Salerno: Cicalese, verso le amministrative

In un contesto sociale in continua evoluzione caratterizzato dalle forme innovative della più sofisticata tecnologia, dove manifestare valori appare anacronistico e irrilevante, fanno la loro apparizione presunti “leader” della politica che, dimentichi di ciò che essa significhi in termini della polis greca, cioè del concetto dell’amministrare la cosa pubblica, assurgono e si propongono come i nuovi messia della politica locale. E ciò avviene soprattutto nell’approssimarsi della nuova campagna elettorale per il rinnovo degli organi comunali di Salerno, forse ultima chance per questi pseudo innovatori, che si propongono, auto candidandosi, come l’innovazione e il cambiamento adottando, però, metodi e mezzi di un sistema ormai desueto e fuori dagli attuali sistemi elettorali. Esprimere le proprie idee e cercare il consenso elettorale è un diritto garantito a tutti, ma al contempo, deve essere fatto nel rispetto delle regole, di una coerenza e di una storia personale ricca di episodi ed iniziative che costituiscono il preludio per una scesa in campo in maniera attiva per amministrare la “res” pubblica, consapevoli del ruolo che un domani si andrà a ricoprire ed essendo sempre a disposizione dei cittadini per tutelare i loro diritti. Invece, si assiste di recente, ad un proliferare di auto designazioni che spuntano come i funghi dopo la pioggia, cercando di metter in cattiva luce chi per storia e per impegno personale profuso con dedizione, ha tentato di dare senso e dignità alla propria azione politica riuscendo a conquistare, con spirito di abnegazione, la fiducia di parecchi cittadini. Parlare di politica non è facile, ed in speciale modo con i giovani. Nella mia esperienza personale di frequenti incontri con il mondo giovanile ho visto sempre più, negli ultimi anni, un profondo senso di sfiducia. Mi capita spesso di dialogare con adolescenti che ragionano utilizzando i più banali luoghi comuni, del tipo “I politici sono tutti ladri”, oppure “La politica è una cosa sporca”. Andando più su con l’età, la musica non cambia. Si continua a vedere tutto nero, senza speranza. Le conseguenze di questi ragionamenti pessimisti sono prevedibili. I giovani più puri e idealisti tendono a restare al di fuori del mondo della politica. Quelli più rampanti e “traffichini”, invece, la cercano esclusivamente per trarne qualche vantaggio personale. Frequentano qualche partito o movimento nella speranza, prima o poi, di riuscire a trovare un lavoro o fare una carriera più veloce. Le prospettive non sembrano rosee. La strada da percorrere, per invertire la rotta, non è facile. Ma, al tempo stesso, non si deve gettare la spugna. Gli strumenti per offrire iniezioni di fiducia alle nuove generazioni ci sono. Basta utilizzarli. Bisogna proporre ai giovani il recupero del senso della collettività. E’ da qui che bisogna ripartire. Se si comprende l’importanza del proprio rapporto con gli altri e del proprio contributo all’interno della società, si può ritrovare ottimismo anche nell’approccio con il mondo della politica. “Collettività” è una parola che sembra essere sparita dal vocabolario dei giovani. E’ necessario, invece, un tipo d’educazione completamente diverso, che abitui le persone, fin dai primi anni della propria vita, a porsi in relazione con gli altri. Questo è certamente un primo passo per far comprendere, in seguito, l’importanza della politica come strumento di aiuto alla collettività. Ne deriva che la politica necessita, alla stessa stregua di qualsiasi lavoro, di persone che la facciano bene. Bisogna ricordare ai giovani che tutte le professioni possono essere svolte in modo corretto, oppure scorretto. Quella del politico presenta esattamente gli stessi rischi di corruzione che possono capitare, sotto forme diverse, a qualunque altro mestiere. Fare bene il proprio lavoro significa irradiare il mondo con una luce nuova, diversa, ottimista, rassicurante. Infine, ultimo argomento da proporre, è quello della “lotta”. Questo termine, ovviamente, va svuotato di tutti i suoi significati aggressivi e bellici. Parlando di “lotta” si intende, chiaramente, la lotta tra il bene e il male. Ragionare in termini pessimistici, dicendo che la politica è una cosa irrimediabilmente perversa e compromessa, non serve a nulla. Il prodotto di questo ragionamento è semplice. Se i “posti” della politica vengono lasciati tutti alle persone disoneste, non cambierà mai niente. Bisogna, invece, fare uno sforzo e riuscire a penetrare in certi ambienti, senza lasciare a casa il proprio bagaglio di valori e di ideali. Devono essere i giovani a cambiare la politica, e non la politica a cambiare i giovani. L’importante è non lasciarsi scoraggiare di fronte alle prime avversità.