Dalla Spagna due esempi di grande anomia morale

Giovanna Rezzoagli

Il caso vuole che, a volte, le coincidenze si sommino e che in questo modo offrano lo spunto per formulare nuove riflessioni sulle umane vicissitudini. Veniamo ai fatti: sabato 24 marzo in un studio medico ci sono dei volantini su di un ripiano, insieme alle classiche riviste. Mio figlio ne porta uno a casa e questa mattina lo trovo sulla sua scrivania. Contiene quel genere di notizie che io, vigliaccamente, cerco di non leggere perché so perfettamente che poi mi torneranno alla mente per tanto tanto tempo. Questa volta non posso evitare di leggere e ciò che leggo fa molto male. “Vita: una zampa per la Spagna”, questo è il titolo del volantino. Le prime frasi sono pugni nello stomaco: “Non lasciare che mi ammazzino, lotta anche tu per la mia vita”. In sostanza, il volantino parla delle cosiddette perreras, ovvero i canili municipali spagnoli. La descrizione delle condizioni di vita dei cani e dei gatti che vi sono rinchiusi è davvero terribile, i modi in cui vengono soppressi dopo dieci giorni di permanenza farebbero invidia ai lager nazisti. Il riferimento non è affatto casuale, e non me ne vogliano i sostenitori del teorema secondo il quale vi sono tipi di male diverso: il male è male quando si schianta sui deboli, e nasce sempre dall’uomo, non a caso il più crudele tra gli animali con i propri simili e con le altre creature. Non riuscivo a credere a tanta efferatezza, sono arrivata persino a pensare che si trattasse di un tentativo di truffa per spillare soldi ai “cuore tenero” che si addolorano per gli animali (oltre che per gli uomini…) tipo la sottoscritta, invece no, è tutto vero. Per chi vuole approfondire questo è il sito web da visitare: http://www.unazampaperlaspagna.org  . Claudia Conte, la responsabile del progetto “Vita: una zampa per la Spagna”, merita almeno una chance di ascolto. Veniamo alla seconda notizia, scovata per caso oggi in rete proprio cercando riscontri alla notizia dei lager spagnoli per animali: la chiesa cattolica spagnola ha diffuso un video pubblicitario, sì, proprio pubblicitario, per incentivare le vocazioni. Anche in questo caso, non ci potevo credere, eppure il video esiste, ecco il link:  http://youtu.be/k1pY_IugQfY . In verità non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che nel video si sottolinea che diventare sacerdote significa avere un “posto fisso”. Si può pensare ciò che si vuole, ma il sacerdozio non si può considerare certo alla stregua di un semplice lavoro stipendiato. Sarò pure ingenua, ma la vocazione, quella che nel mio linguaggio di Counselor si chiama motivazione, non è un bene quantificabile e di certo non sarebbe positivo che fosse la crisi economica ad incentivarla. Per chi sceglie di dedicare la propria vita alla Chiesa, la vocazione dovrebbe essere autentica e non condizionata da contingenze materiali. Almeno, io credo debba essere così. Non mi è mai successo, ma se dovessi avere incontri di counseling con un religioso o con una persona che stia per intraprendere questa strada, e magari che viva un momento di incertezza o di dubbio, io lavorerei sulle spinte motivazionali alla base delle sue scelte, col fine di rendere il soggetto libero e consapevole dei propri “perché”. Credo che scegliere di consacrare la propria esistenza alla vita clericale o monastica sia molto impegnativo e totalizzante: non esiste, a mio avviso, un momento del proprio vissuto in cui permettersi di dire “pausa”. Ciò prevede sicuramente una forte determinazione ed anche un grande coraggio, ma anche tanta coerenza. Poco ma sicuro che non si può pensare di costruirsi un futuro di questo tipo partendo dalla base di “sistemarsi”. Ora, pur con tutti i limiti di comprensione del mio spagnolo, il messaggio del video sembra invece puntare su quest’argomentazione per “spingere” verso una vita religiosa. Conosco molto poco la cultura spagnola, ma, essendo un Paese membro dell’Unione Europea, credo debba ottemperare a precise disposizioni anche in merito alla tutela ed alla salvaguardia degli animali. L’esistenza delle perreras non è che il triste esempio dell’anomia morale che serpeggia ovunque, e di cui, forse, anche la materialità che traspare nello spot ideato dalla Chiesa spagnola è manifestazione.

