Le alleanze impossibili

Angelo Cennamo

Ottenuta la fiducia dal parlamento, Berlusconi e i suoi ministri, nei prossimi mesi, dovranno dimostrare di avere numeri sufficienti per portare a compimento la legislatura, e con essa il programma di governo. I segnali distensivi provenienti dall’udc di Casini, unitamente alla formazione di un gruppo di “solidarietà nazionale”, che in questi giorni dovrebbe allargarsi intorno alle figure tanto discusse di Calearo, Razzi e Scilipoti, lasciano intravedere degli spiragli più ampi rispetto alla dotazione numerica conseguita dal Pdl e dalla Lega il 14 dicembre. Il tema delle elezioni anticipate, tuttavia, non si può dire affatto archiviato, nonostante il presidente della Repubblica e quello della camera spingano per la conservazione dello status quo. Dovesse arrivare quel giorno, l’unica certezza, al di là dei sondaggi incoraggianti per i partiti di maggioranza, sarebbe la vigenza dell’attuale legge elettorale, sfuggita ai possibili tentativi di riforma da parte delle forze di opposizione dopo il fallimento dell’auspicato ribaltone. Intanto, non si sa mai, i partiti danno inizio alle grandi manovre per non trovarsi impreparati alla sconsiderata evenienza. Il centro destra, affrancatosi dalla metastasi dei finiani, si troverebbe, forse per la prima volta, a poter gestire le proprie scelte programmatiche senza affanni, in coabitazione con la Lega. Al Pdl, nel frattempo, potrebbero aderire altri parlamentari delusi appartenenti all’area moderata di Fli, dell’Udc e, perchè no, a quella cattolica del Pd. In altri termini, Berlusconi e Bossi hanno già la squadra pronta per il precampionato. Non si può dire altrettanto per le forze di opposizione, le quali dovranno fare i conti con mille variabili. Sintetizziamone alcune partendo dal cosiddetto “terzo polo”. Fini, Casini, Rutelli, Lombardo, La Malfa e Guzzanti hanno da poco annunciato la fondazione di un nuovo soggetto politico che si chiamerà : ” polo della nazione”. Chi ne sentiva il bisogno? Casini no di sicuro. Il leader dell’Udc, infatti, ha davanti a sè due valide opzioni alternative. La prima : avvicinarsi al Pdl. I partiti di Berlusconi e di Casini fanno già parte della stessa famiglia politica dei popolari europei : non si comprende per quale motivo, allora, lo stesso gruppo parlamentare, in europa, debba sedersi tra i medesimi banchi, mentre in Italia, debba fronteggiarsi all’arma bianca. La seconda : lasciare che l’Udc si presenti alle future elezioni esclusivamente con il proprio simbolo, senza alcuna alleanza. In questo caso, Casini non vincerebbe le elezioni, ma si garantirebbe ancora una volta la leadership della sua “aziendina”, negoziando di volta in volta con la destra e con la sinistra le alleanze elettorali per le amministrative. Roba da prima Repubblica certo, ma a Pierferdy, nato e pasciuto in quel brodo di coltura, non dispiacerebbe più tanto. A chi allora conviene tenere in piedi il terzo polo? Ovviamente a Fini. Dopo la “bella figura” del 14 dicembre, il presidente della camera, solo per coltivare la speranza di sopravvivere politicamente alle prossime elezioni, non potrà staccarsi dalla giacca di Casini. I sondaggi, infatti, danno Fli tra il 4 e il 5% : troppo poco per sedersi al senato. Ma la precondizione dell’alleanza con l’Udc non è sufficiente. I potenziali elettori dei finiani vorranno sapere qualcosa di più. Che partito sarà quello della nuova destra? E, sopratutto, sarà ancora di destra? Come farà Fini a spiegare, ad esempio, una non impossibile alleanza del terzo polo con il Pd di Bersani? Il post-fasciocomunista che ne verrebbe fuori è da brividi! Non è meno comoda la posizione di Bersani. L’arrampicatore dei tetti si ritrova tra le mani un partito clinicamente morto, più facile da ricostruire che da resuscitare. Con chi si alleerà il suo Pd? Con il partito di Vendola, con il quale Bersani teme pure di confrontarsi alle primarie per non perdere la leadership della sinistra? Pd + Sel sarebbe, grosso modo, la riedizione del Pci di Berlinguer, ovvero : un disastro. Senza contare che l’unione tra Pd e vendoliani si tradurrebbe per Bersani nella definitiva rinuncia all’appoggioo non solo dei moderati del centro, ma anche di quelli interni allo stesso suo partito. I mal di pancia di Fioroni e dei cattolici di sinistra rischiano tra un pò  di trasformarsi in coliche renali. E allora la coperta è diventata troppo corta, e, ovunque la si tiri, la sinistra non ha di che rallegrarsi.