Il sito di “Nonciclopedia”? Un fenomeno sociologico

Giovanna Rezzoagli

 Sono trascorsi ormai due anni da quando ho avuto l’onore, se così si può dire, di duellare proprio dalle pagine di “DentroSalerno” con i più autorevoli amministratori del celebre sito “Nonciclopedia”. Lo scontro è stato, debbo ammetterlo, senza esclusione di colpi da parte di entrambi. Da un lato la sottoscritta che è andata a scavare nelle pagine più torbide di quel sito senza risparmiare critiche e dissenso, dall’altra gli amministratori che si credevano due volte più furbi commentando con false identità i miei scritti sicuramente scomodi. Persino l’onore di vedermi dedicare un dibattito sul forum dei nonciclopediani, debbo annoverare nel mio nutrito curriculum di rompiscatole. C’è di peggio nella vita, per cui cari “Admin”, prima di saltare a conclusioni affrettate e volermi di nuovo virtualmente  linciare, vi prego di leggere questo articolo sino in fondo. Nel 2010 ero relativamente neofita del web, e non avevo minimamente idea dell’esistenza del sito “Nonciclopedia” e posso garantire che vivevo benissimo lo stesso. Il caso volle che mio figlio abbia avuto la malaugurata idea di dedicare un articolo ai nonciclopediani e che abbia commesso un imperdonabile misprint nella stesura del medesimo. Apriti cielo, i sarcastici nonciclopediani hanno dato prova del loro senso dell’umorismo bersagliandolo pesantemente. Io, che sono sì una Counselor, ma che prima di tutto sono la mamma di Alessio Ganci, non ho affatto gradito e ho agito come meglio ho ritenuto per difendere mio figlio, con tanti saluti ai principii cardine della mia professione. In parole povere, ho giudicato i nonciclopediani, gli ho etichettati, li ho mentalmente polverizzati n volte. Poi, trascorso un ragionevole lasso di tempo, circa dodici mesi…, ho sfruttato questo episodio abbastanza triste per farlo diventare un punto di partenza per migliorarmi sia a livello professionale che umano. Così ho iniziato a studiare quello che può nascondersi dietro a tanti adolescenti e/o giovani (ed anche dietro ad adulti mai cresciuti) che avvertono la necessità di comunicare attraverso la dissacrazione e il sarcasmo spinto oltre ogni limite. Il sarcasmo altro non è se non una forma di umorismo estremizzata, aspra e amara. Cominciamo a definire l’umorismo da un punto di vista psicodinamico, ed ecco la prima sorpresa: udite udite, l’umorismo è un meccanismo di difesa. Per la precisione, l’umorismo viene classificato dallo psichiatra statunitense George Vaillant come “Meccanismo di difesa maturo”, nella celebre Tabella di Vaillant. I meccanismi di difesa maturi sono in tutto sei: oltre all’umorismo si trovano la repressione, l’ascetismo, l’altruismo, l’anticipazione e, infine, la sublimazione. Per Vaillant l’umorismo è un meccanismo di difesa in quanto consente, a chi lo pone in essere, di trovare elementi comici e/o ironici in situazioni difficili al fine di ridurre un senso di disagio e/o ridurre l’insorgere di affetti spiacevoli. Attenzione, amici nonciclopediani: utilizzare meccanismi di difesa maturi non significa essere psicologicamente maturi, ma psicodinamicamente oltre l’utilizzo di difese primitive, quelle che emotivamente utilizzano le scimmie antropomorfe. Della serie, nessuno è perfetto, se mi concedete questa lieve forma di sarcasmo. Torniamo alla necessità di comunicare. Comunicare è uno dei bisogno primari dell’essere umano, al pari del nutrirsi, del dissetarsi e del riposarsi. Senza comunicazione, si muore. Il sito “Nonciclopedia” ha palesemente finalità comunicative, ma io credo anche associative. Nata sul modello delle cosiddette “Wiki”, o forse è meglio definirla essa stessa una “Wiki”, “Nonciclopedia” è una parodia della famosa “Wikipedia”. Il fine di costruire un grande contenitore e di riempirlo con tutto lo scibile umano è un esempio altissimo di condivisione; che poi i risultati siano privi di qualsiasi utilità scientifica è un altro discorso. Su “Wikipedia” può scrivere chiunque, e questo è sociologicamente positivo, che possa farlo senza parametri scientificamente validabili è un male, ma solo per chi ancora vi si appoggia col presupposto di utilizzarla come fonte bibliografica virtuale. Per “Nonciclopedia” vale lo stesso discorso, con un handicap in più: il rischio che l’utente quadratico medio possa leggere e credere a ciò che legge. Vorrei poter aver più fiducia nelle doti intellettive dell’internauta comune, ma l’evidenza della crescente sociopatia culturale lascia intravvedere un futuro grigio in quanto a sviluppo di capacità critiche. L’utilizzo di “Wikipedia” quale sito trai più cliccati persino per quanto attiene a ricerche su terminologie e patologie mediche e psichiatriche è un dato che si può facilmente interpretare come un grave sintomo di depauperata apertura mentale. La nascita e la sopravvivenza di “Nonciclopedia” si può, a mio avviso, inquadrare perfettamente come esempio della cosiddetta “Teoria dell’azione sociale intenzionale”, secondo la quale ogni azione razionale viene posta in essere in rapporto ad uno scopo e ad un valore. I nonciclopediani rivendicano, anche se credo che fino ad oggi ne fossero inconsapevoli, il valore di potersi esprimere in libertà su tutto e tutti. Unica critica che mi permetto su questo punto è data dall’evidenza che a volte la libertà uccide: è un valore, certo, che va preservato con determinazione, ma anche amministrato. E a questo punto mi rivolgo a Ermanno, l’admin per eccellenza, che secondo me deve stare attento all’eccesso di libertà concesso ai suoi amministrati. Una madre deve certamente lasciare liberi i figli di crescere, ma non di infilare le dita in una presa elettrica, tanto per fare un esempio. Allo stesso modo non si dovrebbe permettere di offendere la dignità, per esempio, di una ragazza morta come invece è successo con la povera Eluana Englaro, cui “Nonciclopedia” dedica pagine che fanno male al sito stesso. Anche lo scopo comune di ricerca di condivisione bisogna riconoscere ai nonciclopediani, è un fatto. Io riconosco al sito il merito di avermi offerto uno spaccato sul mondo giovanile molto interessante dal punto di vista sociologico, nel contempo non posso esimermi dall’osservare che esso costituisce, nel contempo, un sintomo della crescente sociopatologica insicurezza, specie giovanile, che avverte il bisogno di scherzare su tutto per esorcizzare la paura di vivere.

