Don Stanzione e Margherita Hack da Vespa a Porta a Porta

Carlo Di Pietro

In questa settimana Porta a Porta avrà una puntata dedicata all’aldilà e Bruno Vespa ha voluto che partecipassero tra i vari vip anche don Marcello Stanzione, parroco di santa Maria La Nova a Campagna (SA) e la nota astrofisica Margherita Hack, presidente onoraria degli ateisti italiani.  Venne pubblicato, alcuni anni addietro, il ri­sultato di un’inchiesta condotta fra persone im­portanti con queste domande: Crede lei nel­l’aldilà? Come se lo immagina? Ecco alcune ri­sposte: «Non una domanda, è la domanda. Non posso dire né di credere né di non credere. Ma vorrei credere» (Roman Vlad). «Credo nell’aldilà, ma non riesco a imma­ginarmelo in alcun modo» (Gino Cervi). «Dopo una vita tribolata, ma anche indub­biamente felice, non posso pensare senza an­goscia che improvvisamente tutto finisca. Il problema è dire come è fatto il “dopo”. Ma per questo è meglio ascoltare il teologo. Come meteorologo, potrei pensare che dopo la mor­te ci troveremo proiettati oltre i dodicimila metri di altitudine, dove tutto è armonia. Vedremo i corpi celesti, sentiremo l’armonia del loro movimento e ne parteciperemo. Saremo, per così dire, gli astronauti dell’eternità» (E. Bernacca).«L’aldilà è la sola realtà a cui credo vera­mente. Corrisponde all’esigenza profonda del mio essere, sono persuaso che il mio essere tro­verà il suo completamento di esigenze d’amo­re, di fantasia, di autentici e veri rapporti con gli altri esseri proprio nell’aldilà» (Diego Fabbri). I pensatori saggi e i ricercatori onesti della verità non hanno disatteso questo problema; e furono attenti ai segni che possono portare luce sul mistero dell’aldilà. Di Giovanni Giolitti (1842-1928), statista italiano, più volte presidente del Consiglio dei Ministri negli anni felici dell’Italia agli inizi del secolo ventesimo, gli esponenti politici laici di allora tenevano a sottolineare la laicità. E un biografo, Giovanni Ansaldo, secondo la moda del tempo, sottovalutò il fatto che Giolitti avesse voluto ricevere i sacramenti prima di morire come una usanza qualsiasi o un gesto di debolezza conformistica: «L’idea di andarsene facendo spallucce al prete in nome del libero pensiero gli era sempre sembrata di poco buon gusto. Era d’opinione che, oltre a tutto, la presenza del sacerdote al letto del morente è una norma di convenienza sociale; e si regolò di conseguenza». Ma l’onorevole Giolitti, che si era sposato in chiesa, che aveva voluto il battesimo e la cre­sima per i figli, dichiarò con franchezza al parroco di Cavour, don Filippi, che lo visita­va e con il quale volle trattenersi a lungo: «Sono nato cattolico e intendo morire da cat­tolico».Quest’uomo, schivo e difficile alle confi­denze, cinque anni prima della sua scomparsa scriveva ad Alfredo Frassati (padre dell’uni­versitario Pier Giorgio, dichiarato Beato dalla Chiesa), in occasione della morte di un co­mune carissimo amico: « Io credo nella im­mortalità dell’anima e nella continuità dei rapporti dei defunti con i viventi».Domande spontanee. Se i nostri defunti vivono in un’altra vita, perché non si manifestano? perché non ven­gono da noi? Da sempre gli uomini hanno desiderato e cercato di entrare in comunicazione sensibile con i trapassati ed entità dell’altro mondo. Con gli abitatori del mondo invisibile pos­siamo avere rapporti mediante una forma di co­municazione straordinaria che si chiama «ap­parizione». L’apparizione di anime disincarnate, o vi­sione corporea, è una percezione sensibile di es­seri reali, per loro natura invisibili all’uomo. Nella Bibbia, Dio stesso appare (teofanie), e manda angeli che si mostrano in forma uma­na. Nel Vangelo, come si è accennato, Gesù ri­sorto appare più volte agli apostoli e ai disce­poli. In concreto, solo per divina disposizione avvengono queste manifestazioni. Di fronte ai molti racconti di apparizioni, spesso si rimane perplessi. Un contatto con l’altro mondo non entra nelle capacità per­cettive sensoriali della natura umana. Non sempre poi si riesce a distinguere l’ap­parizione dall’illusione (falsa percezione) e dall’allucinazione (percezione senza oggetto). Anche nelle persone normali ed equilibrate è difficile, talvolta, stabilire l’autenticità. Può verificarsi in esse una perturbazione dell’animo in un particolare settore, quello del sentimen­to religioso o della preghiera. Il fenomeno (non la realtà significata) non evade dal mec­canismo della psicologia comune ordinaria, e perciò può essere prodotto inconsciamente dall’individuo stesso. Neppure la santità della vita garantisce da errore e da influssi personali. Si possono tuttavia considerare