“Orizzonti di Mezzanotte” di Ingenito 40° 19 agosto 2011, giorni-23

 Dal Capitolo 40: Telescopio- h. 24.00-Il piccolo terrazzo della casa di Lone di Amalfi era come l’alta tolda di un transatlantico proiettata a strapiombo sul mare. Da quel punto preciso, a circa duecento metri di altezza, a sera inoltrata, orientando a destra lo sguardo verso il basso, si dominava l’insenatura tra le spiagge di Duoglio e Santa Croce, fino all’estrema punta della ex-villa Ponti-Loren. Al centro in lontananza, invece, si estendeva il mare aperto, buio, senza un briciolo di riflesso lunare. A sinistra, infine, corrispondeva una cartolina naturale chiamata Amalfi. Solo intorno alle ventidue, la luna aveva fatto capolino, a destra in alto, spuntando da dietro la montagna, riverberandosi a picco sulle spiagge sottostanti per dare, così, un saggio della sua surreale bellezza. Poi, era svanita come per incanto, annerendo la volta celeste con un manto protettivo indistinto eppure omogeneo. Da lassù, lo spettacolo di quella sera, priva di luna, ma scintillante di luci sulla costa, restituiva la pace all’animo e rilanciava in chi ne fosse degno la gioia di vivere e di godere. Era una serata magnifica. Solo il mare una tavola buia e impenetrabile, che sollecitava l’occhio a curiosare, spiando l’invisibile, rincorrendo l’impossibile. Intorno alla mezzanotte, i familiari si alzarono da tavola. Mancava solo Gloria, la bella figliola ventenne, sgusciata comprensibilmente via in prima serata. Su quel terrazzo i padroni di casa avevano consumato la cena con un amico di famiglia. Pizze alla napoletana di gusti diversi, che Felice, il figlio, aveva portato dalla vicina Pogerola: una “regina Margherita”, una “napoletana”, una “ai quattro formaggi” e una “primavera”. Seguì un misto di ottimi secondi a base di verdure. Il tutto, innaffiato da una falanghina ben ghiacciata servita in un grosso vassoio di vetro ricolmo di uno squisito affettato di pesche, ravvivò la serata. Poi, mentre Elena, la mamma, sgombrato il tavolo con l’aiuto del marito Mario, salutava l’ospite della serata, il giovane si affrettò, come ogni sera, ad ammirare le stelle, questa volta invisibili ad occhio nudo, sparpagliate nell’universo. Felice lavorava in banca, in una città del nord. Ma la sua vera passione era sempre stata per i corpi celesti, sin da bambino. Il padre lo assecondò, comprandogli un potente telescopio grazie al quale, soprattutto durante i mesi estivi, trascorreva intere serate in quell’angolo speciale di mondo. Non gli consentiva, certo, di fotografare e filmare il cielo e le sue parti nel dettaglio di un miliardo di pixel né, tanto meno, per un’ampiezza di un grado per un grado. Ma era, comunque, uno strumento straordinario, costato un mucchio di soldi. Fungeva anche da potentissimo binocolo per la visione diurna e notturna. Da quel terrazzo avrebbe individuato una boa fino a Punta Licosa e oltre, con o senza luna. A mezzanotte circa, Felice si addentrò in una delle sue tante esplorazioni di quel magico mondo fatto di stelle e di galassie. Le ultime scoperte, secondo le quali, più che infinito, piatto e in costante espansione, l’universo potesse essere chiuso entro confini precisi e, quindi, a sua volta racchiuso all’interno di 12 pentagoni curvi uniti in una sfera, lo affascinavano, stimolando in lui la ricerca dell’autodidatta e l’amore per l’eterno mistero dell’origine dell’uomo. Non lontano da lui, distesi su due comode poltrone a sdraio, i genitori sorseggiavano una Coca-Cola ghiacciata. Anche il giovane aveva sete. Orientò per un attimo il telescopio verso il basso, senza distogliere lo sguardo. Stava per allontanarsi, quando qualcosa di strano in lontananza ne attirò l’attenzione. Una piccola gobba scura si stagliava di un metro o giù di lì sul livello del mare, vicino ad un grosso yacht. Non lo avrebbe mai notato ad occhio nudo, benché la distanza da lui non fosse eccessiva. Sobbalzò per la novità. Sembrò stupito. Rifletté un istante. Poi, si riprese. — Che strano! — osservò a voce alta. — Il sottomarino è in nritardo. Di solito, a quest’ora, è già rientrato nel porto con gli ultimi turisti della giornata. Che ne dici, pà? — Fammi vedere! — rispose il padre. Mario si alzò a fatica dalla poltrona dentro la quale amava sprofondare dopo cena, orientò il lungo telescopio e inquadrò la scena. — Hai ragione, cosa ci farà a quest’ora il sottomarino davanti a quello yacht? Chissà! — Starà sbarcando qualche turista direttamente a domicilio! — esclamò concreta la moglie. — Può darsi. — rispose poco convinto il marito. Erano già alcuni anni che, ogni estate, nei mesi di luglio e di agosto, l’assessorato regionale al turismo finanziava in buona parte le escursioni della fauna e della flora marina della costa tra Amalfi, Positano e l’Isola dei Galli, con piccoli sottomarini da scandaglio. L’obiettivo era quello di educare la gente al rispetto della natura e dell’ambiente e alla loro conoscenza e, allo stesso tempo, consentire ai turisti di esplorare le incontaminate bellezze marine di quell’ineguagliabile tratto di mare italiano. Le escursioni avvenivano sia di giorno sia di sera, in virtù del diverso fascino esercitato dalle immersioni. Il costo era alto, nonostante i contributi regionali. Ma la gente, specie gli stranieri, ne approfittava volentieri per una esperienza davvero unica ed esclusiva. — Non è improbabile — aggiunse Felice, — che possa trovarsi in avaria e che si sia accostato allo yacht per farsi trainare in rada. — O per fare sbarcare qualche turista superraccomandato, il ricco proprietario di quello yacht, a esempio, …! — soggiunse la madre con tono spiritoso. (…)