Donne afghane, al limite della dignità umana!

di Rita Occidente Lupo

Certe storie, rischiano di venir fuori solo con l’8 marzo. Certe situazioni, denudate solo a suon di mimose e cioccolatini. Sommerse dalla quotidianità frenetica, rimandante prototipi femminili, rampanti di carrierismo. In un mosaico etnico, che guarda alla donna o esasperando il femminismo o espellendo le spinte paritarie. Anche neglette, nella loro stessa etnìa.  In Afghanistan, infanzia negata ai fiocchi rosa. Bambine spose e mamme, giocando tra le bambole. A Herat  una casa rifugio per donne, dai 10 ai 30 anni, transitate dalla patria potestà paterna, a quella di mariti-padroni. Storie adolescenziali, smozzicate di rimpianti e percosse da violenze incessanti. Dal duro lavoro manuale, a quello delle pareti familiari: oggetto di desideri istintivi e soggetto di fecondazione, la donna violentata nella sua totale sessualità. Dagl’impegni domestici, a quelli extra, nessun riscatto in termini di pari opportunità. Suraya Pakzad,  fondatrice di un centro per donne afghane, nonché direttrice della Voice of Women Organization, organizzazione non governativa, creata nel 1998, allo scopo di tutelare i diritti rosa in Afghanistan. Merce di scambio, venduta al miglior offerente, poco importa in quali condizioni e retaggi: schiavizzata allo stremo delle proprie forze fisiche, la donna afghana comunica solo con lo sguardo la sua condizione! Unico obiettivo, per chi ancora riesce a guardare in faccia la realtà, spezzare le catene dell’abbrutimento. Svincolarsi da legami coniugali imposti, da padroni negrieri, avvezzi alla violenza, come collante nuziale. Scappare, divorziare, sogni che intrecciano giornate tra asfittiche mura coniugali e frustrazioni sociali. Una donna sfigurata dalla realtà autoctona, che stenta a decollare in circuiti non campanilistici, che l’affrancano da una sottomissione senza battute d’arresto! La dignità umana, astrazione fantastica, in un limbo non consono al proprio presente. Alla propria sorte che, per retaggio familiare, rimanda modelli materni analoghi ad un amarcord presente, senza appello!