Chi è il peggior bugiardo?

Ferdinando Longobardi

Pare giusto fare una difesa d’ufficio della bugia e del bugiardo, che godono di cattiva stampa da qualche secolo, chissà perché. “Io udi’ già dire a Bologna / Del Diavol vizi assai, tra’  quali unì’ / ch’elli è bugiardo e padre di menzogna”. Chi scrive ha sempre apprezzato questi versi di Dante anche se sembrano rappresentare una clamorosa e assurda calunnia contro il povero diavolo, che si è ormai liberato de suo etimo greco (διάβολος significa “calunniatore”) e ha già tante colpe da scontare. Il diavolo semmai dice il vero, ed è questa la sua grande forza maligna (anche se dal maligno viene il verbo “malignare”).Comunque ogni mentitore è diverso dall’altro, ma tutti possono essere raccolti sotto il temine di comodo “Bugiardi” in quanto, non soltanto non dicono il ero, ma dicono il falso con intenzioni maliziose (a volte criminali e blasfeme).La bugia è il loro marchio di fabbrica: il modo più rapido ed efficace di definirli, anche se poi si può cominciare a distinguere i vari modi e le convenzioni della menzogna. In un libro tedesco dal titolo Schwierigkeiten di Hermann Kesten c’è una pagina di grande tensione morale in sui si elencano le classi e le professioni di cui la gente presuppone per principio i loro rappresentanti siano costretti a mentire, come per esempio gli uomini politici, le prostitute, i diplomatici, i poeti, i giornalisti, gli avvocati, gli artisti, gli attori, i falsari, gli agenti di borsa, i produttori di generi alimentari, i giudici, i medici, i gigolos, i generali, i cuochi e i mercanti di vini. C’è una certa aria vecchiotta, e al tempo stesso attualissima, in questa curiosa lista, anche per la catalogazione delle attività umane; ma brilla per la sua assenza il più clamoroso rappresentate del mendacium contemporaneo, cioè il pubblicitario (il copywriter, il grafico, il promotore, l’agente, il venditore di spazi pubblicitari e così via): gente che mente sempre (per mestiere e per vocazione) non allo scopo, che può anche essere nobile, di sopravvivenza (Odisseo), o di esercizio dell’intelligenza (come suggerisce Socrate nell’Ippia minore), o per una causa, o per preservare il tessuto sociale con l’ipocrisia, ma per quello ignobile e meschino, di far spendere  alla massaia settanta centesimi di euro in più nella scelta di un detersivo, per creare bisogni artificiali nell’adulto, per circonvenire i più giovani con una panoplia di immagini mitologiche fasulle, per illudere e imbrogliare l’universo mondo.Ma la cosa che colpisce di più in questa lista è l’estremo contrasto (morale, sociale, psicologico) fra gli elementi alti e quelli bassi, addirittura infimi , delle possibilità di impiego della bugia: per accalappiare un gonzo (la prostituta) o per incantare il lettore (il poeta), per trionfare in un perversione della giustizia (l’avvocato mentitore) o per consolare un malato (un medico), per coniare monete false o per difendere la patria (!?!) nel caso del generale e del diplomatico, per farsi mantenere da una signora in età già avanzata (il gigolo), per disinformare il pubblico (il giornalista), per vendere prodotti alimentari avariati (il cuoco o il commerciante di vini) o idee avariate (l’uomo politico).