Medicina Integrativa: omeopatia davvero vantaggiosa

Michele Montuori

Prima di considerare il fatto che – seppur l’omeopatia si riveli oggi utile a riparare i danni indotti al nostro corpo da disattenzioni, privazioni od eccessi, e da cattive diagnosi! – con difficoltà si giunge a cure appropriate, è utile riportarsi per un attimo agli albori dell’arte medica, vale a dire ad Ippocrate, definito “padre della medicina”. Egli sosteneva che “il paziente deve essere curato nella sua totalità”, volendosi riferire all’inscindibile binomio spirito/corpo, e dando torto sin d’allora a quanti si affannavano e si affannano a curare la malattia considerata in se stessa. Egli certo non conosceva né la PNEI (che rimanda ai moderni rapporti tra i sistemi Psichico Neurologico Endocrino ed Immunologico), né l’Omeopatia (ambedue riportano al binomio spirito/corpo), ma stava già nel giusto con quella sua affermazione, fornendo poi una lezione ai medici di tutti i tempi con la sua teoria dei quattro umori (ancor oggi confermata dai complessi studi di Bioelettronica). Molti secoli dopo, nell’  ‘800, Hahnemann riprese i concetti dell’antico padre e sviluppò il sistema dell’Omeopatia, parola che significa “simile alla malattia”. Ippocrate diceva che “i simili si curano con i simili” e che “è il dosaggio a rendere una cosa non velenosa, poiché tutte le cose sono velenose”. Ebbene Hahnemann, assumendo la corteccia di china in dosi crescenti, vide che man mano si sviluppavano gli stessi sintomi della malaria; cominciò allora a verificare quali effetti potesse avere nei soggetti ammalati di malaria quella medesima sostanza (la china), e si avvide che per curarla occorreva somministrare ai soggetti non dosi massicce, ma quantità sempre più piccole, diluite, sino a minime indecifrabili dosi, purchè sottoposte a scuotimento. Sono i principi su cui si basa l’Omeopatia moderna per la cura di tutte le patologie, dalla rinite al cancro,  affidato a mani consapevoli. Anche se l’Omeopatia è suddivisa in quattro branche, oggi è in ogni caso sempre più diffuso il ricorso ad essa, per l’efficacia riscontrata nel corso delle oramai iperdiffuse malattie iatrogene (vale a dire quelle causate dall’uso e abuso dei farmaci normalmente prescritti da medici di base e specialisti), nonché dal consumo di alimenti privi di valore nutritivo, fatto sempre più presente ovunque e come incontrastato per precise ma non qui descrivibili logiche. Dicevamo delle suddivisione dell’ Omeopatia in quattro correnti: 1) Unicismo: si basa sull’uso di singoli rimedi (così vengono definiti i medicamenti omeopatici), dalle basse alle alte diluizioni. 2) Pluralismo: prevede l’utilizzazione di più rimedi al fine di coprire la totalità del quadro clinico. 3) Complessismo: si usano miscele di più rimedi, con la stessa indicazione clinica. 4) Omotossicologia, che seguo da vicino, la quale, avvalendosi del discorso PNEI di cui prima, individua nelle “omotossine” la causa del malfunzionamento degli organi interni, tutti tra loro collegati (inutile ad esempio credere di poter curare solo il fegato in corso di malattia epatica, il discorso interessando  invero l’equilibrio acido-base e più organi, in particolare il mesenchima!). In effetti, ove un medico attento volesse individuare la reale causa delle malattie, non potrebbe fare a meno di riandare – oltre che alle disattenzioni della vita interiore (spirito e neuroni sono intimamente connessi: si parla di stress!) – alla continua esposizione a innumerevoli tossine esogene (oltre 150.000, e tra queste conservanti, additivi, inquinanti atmosferici) ed endogene (che produce l’organismo stesso in risposta all’uso di alimenti privi di vitalità, quelli del supermercato!). Egli, dunque, dovrebbe essere insieme una sorta di sacerdote (nell’individuare le cause che portano alle distorsioni dell’anima e nel saper fornire consigli utili a “riprendersi”), di nutrizionista (non c’è dubbio, visto quanto si è innanzi detto), di attento terapeuta (farmaci omeopatici forniti solo in seguito a giuste consapevolezze). Quella omeopatica (o, se vogliamo più giustamente, erboristico – omeopatica) è in ogni caso una tendenza di cura, giusta ma innescata  nella quasi totalità dei casi non all’inizio di malesseri interni ed esterni, bensì tardi. In ogni caso, fornisce input evidenti all’organismo, soprattutto in questi tempi di iatrogenia e di pessima alimentazione, e “le malattie”, come recita la Scuola Medica Salernitana, si sa, “nascono a tavola”.