6 pensieri su “Dalla Spagna due esempi di grande anomia morale

  1. I cani, cara amica dr Giovanna, come del resto tutti gli animali , senza nessuno escluso, meriterebbero maggiore rispetto ed amore da parte degli uomini. Lei giustamente è stata in grado di notare gravi ingiustizie su certi canili spagnoli, ciò è certamente cosa assai deplorevole, ma ciò non significa che in Italia non vi siano situazioni ancora peggiori di quella che Lei ha scoperto. Basta pensare a quanto sia triste osservare per le strade cani abbandonati da padroni scellerati che, dopo aver fatto divertire i propri figli, abbandonano le povere bestie su ogni ambiente stradale, mettendo a repentaglio la vita delle persone e degli animali medesimi. Questa , per me ,è una forma di grave reato ma che il colpevole viene rarissimamente infangato in pena severissima. ( La mia vita è cambiata nei peggiori dei modi per conseguenze dovute a cani randagi, anche se non ho mai imputato la colpa alle povere bestie, ma solo ai loro incivili e disonesti padroni che abbandonarono le bestie sul lastrico, che per fame o per autodifesa divenivano aggressivi. Vi sono poi sporcaccioni e menefreghisti che lasciano gli escrementi dei cani ovunque senza curarsi di raccoglierli, mettendo in seria difficoltà il pedone ed anche le attività commerciali o ambienti privati ecc. Quindi, non è solo questione di maltrattamenti nei canili autorizzati, ma è il comportamento di disamore verso chi è indifendibile. Per quanto riguarda il fattore religioso, sono altrettanto d’accordo con Lei quando afferma che ci vorrebbe più inclinazione in quello che si sceglie di fare. La vocazione, infatti , dovrebbe essere infallibile e senza scopi di guadagno, in particolar modo per chi sceglie di seguire le orme di Cristo Gesù e dei suoi Apostoli (vedi San Matteo) che hanno lasciato le loro comodità e ricchezze per servire il popolo e vivendo nella povertà, in modo da dare ai credenti il buon esempio. Cordialità

  2. Ha pienamente ragione, Amico caro, quando afferma che anche da noi la situazione degli animali sia molto difficile. Tuttavia ho avuto l’impressione che in Spagna la situazione descritta sia una vera e propria consuetudine. Dal Paese della corrida in effetti, cosa aspettarsi? Per quato riguarda lo spot pubblicitario, Lei ha espresso molto bene il suo pensiero. Sinceramente mi auguro che si riveli l’ennesima “bufala”, ma per ora ho trovato solo conferme.
    In ogni caso, che desolazione…
    Un abbraccio
    giovanna

  3. Anche i nostri canili non brillano di certo. L’uomo è il peggiore animale, specie se sul dolore ci specula. Se questa signora di una zampaperlaspagna ci dice in chiaro cosa sta investendo in solido sarò il primo a contribuire. Però ci deve dire in concreto cosa fa o intende fare. Molti volontari nei nostri canili non lasciano manifesti negli studi professionali. Le belle parole del precedente commentatore, si sa, lasciano il tempo che trovano. Il prete per mestiere? Sono tanto in crisi con le “vocazioni” che fanno leva sulla crisi economica. Davvero tragi-comico non trova?

