Politica e nuove generazioni: binomio possibile?

Giovanna D’Antonio

I giovani italiani del nuovo millennio sembrano avere un rapporto conflittuale con la politica, soprattutto se li si confronta con i loro coetanei degli anni Cinquanta e Sessanta, impegnati attivamente nella ricostruzione sociale ed economica del loro paese, anche grazie all’aiuto degli stessi partiti. All’epoca parrocchie e sezioni rappresentavano per i giovani luoghi dove incontrarsi per discutere e formare le proprie idee. Tuttavia verso la fine degli anni Sessanta i partiti iniziano a perdere la loro influenza positiva sui giovani, i quali non smettono però di interessarsi alla politica e al sociale. Tale fervore politico raggiunge il culmine nel ’68, anno dello scoppio della contestazione studentesca, e negli anni successivi, con assemblee infuocate, manifestazioni e cortei. Negli anni Ottanta si assiste invece al cosiddetto riflusso, cioè all’allontanamento dalla politica e da tutto ciò che la riguarda da parte dei giovani che preferiscono concentrarsi sulla vita privata. Allo stesso tempo i partiti, sempre  più contraddistinti dalla lentezza dei tempi della politica, si distanziano dai giovani e dai loro interessi. Questa inversione di tendenza ha portato inevitabilmente a una crescita del numero degli astenuti alle elezioni, testimonianza chiara della sfiducia dei giovani e non solo verso le istituzioni. E così la politica è diventata per le giovani generazioni un’entità astratta, lontana dal proprio mondo, un’ qualcosa dunque che va guardato a debita distanza. I pochi giovani che possiedono delle convinzioni politiche non vengono incoraggiati in nessun modo a portare avanti le proprie idee né dalle istituzioni, né dai partiti, mentre la maggioranza di essi, privi di un ideale politico additano i politici stessi, con i loro scandali e le loro magagne, come i responsabili del loro disinteresse verso la res publica.  Dunque affinché i giovani tornino ad avvicinarsi alla politica è necessario un cambiamento da parte di quella grande fetta di rappresentanti della politica e delle istituzioni che sono loro stessi in primis a non credere più in quei valori per i quali sono entrati in politica. Molto spesso gli adulti si formano una concezione errata sui giovani, che vengono visti come incapaci di sviluppare un pensiero autonomo sulla politica e sulle questioni sociali; si tratta di una concezione errata in quanto la non partecipazione politica dei giovani non rappresenta automaticamente un segnale di inerzia sociale giovanile. Sono molti infatti i giovani che si impegnano nel sociale, sia nella forme dell’associazionismo volontario che in quelle della partecipazione a manifestazioni pubbliche. Si tratta dunque di un nuovo tipo di impegno che ha come caratteristiche fondamentali il non legame con le istituzioni e la stabilizzazione di obiettivi a breve termine. Questi giovani, definiti dal sociologo Ulrich Beck figli della libertà, in quanto nati e cresciuti in un ambiente che non ha più come obiettivo il raggiungimento e la soddisfazione dei bisogni primari, rivolgono la loro attenzione a tematiche come la pace, l’ambiente, i diritti degli uomini e degli animali, e la libertà di espressione. La preferenza verso l’associazionismo, il volontariato e l’impegno quotidiano è emblema della sfiducia dei giovani nei confronti dell’autorità istituzionale e del crescente interesse verso i rapporti privati. Le associazioni rappresentano dunque i nuovi luoghi di incontro e di confronto per i giovani, che rapportandosi con i loro coetanei e con persone che vivono una condizione diversa dalla loro, hanno modo di formare la propria identità. Negli ultimi decenni il numero di associazioni e di giovani associati è cresciuto notevolmente in Italia e si va consolidando su livelli sempre più elevati che avvicinano la realtà italiana a quella di altri paesi, vedi gli Stati Uniti, dove la forma associativa è radicata ormai da diverso tempo.           Le associazioni più apprezzate e più frequentate dai giovani sono quelle sportive, religiose, ricreative e studentesche mentre quelle che riscontrano una minore adesione sono proprio quelle politiche e sindacali. Ciononostante una delle funzioni fondamentali dell’associazionismo è la possibilità di fornire delle basi morali e ideali per l’agire individuale dei giovani che in questo modo vengono invogliati a partecipare attivamente alla vita pubblica e politica. Le statistiche dimostrano che chi possiede una vita associativa, di qualsiasi tipo essa sia, si contraddistingue per livelli di impegno pubblico maggiori di coloro che non ne fanno parte. Queste osservazioni hanno lo scopo di dimostrare come sia cambiato il rapporto dei giovani con la politica a partire dagli anni Ottanta, cioè da quando le nuove generazioni hanno iniziato a spostare la loro attenzione su nuove forme di partecipazione politica e su temi più circoscritti e di breve termine. La risposta attuale dei giovani all’indifferenza e all’apatia della classe politica nei loro confronti, consistente nel cambiamento della forma di impegno politico attraverso la pratica associativa, rappresenta dunque un tentativo di autonomia dallo Stato, soprattutto nell’investimento del capitale culturale e sociale.