perché coltivarla ancora, / come pensarla migliore. Libertà l’ho vista dormire / nei campi coltivati / a cielo e denaro, /a cielo ed amore, protetta da un filo spinato. Libertà l’ho vista svegliarsi / ogni volta che ho suonato / per un fruscio di ragazze  a un ballo, / per un compagno ubriaco. E poi se la gente sa,/  e la gente lo sa che sai suonare, / suonare ti tocca per tutta la vita / e ti piace lasciarti ascoltare. Finii con i campi alle ortiche / finii con un flauto spezzato /  e un ridere rauco / e ricordi tanti /  e nemmeno un rimpianto.”Tutti e due, lo scrittore ed il musicista, si sono addentrati nella interiorità di chi l’ha avuta segnata indelebilmente da una vita che non è sogno,  ciascuno a suo modo, rasentando, se non raggiungendo, la perfezione del verso che da solo, illumina l’anima.

 

 

5 pensieri su “Non al denaro, non all’amore né al cielo

  1. Sono stata io a fare conoscere alle mie figlie questo album. Non ho la fortuna di averne una copia in vinile ma un banale CD trovato in un ipermercato e velocemente messo nel carrello. Avrebbe potuto soffermarsi su “Un Chimico”. E’ una canzone di superba bellezza. Sicuramente come la musica di “Un blasfemo”. Lo stile musicale di quegli anni è quasi fuori luogo oggi, ma l’album sa comunicare sempre qualcosa se una ragazza d’oggi ancora lo ascolta frammisto alle mille banalità del suo IPod.

  2. Ringrazio la Signora Corinna per il suo apprezzamento, tanto più che perviene su un articolo che non è di Fisica o di Storia della Fisica.Qui ero fuori dal mio campo… Se avessi approfondito “Un Chimico” avrei dovuto accennare a Benjamin Painter, a sua moglie, al figlio Reuben Painter … Probabilmente anche De André avrà avuto problemi di scelta, tanto è piena e ricca la vita di ognuno dei personaggi di Spoon River. Tutti rigorosamente peccatori contro la morale e quindi Umani.
    Con la mia stima, voglia gradire i più cordiali saluti.
    Salvatore Ganci

  3. FABRIZIO DE ANDRE’…
    aveva sentito sulla sua pelle le grida feroci di un mondo lontano..
    .
    poeti, filosofi, ricercatori…ma anche semplici pescatori con i “chiodi negli occhi” o contadini che giudicano con l’istintiva saggezza contadine della “sopravvivenza della specie”….molto meglio di molti “Uomini di Legge” spesso troppo stanchi e distratti…

    questi poeti e sognatori,.. “anticipatori di destini”, dicevo…spesso guardano piu’ lontano..ed a volte ci raccontano con l’apparente semplicità di un brano musicale quello che poi l’umanità normale dovrà subire,…convinta che le ferite e gli oltraggi alla propria esistenza siano un evento inevitabile…..un feroce editto del destino….

    se la ragione e l’intelligenza degli uomini avesse operato avulsa dal delirante bisogno del potere..tipico bisogno degli uomini stupidi e deboli….oggi avremmo un energia pulita che viene dalle stelle, risorse d’acqua per tutti ed un destino di libertà e giustizia che ci accarezzano come due compagne fedeli,.. e le stesse città della terra mostrerebbero un volto piu’ bello e sognante….
    ma gli stupidi e gli arroganti sono una moltitudine silenziosa pronti a difendere le proprie posizioni conquistate sovente con l’artificio e l’inganno,…una schiera di incapaci aggrappati ai propri vantaggi ma del tutto inadatti a guardare lontano, e che presi da un orgia di potere drogato ed arrogante, si dimenticano che poi anch’essi andranno a dormire sulla collina di Spoon River……

    grazie, Faber ed un abbraccio a Dori da queste righe, compagna forte e dolcissima del nostro Amico Genovese che si stringeva a damigiane di buon vino rosso nelle cantine fresche delle case costruite nelle campagne genovesi….
    Giancarlo Porcini …..Veneziano, e Genovese d’adozione

  4. Ringrazio per l’apprezzamento sullo scritto, anche se, ripeto, qui sono fuori dalla mia naturale area di expertise. Tuttavia questo non significa che votarsi alla Scienza sia una chiusura con i Lirici Greci e Latini o con complessi e cantanti in cui la musica è funzionale al verso. Un esempio tipico è Bob Dylan e in Italia Fabrizio De André. La persona “De André” l’ho indirettamente conosciuta quando nei primi anni ’60 avevo per vicina di casa proprio sua nonna paterna di cui ricordo ancora l’aggraziata inflessione piemontese. Una fan fanatica del nipote che iniziava con “Carlo Martello di ritorno dalla battaglia di Poitiers” e altri pezzi di carttere più commerciale. Ricordo la “svolta” con “La Città Vecchia” simile nella poetica e nei contenuti a “Città Vecchia” di Umberto Saba. Solo un articolo a distinguere due immagini di una realtà di vite umane costrette a scendere a toccare il fondo, dall’istinto di sopravvivenza.
    Al di sopra del giudizio dei benpensanti.

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