Perché si avverte il bisogno di scrivere?

Giuseppe Lembo

Quello dello scrivere è un bisogno fortemente interiore; non tanto per se stesso, ma per gli altri; soprattutto per tutti quei molti altri che vivono la loro vita, in modo silenzioso, senza voce, senza parola, da sudditi di un mondo dove è diffusa la cultura dell’onnipotenza, della vanagloria che, per farsi valere, ha necessariamente bisogno del silenzio degli ultimi, della non voce dei senzavoce; della non parola dei senza parola. È qui che si innesta, spesso anche in modo forte, il protagonismo dello scrittore, da vero interprete dei silenziosi mondi circostanti dove la vita, soprattutto oggi, più che reale è confusamente virtuale ed improntata alla ricerca del godimento per il possesso delle cose, per lo stomaco da riempire e per la ricerca di un dio successo che diabolicamente, oggi prende le coscienze dei più. In questo grande guazzabuglio che è la materialità del mondo di oggi, c’è una esigua presenza di uomini votati a rappresentare il silenzio degli altri, a diventare voce dei senzavoce. Si tratta di uomini non comuni; sono gli scrittori, l’anima di un’umanità senz’anima e voce, spesso anche sofferente dei senzavoce, di tanta gente che balbetta più che parlare, che monosillaba più che dialogare, che istericamente e confusamente grida per non farsi capire e per non capire gli altri e che bestemmia per manifestare il suo odio, il suo rancore verso il mondo, l’aspetto più inquietante del suo essere barbaramente disumano ed assolutamente estraneo ad un mondo civile, ad una società d’insieme, dove è bello vivere, pensando non solo al proprio bene, ma soprattutto al bene comune, al bene condiviso di uomini, impegnati a vivere da uomini, cancellando dentro, la proprio condizione di “belve umane”. Perché lo scrittore, avverte il bisogno di scrivere? Per mantenere acceso nel mondo quel senso di umanità morente, senza la quale è segnato il destino del mondo; non ci sarebbe neppure la possibilità di sopravvivere e di dare quella giusta continuità alla specie umana che deve rinnovare il miracolo della vita nel mondo, socializzando e socializzandosi, umanizzando ed umanizzandosi per un mondo nuovo. Lo scrittore scrive pensando positivo; scrive pensando ad un mondo nuovo; scrive per socializzare ed umanizzare quell’umanità sofferente ormai ad un bivio, pericoloso e senza ritorno, per cui si potrebbe assistere in modo irreversibile, ad una catastrofe finale, con la trasformazione della luce in tenebre, della vita in morte per l’umanità che non sa più ritrovare se stessa. Contro questo pericolo, c’è l’uomo che pensa a scrivere; c’è chi si sforza a far sentire la sua voce ed a dare voce ai senzavoce, per costruire insieme, un’umanità consapevole, solidale e capace, vivendo insieme agli altri, di ascoltarne le ragioni e di camminare insieme per un mondo di pace, basato sui valori dell’essere e sul solidale bene comune. Caro amico scrittore questo è il tuo ruolo tra la tua gente e nel mondo; tu vate di cultura dell’amore, devi impegnarti fino in fondo, nella non facile missione di umanità nuova che è dentro di te; con le tue parole, con la sensibilità del tuo intelligente linguaggio sono certo, guardandomi dentro, che ci riuscirai, ci riusciremo nella difficile impresa che ci appartiene e che ci permette di comunicare al mondo, scrivendo, scrivendo, scrivendo. I nostri pensieri, l’inchiostro della nostra penna, i nostri stessi saperi, sono il punto di partenza per tanti che devono imparare a camminare insieme a noi. E noi, così come ci compete, nel ruolo di scrittori creativi per il bene dell’uomo, li guideremo, li porteremo per mano ed indicheremo la luce del sapere con la quale e solo con la quale, si possono vincere le tenebre e far valere il principio della vita e della sua continuità futura per un mondo nuovo, un bene per l’uomo che non deve scomparire, ma deve continuare a vivere per sempre.