“Martiri, non eroi”

Michele Ingenito

Così li ha definiti Maria Giovanna Maglie nella diretta RAI di venerdì scorso nell’ambito della rassegna Scala incontra New York, riferendosi alle oltre 3.000 vittime dell’atto terroristico di Al Qaeda dieci anni fa alle “Torri Gemelle”.Il conduttore, Massimo Giletti, è sembrato avere un attimo di esitazione. Lì per lì la precisazione della giornalista lo ha preso in contropiede. L’’acuto’ verbale non polemico della Maglie ha avuto, ed ha, un senso notevole. Eroe è colui che si sacrifica volontariamente in nome di una causa, fino al supremo sacrificio della vita. Martire, invece, è colui che, spesso senza volerlo, resta ingiustamente coinvolto in un atto di arbitrio, di prepotenza, di violenza, dal quale viene proditoriamente colpito. Il martire, in realtà, può anche essere eroe. Quando, cioè, è consapevole che il sacrificio supremo che si accinge a compiere sarà quello finale della propria vita. Si pensi agli uomini-bomba del fondamentalismo arabo. Si uccidono per uccidere, perdendo la vita. La cosa più preziosa ed insostituibile a cui rinunciano per un ideale. Per quanto inaccettabile sia, agli occhi almeno di chi è lontano dalle loro tradizioni, cultura, civiltà. E’ pur vero, però, che la cosa non riguarda soltanto i fondamentalisti di moda dell’attuale e drammatica fase storica del  mondo. Lo stesso individuo, occidentale o meno, che per salvare un gruppo di bambini è costretto a sacrificare se stesso, è martire ed eroe insieme. Martire delle circostanze anche casuali di una sfortunata giornata, eroe per scelta nel nome di un atto conseguente di generosità e di amore. Ma il martire non è necessariamente un eroe. A meno che qualcuno non dimostri che le oltre 3.000 vittime di quel lugubre giorno dell’11 settembre 2001 abbiano deciso spontaneamente di morire, ritrovandosi per scelta nelle due torri, al posto ‘giusto’, al momento ‘giusto’!