Vita di Missione: i sogni di un bambino africano, affetto

Padre Oliviero Ferro

“Mamma, ci sono anch’io”. Penso che deve essere una delle prime frasi che incoscientemente un bambino dice, quando sta per nascere. Vedendo le mamme africane, sempre indaffarate, anche quando devono mettere al mondo un bambino, credo proprio che sia necessario che sentano queste parole.  Un giorno ero vicino al dispensario (piccolo ospedale) della nostra parrocchia in Congo RD. Vedevo che venivano tante persone per farsi curare. E naturalmente non mancavano le mamme, soprattutto quelle che dovevano far nascere il loro figlio. Venivano tutte sudate dal lavoro dei campi. Erano accompagnate dalla figlia più grande,che aveva in braccio il fratellino più piccolo. Portavano nella mano destra un bidone di acqua che sarebbe servito per il dopo parto. Venivano accolte con rispetto e amicizia dalle suore e dalle infermiere. Passavano alla sala parto e…dopo qualche ora uscivano in compagnia di un bel bambino, ancora un po’ bianco, ma che sarebbe diventato bello nero. E poi, dopo un po’ di riposo, via di nuovo a lavorare nei campi. A casa aspettavano il frutto del loro lavoro. Non c’era tempo per la ginnastica dolce, la settimana di riposo. Alla sera, dopo tutti i lavori di casa, avrebbero avuto un po’ di calma per cominciare a nutrire l’ultimo arrivato. E dopo qualche settimana, presentarlo ufficialmente al villaggio. Sarebbe stato un giorno di festa. Naturalmente, anche il giorno del battesimo non sarebbe mancato. Ma quello che chiedeva quel bel bambino africano (ed ora il suo primo sogno) era di sentirsi amato, parte di una famiglia. Insomma qualcuno che esisteva e che voleva crescere. Le mamme africane, come tutte le mamme, hanno la loro maniera di farti capire che ti vogliono bene. Basta guardarle negli occhi, vederle con che gioia cullano loro figlio e lo nutrono. E da lì capisci tutto. Capisci che sei il frutto del loro amore e che non ti dimenticheranno mai.