Quando l’immagine incontra la parola: “The artist”.In concorso al Festival di Cannes 2011,vince il premio per la migliore interpretazione maschile

Dalla nostra corrispondente in Francia

Roberta Occidente Lupo

Siamo nel 1927 a Hollywood; il cinema sonoro è alle porte. Al culmine della sua carriera George Valentin, (Jean Dujardin) attore affermato di film muti, uomo sicuro di sé e del suo carisma, grazie al quale riesce sempre ad affascinare non solo il pubblico, viene di punto in bianco messo da parte, quando la casa cinematografica per cui lavora, la Kinegraph, decide di aprirsi alla modernità producendo esclusivamente sonori, e assumendo volti nuovi. L’ascesa della bella Peppy Miller (Berenice Bejo), la quale deve a George la sua fama dopo un incontro casuale, corrisponde al declino della carriera e della vita dell’attore,velocemente dimenticato. Il film racconta la storia dei loro destini incrociati;la fortuna di Peppy, il vano tentativo di George nel continuare a produrre pellicole autonomamente, la banca rotta, la depressione. Film nel film; geniale sin dall’inizio, il regista Michel Hazanavicius ci proietta in una sala cinematografica, colma di gente intenta a sorridere guardando un film di cui George è il protagonista. Dunque il pubblico moderno si trova per pochi istanti in un cinema degli anni venti, mimetizzandosi nel pubblico di allora, osservando la pellicola proiettata e ascoltando “dal vivo” l’orchestra che l’accompagna. Il regista, inoltre, ha saputo giocare sulla continua opposizione tra immagini-parole, muto-sonoro, in scene come quella del sogno, o meglio incubo, di George. Seppur chiarissimo, questo sogno non è raccontato semplicemente attraverso le immagini, – ricordiamo che il film è muto,quindi noi spettatori siamo accompagnati semplicemente da colonne sonore- ma proprio perché rappresenta la paura di George di essere sostituito da attori “parlanti”,viene reso attraverso rumori di oggetti, che si introducono furtivamente, senza scandalizzare il nostro orecchio, per poi acuirsi nelle grandi risa.  Il tutto reso rapidamente ma in modo alquanto efficace, e per essere coerenti con l’ambito onirico, anche con un nonsocchè di freudiano. Quella di George non è solo una fobia, diventa un’ossessione, resa attraverso inquadrature continue su bocche e denti.  Infine l’ultima scena si conclude con il parlato vero e proprio,di cameramen, sceneggiatori, truccatori, che afferma l’entrata definitiva dei nuovi film, i film di oggi, il suono! Didascalie, colonne sonore che si armonizzano perfettamente con le scene, ovviamente in bianco e nero, inquadrature suggestive fatte di intensi sguardi tra i due protagonisti, soprattutto l’espressività negli occhi di Berenice Bejo, rendono sublime la storia d’amore,intessuta nella trama,che altro non è che il frammento più importante della storia del cinema!