come segni attendibili di autenticità: l’equilibrio psichico della persona veggente, il contenuto della vi­sione serio, utile, la condotta retta, un eser­cizio intenso e perseverante di umiltà, ob­bedienza, carità, docilità al magistero della Chiesa. Non è ammissibile diffidare sistema­ticamente di persone che presentano le quali­tà positive ora dette; né dimenticare che la Provvidenza divina può intervenire per evita­re errori e illusioni, per raggiungere i suoi fi­ni. Nelle visioni individuali una buona garan­zia si ha negli effetti reali, come pure nei mi­racoli che eventualmente le accompagnassero (per es. guarigioni inspiegabili dalla scienza). Dopo tutto sono bastevoli quei dati che val­gono a rendere fondata una fede umana. Buona regola: essere al tempo stesso cauti e aperti circa i fatti di asserite apparizioni. Non creduli e imprudenti; ma neppure pregiudi­zialmente increduli e irragionevolmente diffi­denti. I casi accertati di apparizioni di defunti, nel corso della storia, sono molti, così da potersi ritenere che «non poche apparizioni spontanee di defunti sono una prova ferma e scientifica della continuazione della vita dopo la morte» (A. Gatterer, citato da Klimsch-Grabinski in Vivono i morti?, Edizioni Paoline, 1955, ope­ra nella quale meritano particolare considera­zione, in materia di prove, le pp. 33-53). Lo studioso gesuita H. Thurston dichiara che non è possibile non ammettere l’evidenza di ciò che è stato definito comunemente appa­rizione post mortem (dopo morte). Nella sua opera più importante, Chiesa e Spiritismo (Vita e Pensiero, Milano 1938), scrive: «Sono portato a credere che esistono influenze e intelligenze esterne in grado di comunicare con noi». Le apparizioni non sono tuttavia che una modestissima parte della comunicazione del mondo invisibile. Il motivo principale e sufficiente per cui noi cristiani crediamo alla vita ultraterrena è la persona e l’opera di Gesù Cristo, come pure quello che insegna e compie la Chiesa visibile, che è Cristo mistico vivo e presente tra noi. Le manifestazioni straordinarie, o visioni sensibili nel nostro caso, non debbono far pen­sare che la vita dopo la morte sia una copia, più o meno diversa, della vita presente. Non sarà mai detto abbastanza che l’aldilà non può essere pensato o descritto in termini spazio-temporali. In quei fenomeni, le moda­lità sensoriali con cui avvengono hanno solo una funzione manifestativa, in vista di attuare la comunicazione con i viventi. Le apparizioni vere sono speciali grazie di Dio, a utilità spirituale dei fedeli. L’iniziativa parte da Dio. E che dire allora delle iniziative che partono dagli uomini per un contatto sen­sibile con l’aldilà? Al popolo eletto il Signore prescrisse: «Non si trovi in mezzo a te (…) chi esercita la divinazione o il sortilegio o l’augu­rio o la magia, né chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti o gli indovini, né interroghi i morti, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore» (Deuteronomio 18,10­14). L’idea dell’evocazione degli spiriti è com­pletamente distinta dal concetto di invocazio­ne. L’invocazione dei trapassati, che suppo­niamo salvi, dev’essere sempre umile e condi­zionata alla volontà di Dio. Invocare i defun­ti, esprimere loro i nostri desideri, è certa­mente cosa lecita. Con la parola evocazione s’intende qual­siasi metodo con cui «si cerca di provocare con tecniche umane una comunicazione sen­sibile con gli spiriti o le anime separate per ot­tenere notizie e diversi aiuti […]. In questo campo, i fedeli devono rimettersi a quello che Dio ha rivelato: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro” (Luca 16,29). Una curiosità ulteriore su cose dopo la morte è insana e per­ciò va repressa» (Commissione teologica in­ternazionale, Problemi attuali di escatologia, 16 novembre 1991, 7.2). «Oggi c’è una vera e propria mania per i de­funti», scriveva l’esperto monsignor Balducci, volendo esprimere la sua preoccupazione per l’abusivo ricorso a pratiche del genere. «Si tratta di esperienze che possono anche diven­tare pericolose, perché fondamentalmente il­lusorie» (S. Dianich, teologo).

 

 

 

Un pensiero su “Don Stanzione e Margherita Hack da Vespa a Porta a Porta

  1. Una astrofisica che pensa di avere risolto senza dati un problema metafisico e un “angelologo” che già per questo appellativo risulta uomo di fede e di poche opere. Che ne può venire fuori? Buona visione. Per quanto mi riguarda referisco persino Chuck Norris o Steven Seagall. O meglio … un buon libro che apra la mente sui problemi che possono avere dati sufficienti per avvicinarsi a qualche risposta.

I commenti sono chiusi.