  4. Signor Gianluigi, grazie per il commento. Anche io avevo dubi circa l’onestà del volantino, per questo ho fatto le ricerche del caso. Il tutto mi sembra attendibile, ma la mia opinione val poco. Difficilmente sono credulona, ma quando si tratta di deboli le mie difese vacillano. Per intenderci, avessi visto il volantino di qualche sensitivo mi sarei chiesta in quanti ci sarebbero cascati, ma su questo mi sono soffermata con tanto dolore. Mi conosco, ciò che ho letto è raccapricciante, non me lo toglierò più dalla mente ed è proprio per una comunicazione così cruda che subito ho diffidato, poi visitando il sito…
    Per quanto riguarda il video, di tragicomico non ci trovo nulla, trovo squallido voler mercificare o monetizzare ciò che presuppone un impegno a prescindere dal materiale. Sarebbe come se io mi mettessi a fare la sensitiva sfruttando le mie conoscenze di comunicazione: tranquillo che ci riuscirei in pieno, in fin dei conti son solo due trucchetti, ma diventerei una persona squallida. No grazie, preferisco essere un’onesta Counselor disoccupata che una manipolatrice di menti deboli.Spero ancora che qualcuno mi commenti dicendomi che devo studiare sul serio lo spagnolo perchè ho travisato il tutto, finora non è successo…
    Cordialmente.
    Giovanna Rezzoagli Ganci

  5. Gentile signora, da noi la cultura del “Counsellor” per dirla all’Inglese non è arrivata e dubito che arriverà. Abbiamo un esercito di psico-pedagogisti o sedicenti tali, di psicologi non provenienti da Medicina ma da corsi di laurea più o meno inutili. Ci si mettono pure i Counselors di cui il nostro Premier tecnico non si è preoccupato minimamente? Ma lo sa che i preti, in primis, aprono centri d’ascolto suadenti come questo?
    Il centro d’ascolto è l’espressione della comunità vicariale che si propone di offrire un servizio di accoglienza, di accompagnamento,di ascolto, di condivisione delle persone in difficoltà. Non è un ufficio di collocamento ma solo un luogo privilegiato dove il fratello incontra il fratello“.
    Per lei significa qualcosa? Per me è aria fritta. Si dice ciò che non è ma non ciò che è o ciò che fa. Io, personalmente, non vedo differenze di dignità professionale tra uno psicologo (non medico) e un counselor. Solo diversità d’approccio. L’Italia è in ritardo su tutto e la situazione economica attuale fa fare i conti anche con i dentisti. Eppure di ascolto serio, che poi significa aiuto concreto, ce ne sarebbe tanto bisogno.
    In bocca al lupo, signora (ma non sono il mitico “lupo” di DS).

  6. Signor Gianluigi, apprezzo molto ogni possibilità di dialogo, ma forse non è questo l’articolo giusto per parlare di counseling. Mi chiede se i centri di ascolto significano qualcosa, è difficile rispondere. Non necessariamente un centro di ascolto può essere di counseling. Per sua natura il counseling è aconfessionale, apartitico e assolutamente neutro. Esiste il pastoral counseling che non mi convince, ma ormai spuntano corsi di ogni tipo, non mi stupirebbe di trovare counselor cuochi. Il risultato è un minestrone in cui a rimetterci sono i pochi che hanno studiato tre anni e si trovano alla pari di chi ha studiato 24 ore. Non scherzo, è la realtà italiana priva di regolamentazione. Io non sono solita guardare in casa degli altri, ma cerco di tenere in ordine la mia, per cui le dico che io sono counselor in base ai criteri dettati dalla UE,visto che in Italia non ci sono criteri, chi detiene i centri di cui parla non so. Io, le aggiungo, che sono tra i pochi che in rete pubblica contenuti alla luce del sole, ovvero in un quotidiano e non su siti dedicati e, mi risulta, l’unica counselor ad aver pubblicato su rivista cartacea soggetta a referee. In questa giungla, io mi informerei circa le credenziali di chi si pone come counselor, gli imitatori sono tanti.
    Cordialmente.
    Giovanna Rezzpoagli Ganci

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