3 pensieri su “Il sito di “Nonciclopedia”? Un fenomeno sociologico

  1. Cara Signora, la sua analisi è accurata e profonda. Invidio la sua capacità di non giudicare una manica di imbecilli.

  2. Gentile Signor Joseph, io ho giudicato, e pesantemente, chi scrive su Nonciclopedia. Posso assicurare che leggere certe cose sul proprio figlio e su se stessi non e’ piacevole, ed ho davvero sperato che il potere di Vasco Rossi riuscisse a far avere giustizia a quanti sono a tutti gli effetti vittime di quel sito. Credo tuttavia che non sia giusto fare di tutta un’erba un fascio e sia utile cercare l’incontro piuttosto che lo scontro. Una volta superato il dispiacere personale, ho riacquistato un certo distacco professionale e misono impegnata per capire. Non vi e’ comportamento umano che non sia comprensibile, persino il piú estremo. Comprensibile non e’ sinonimo di condivisibile. Sono sicura che anche tra i nonciclopediani vi siano persone molto intelligenti,convinte di operare con uno scopo. Io insisto sulla pericolosità dei contenuti in quanto chi vi accede non e’ detto che abbia gli strumenti culturali ed emotivi per comprenderli, nel loro fine tutto sommato ironico. Come tutti i contenuti estremisti anche alcuni contenuti estremizzanti presenti su nonciclopedia sono pericolosi. Gli estremismi si combattono con la cultura e con l’informazione anche relativa a come funziona la mente umana. Oggi guardo ai nonciclopediani come ad una vera e propria miniera di informazioni sociologiche, utile per avere un parametro del mondo sociale in cui viviamo tutti noi.
    Grazie per il gentile commento.
    Cordialmente
    Giovanna

  3. Quindi comprendere cosa sta alla base del loro comportamento significa che devono e possono continuare ad insultare chi vogliono?

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