Pianificare il territorio per promuovere il Turismo

Aurelio Di Matteo*

È da alcuni anni che i termini sostenibilità e integrazione accompagnano ogni discorso sul turismo. Sostanzialmente si vuol fare riferimento a un modo nuovo e diverso di progettare e stimolare lo sviluppo dell’industria del turismo e dell’ospitalità.  Più che una metodologia di programmazione è una logica di progetto e di gestione del territorio, dei prodotti turistici, del contesto, degli aspetti immateriali, dei beni relazionali e delle funzioni strategiche. Entro questa logica è decisivo e fondamentale per lo sviluppo del turismo tutto ciò che non è turismo, dai trasporti allo star bene, dai servizi quotidiani e normali alla sicurezza, dal piano commerciale a quello culturale, dalla difesa del suolo al recupero dei centri storici, dalle strutture sportive a quelle ludiche, e così via. In questa prospettiva vanno ripensati il ruolo, la funzione e gli obiettivi dell’azione degli Enti locali e soprattutto il loro compito essenziale che s’identifica con la Pianificazione territoriale comunale  coordinata a livello provinciale. È del tutto evidente che la più marcata discrasia tra le iniziative del privato e degli specifici operatori del settore e quelle degli Amministratori pubblici è determinata dalle azioni di questi ultimi quasi sempre rivolte a se stessi, in un circuito autoreferenziale che anziché promuovere lo sviluppo turistico è soltanto utile a pubblicizzare la propria immagine e tessere una rete di clientele politiche all’interno del territorio. Sono una serie di mostre, eventi, manifestazioni, Borse e Expo di vario genere che non contribuiscono a portare un solo turista in più.Il modo di fare turismo oggi richiede soprattutto agli Enti locali la capacità di sviluppare politiche di governance di un territorio non più limitate alla promozione delle bellezze naturali, dell’enogastronomia e delle sedimentazioni archeologiche e/o culturali. La caratteristica strutturale del turismo è costituita dalla frammentazione e dall’autonomia delle tante attività che pur indipendenti nella gestione, negli obiettivi e nelle motivazioni sono connesse al fenomeno condizionandone lo sviluppo. Dal momento della decisione di una vacanza e di un viaggio a quello della conclusione e del ritorno, il turista s’imbatte di necessità in una serie di “organizzazioni” le quali fanno capo ad attori indipendenti e a settori importanti che per costituzione e per funzioni con il turismo hanno poco a che vedere.Per la pianificazione dello sviluppo turistico urge una progettualità da parte degli Enti locali che finalizzi, integrandoli, gli obiettivi di promozione e miglioramento dei tanti settori, economici e infrastrutturali, di competenza. La vendita dei cosiddetti prodotti turistici diventa inefficace perché essa ha bisogno di essere preceduta da condizioni di visibilità ed attrattiva che appartengono ad un contesto non specificamente finalizzato al turismo. La competizione sul mercato non appartiene né al singolo prodotto o allo specifico settore di ospitalità, né alla Regione, alla Provincia, tanto meno al Comune come entità amministrative giuridicamente definite. La scelta di una destinazione è fatta sulla base di una visibilità di attrattiva che appartiene a un complessivo contesto d’area nel quale sono inseriti (o creati) gli specifici prodotti/settori turistici. La Legge quadro del 2001 aveva prefigurato i “contesti turistici omogenei o integrati” che in tutte le Regioni, con l’eccezione della Campania, sono stati istituzionalizzati come “sistemi turistici locali” in seguito a normativa e riconoscimento da parte delle rispettive Amministrazioni regionali. Il successo di alcune aree, quale quella della Riviera romagnola, che oltre la naturale simpatia dei residenti oggettivamente non ha attrattori di rilievo, trova spiegazione nel fatto che essa da qualche anno si è mossa secondo la logica di un sistema che è già di fatto diventato Distretto turistico. La Campania, in dieci anni non è stata in grado di dotarsi di una normativa quadro. Meno male che nel breve periodo di permanenza un volenteroso Assessore regionale abbia almeno soppresso le inutili Aziende autonome! A quando l’eliminazione degli Enti Provinciali del Turismo? Il Distretto turistico, unito alla creazione di un’Agenzia e a un Osservatorio provinciali per il Turismo, come luogo di monitoraggio e coordinamento, è l’unico nuovo strumento che può promuovere lo sviluppo locale, soprattutto in Campania e in special modo nell’area pestana e cilentana. Il Distretto turistico, definito come uno spazio geografico e antropologico, connotato come un network relazionale e di cooperazione, può diventare il fattore principale dell’organizzazione territoriale a condizione che sia supportato da un progetto globale che coinvolga coerentemente energie e risorse, pubbliche e private, finalizzandole all’intero sistema economico. In tal modo esso, a differenza del Sistema e maggiormente delle Aziende e degli EPT, da strumento per la promozione turistica diventa il punto di riferimento delle più generali politiche per lo sviluppo di un territorio e per la crescita del PIL di una complessiva Area sociale e geografica. Un Territorio diventa destinazione turistica competitiva se, con governance flessibile non burocratizzata, si attiva un’interazione coordinata tra le attrattive primarie (naturali, artistiche, archeologiche, umane, culturali, artificiali), le infrastrutture che ne consentono l’accessibilità e la fruizione, i servizi che lo rendono godibile, le imprese turistiche di settore con standard di qualità, di efficienza e di economicità, le industrie complementari che siano di supporto costante, le produzioni tipiche e la cultura materiale quali identità di uno spazio antropologicamente significativo, una cultura dell’ospitalità e dell’accoglienza quale modalità relazionale della popolazione residente. È una competitività che si può costruire solo a livello distrettuale progettando il territorio in funzione delle finalità turistiche.

    * Comitato per la promozione della cultura del Turismo – Ministero del Turismo