Le Puttane, Politica e Istituzioni

Michele Ingenito

 Chiediamo scusa ai lettori per un titolo così forte, di cui ci assumiamo la responsabilità. Ma, nel momento storico che ci opprime come cittadini e come popolo, non possiamo non registrare l’emozione negativa che proviene dal basso. Dal basso della nostra società, la più indigente e, perciò, la più debole, a dir poco esterrefatta, e neppure troppo alla fine, di cotanto chiasso nazionale. Trecento e più ‘nobiluomini’ finiti in manette nel Nord elegante e ricco dell’Italia padana la dicono lunga su quella parte di territorio nazionale a tinta verde unita, nel suo distinguo forzato e convinto rispetto al resto del paese. Il miscuglio di personaggi coinvolti, dai mafiosi veri e propri ai politici del Nord con l’inevitabile variante centrale, a qualche magistrato e, giù giù, fino alla nostra stessa provincia sudista mortificata dalle inevitabili e più che opportune dimissioni dell’assessore regionale all’Avvocatura, dipingono per difetto un quadro scellerato eppur vasto di cui è piena l’Italia. L’Italia ai piedi dell’unico vero potere dominante,capace di penetrare nel burro di una crescente consorteria di potenti annidati a pieno titolo ai vertici della politica e delle istituzioni. Nel comico e al tempo stesso tragico gioco  del “Guardie e ladri”, un ristretto numero di volenterosi qualificati – vedi i corpi speciali della magistratura – mettono in ginocchio organizzazioni potenti e pericolose, facendo tirare un respiro di sollievo agli ottimisti. Ma, nella realtà, i pur miracolosi successi di Pietro Grasso e soci sono poco o niente rispetto allo strapotere globale della ‘Ndrangheta calabrese ormai una vera e propria holding di potere estesa in tutto il mondo  che conta. Come potrebbe una organizzazione criminale così perfetta imporsi nel panorama economico internazionale se non avesse i propri agganci più funzionali all’interno delle istituzioni, a loro volta sottomesse al potere politico? La politica è tutto nel nostro paese. Nel senso più deleterio perché è quello che inventa le mentalità. E quando le mentalità sono saldamente formate non esistono antidoti capaci di smontarle. Detto in parole povere, quando il diritto più elementare del cittadino viene fatto balenare ai suoi occhi come favore da parte dell’astuto imbecille salito ai vertici del potere pubblico in virtù dei voti più che del censo o della cultura o della storia personale per un principio di democrazia ormai al collasso, l’insegnamento che si introita inconsapevolmente, ma fermamente, privilegia la rassegnazione; null’altro, cioè, che il falso convincimento di chi non sa o non può reagire. Perché, ove lo facesse, troverebbe pane per i suoi denti da parte del boss che è tanto più boss quanto maggiori sono le medaglie simboliche che gli ondeggiano sul petto.E, allora, tira a campà, che è meglio per tutti; soprattutto per quella classe onnipotente che continua a farsi strada tranciando fisicamente, moralmente e psicologicamente le folle della povera gente; di quella indifesa, debole, prona ai piedi del camorrista non di professione (o oltre quello di professione) che venderebbe l’anima per la carriera, per i soldi, per il futuro gratuito dei propri figli per intere generazioni. Dicevamo non a caso del censo. Già, perché contro il censo, contro quella discriminante forma di estromissione di larghe sfere della società dal voto e dalla partecipazione alla vita politica e democratica, l’uomo moderno di una fiorente sinistra proletaria e sindacale orientò, vincendole, le sue battaglie. Ma, oggi, alla prova del fuoco della democrazia applicata, registriamo una involuzione di quel pur giusto e innegabile valore sociale. Così non sarebbe se una intera classe di rinnegati votati per ambizione e non per scelta ideale e morale al potere istituzionale non perseguisse la via contraria, controsenso, incapace di opporsi e contrapporsi all’altra classe, a quella politica, distorta e senza scrupoli, pronta ad imbrigliare tra le sue reti gli oppositori, ovunque e chiunque essi siano. Su tutto e su tutti, le ombre del potere più vero, quello economico, occultano abilmente i volti dominanti e nascosti che gli appartengono, nel dominio ferreo che tutto comprime, orienta, guida. La politica intesa come classe di potere non può che obbedire, imponendo a sua volta il bavaglio al potere collaterale delle istituzioni. Politica e istituzioni corrotte sempre più diffuse e crescenti fanno da perno a chi ne garantisce la sopravvivenza e trasformano in fuochi di paglia l’abnegazione, il sacrificio, la lotta dura e non meno spietata che le umane forze della magistratura specializzata e delle polizie al suo servizio pure esprimono con lodevole impegno e pubblico encomio. E’ l’unica voce di speranza per un paese finito comunque nel tritacarne degli interessi peccaminosi del potere criminale, che non lascia spazio a nessuno, se non per un percorso tra colonne di  fiori e di lacrimevoli rosari misti a lutto.