Napoli: villania al Policlinico nei confronti di un dializzato sanseverinese

Anna Maria Noia

Non un vero e proprio caso di malasanità, bensì un atto di villania, di scostumatezza e di indelicatezza da parte di un arrogante e presuntuoso primario – di cui non pubblicheremo i connotati – è quello portato alla nostra attenzione da parte di una coppia di Mercato S. Severino. Il marito, Alfonso, soffre da tempo a causa dei reni, ed è da molti anni ricorso alla stancante ed invalidante prassi della dialisi, che non gli consente un’autonomia completa anzi gli causa inconvenienti di non poco conto. Ma andiamo con ordine: già Alfonso ha subito il 19 novembre 2008 un trapianto di rene a Salerno, dove – per la verità – il personale medico lo ha assistito degnamente e dove tutto è andato bene, sebbene due ore dopo abbia vissuto i sintomi di un rigetto acuto, per il quale i chirurghi sono dovuti intervenire tempestivamente; in seguito a tale operazione Alfonso, direttore artistico di una affermata compagnia teatrale amatoriale che gli permette di esprimere validamente la personalità, quello che ha dentro, era in lista di attesa sia al secondo policlinico di Napoli che presso una struttura a Parma. Era una sera, una uggiosa serata di novembre del 2009 (Rosaria, la moglie del paziente, avrebbe voluto rivelare prima queste cose ma il marito, che attualmente sta riprendendosi bene dal recente intervento a Parma, non ha mai voluto ciò): la coppia era sul divano di casa quando, improvvisamente, una chiamata da parte del personale del policlinico di Napoli ha illuso i due coniugi che per qualche attimo hanno intravisto un barlume di speranza, pensando che le condizioni di Alfonso – finalmente – sarebbero potute migliorare grazie a un’operazione chirurgica che avrebbe consentito al dializzato di potersi spostare e magari inseguire la “chimera” di un viaggio più lungo dei “soliti” week-end già “sperimentati”, al ritorno dai quali attendeva loro la dialisi. Racconta a questo punto Rosaria: “Ci siamo precipitati subito a Napoli, certi che finalmente qualcosa sarebbe potuto cambiare nella vita di mio marito.”“Siamo arrivati lì per tempo – dichiara Rosaria – ma il primario di quel reparto ancora non c’era.”“Non appena è arrivato – dice – si è mostrato subito e sgarbato, in contrasto con i tratti gentili e piacenti del suo volto, e in contrapposizione alla sua altezza fisica, non certamente morale.” Secondo la narrazione dei fatti, a detta della coppia, il giovane medico ha apostrofato bruscamente i due, chiedendo loro che cosa fossero venuti a fare all’ospedale. Additando la moglie di Alfonso, addirittura, il primario avrebbe domandato: “E lei, signora, vuole far fare il trapianto a suo marito?”Al che la donna ha risposto: “Sì, per poter vivere un’esistenza più serena, per viaggiare un po’ più a lungo senza l’oppressione della dialisi.”. “Ma lei vuole andarci da vedova, in ferie?” – avrebbe risposto il dottore. Sempre questo tizio, sono parole di Rosaria, avrebbe incalzato dicendo: “Purtroppo le possibilità che suo marito superi l’intervento sono appena il 20 per cento; inoltre suo marito potrebbe contrarre un embolo in sala operatoria, uscirne con una gamba amputata, ricevere danni cerebrali, morire e, anche se si rimettesse, per un tempo molto lungo dovrebbe uscire sempre accompagnato.” La signora è rimasta – giustamente – sbigottita e amareggiata. I due sono andati via delusi e senza replicare, impauriti circa la possibilità di effettuare o meno il trapianto. Finalmente, il 27 ottobre 2011, alle 23, si è aperto uno spiraglio a Parma. Narra ancora Rosaria: “Ci siamo messi immediatamente in viaggio per questa città, proprio mio marito ha guidato tutta la notte.” “Siamo giunti lì alle 6 – afferma la donna – alle 16 Alfonso è entrato in sala operatoria e finalmente ha subito il delicato intervento.” Morale: oggi – dopo tre mesi dall’operazione – tutto procede benissimo, grazie all’equipe di Parma; oltre che competenti – dice ancora la signora: “I medici di lì “Essi – riprende – aggiornano ora dopo ora la prognosi del paziente, emettono bollettini rassicurando sullo stato del malato senza che i familiari debbano umiliarsi ulteriormente a chiedere informazioni e spiegazioni.” A far arrabbiare la donna, maggiormente, lo stato di apprensione da lei vissuto in seguito alle parole, da lei stessa così definite, offensive e sarcastiche da pare del medico di Napoli.

Un pensiero su “Napoli: villania al Policlinico nei confronti di un dializzato sanseverinese

  1. Non ho motivo di dubitare su quanto affermato dalla signora Rosaria. Purtroppo i buoni e i cattivi sono dappertutto! Mi sorge un dubbio che vorrei esternare, non potrebbe essere che il medico avesse un suo protetto per il trapianto e le cose si fossero svolte contro la sua volontà?

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