“Why not” e “Poseidone”, le indagini “proibite”

Aldo Bianchini

La Procura di Salerno manda l’avviso di conclusione delle indagini. Coinvolti 7 magistrati e 2 parlamentari, ad annunciarlo è “Calabrianotizie.it”. La Procura salta a piè pari dunque la fase predibattimentale dinnanzi al GUP e punta direttamente al rinvio a giudizio per gli indagati nella vicenda contorta e inquietante delle due inchieste denominate Why not e Poseidone. Sette magistrati e due parlamentari della Repubblica indagati. Lo spettro di un sistema di corruzione che si addensa pesante sulla Procura di Catanzaro e una vicenda che, ancora una volta, rischia di scomparire dalle prime pagine dei giornali e dai titoli dei notiziari. Nella Calabria in cui la ‘ndrangheta fa sempre notizia, il sistema perverso che lega a filo doppio politica, imprenditoria e magistratura, rischia di essere messo in ombra per l’ennesima volta, insieme all’inchiesta della Procura di Salerno, che nei giorni scorsi ha portato all’emissione di dodici avvisi di conclusione delle indagini preliminari. La vicenda di cui si parla è più che nota: riguarda il presunto piano messo in atto per bloccare indagini condotte negli anni tra il 2004 e il 2007 dal sostituto procuratore Luigi de Magistris, oggi europarlamentare dell’Italia dei Valori all’epoca in servizio a Catanzaro. I nomi “Why not” e “Poseidone” sono ben conosciuti, così come quelli degli indagati di questo stralcio di attività portato avanti dalla magistratura campana. Sono indagati eccellenti i vertici della Procura del capoluogo calabrese: l’ex procuratore capo Mariano Lombardi, il procuratore aggiunto Salvatore Murone, l’ex procuratore generale Enzo Iannelli, il procuratore facente funzioni Dolcino Favi, i sostituti pg Alfredo Garbati e Domenico De Lorenzo, il pm Salvatore Curcio. Contro di loro accuse gravissime, che vanno dalla corruzione in atti giudiziari all’omissione di atti d’ufficio. Hanno tempo, tutti, fino al 5 maggio prossimo per presentare le loro argomentazioni/memorie difensive per cercare di ottenere, dalla stessa Procura inquirente, un ordinanza di archiviazione. Cosa questa molto difficile in quanto, dopo la notifica degli avvisi di conclusione delle indagini, la linea seguita dalla Procura salernitana va verso il netto rinvio a giudizio di tutti e nove gli indagati. Ma veniamo rapidamente alla ricostruzione dell’intera vicenda. “Sarebbero stati tutti d’accordo. Tutti coinvolti nella concretizzazione di un piano preciso, finalizzato a mandare all’aria indagini che coinvolgevano politici e imprenditori, delineando l’esistenza di un sistema di potere che da anni teneva sotto scacco la Calabria. Era il famoso <sistema Saladino>, quello delineato da De Magistris nell’inchiesta <Why not> e prima ancora in <Poseidone>. In entrambi i casi era stata accertata la sparizione di milioni e milioni di fondi comunitari. Soldi che avrebbero dovuto essere destinati allo sviluppo di una terra povera e maledetta e che invece erano andati ad ingrossare i conti esteri di pochi fortunati. Era il solito, vergognoso, copione. Quello che magistrato e carabinieri stavano portando alla luce con lavoro certosino”. Quello che, dice oggi la Procura di Salerno, doveva essere fermato a tutti i costi. Bloccare un’indagine, però, non è cosa da niente. Per farlo, spiegano i pm campani nell’avviso di conclusione indagini, servono amici che siedono sulle poltrone più alte degli uffici giudiziari. Gli artefici principali del piano, secondo le ipotesi accusatorie, sarebbero i parlamentari del Pdl Giancarlo Pittelli e Giuseppe Galati. Entrambi indagati in “Poseidone” e poi anche in “Why not”, avrebbero chiesto aiuto all’allora procuratore capo Mariano Lombardi, assicurandogli in cambio una serie di favori per il figlio della moglie, avvocato Pierpaolo Greco, entrato in studio e società con Pittelli e destinatario di una serie di incarichi come commissario liquidatore grazie all’intercessione di Galati. Una mano lava l’altra. Il vento di Catanzaro, nei famigerati anni tra il 2004 e il 2007, evidentemente, portava via il senso di giustizia e il rispetto delle regole. Chi avrebbe dovuto far rispettare la legge, a quanto pare, aveva ben altri pensieri; questo il senso delle accuse contestate dai magistrati salernitani che altri non sono se non i reduci della grande epurazione a seguito della quale Luigi Apicella lasciò la magistratura e Gabrielle Nuzzi con Dionigio Verasani furono allontanati in altri Tribunali. L’attenzione dei mass-media si era concentrata prevalentemente su questo aspetto della vicenda dimenticando che gli altri quattro pm (Patrizia Gambardella, Roberto Penna,Vincenzo Senatore e Antonio Centore) hanno continuato a svolgerfe le indagini fino alla notifica della loro conclusione con accuse ben precise e prima enunciate. Le nuvole fumogene si addensano, però, all’orizzonte. Per “Poseidone” una prescrizione ovvia che sta per arrivare se i giudici non avranno la forza di sconfiggere inutili passaggi burocratici, per “Why not” un ridimensionamento obbligato, che pure ha portato ad una serie di condanne, con l’uscita dalla vicenda di almeno due personaggi importantissimi sul piano politico nazionale come Romano Prodi e Clemente Mastella.  “Capoluogo dannato di una terra depredata, (scrive Chiara Spagnolo su calabrianotizie.it), in cui si può rubare senza avere la paura di essere puniti. In cui chi indaga può essere allontanato, chi denuncia può essere punito, chi racconta può essere esiliato. Perché chi non fa parte del sistema è contro di esso. E a Salerno dell’esistenza del “sistema” ormai, nessuno pare più dubitare”. Le carte, a questo punto, parlerebbero chiaro. E non racconterebbero di quella che si cercava di far passare come una guerra tra Procure, ma di magistrati che, seguendo il compito che la legge assegna loro, vigilano affinché altri magistrati rispettino la legge. In Calabria, a quanto pare, questo non sempre è accaduto. Qualcuno sembra avere abusato della propria funzione e del proprio potere. Magistrati e parlamentari insieme. Chi doveva difendere i cittadini, avrebbero scritto gli inquirenti salernitani, ha difeso solo se stesso e il proprio gruppo di riferimento. E, probabilmente, chi aveva intuito tale possibilità non era un pazzo visionario. Forse, in realtà, questa storia è molto più semplice di quel che sembra. Perché ci sono reati commessi e gente che dovrebbe risponderne. La Procura di Salerno, almeno, sembra pensarla così. Ma, probabilmente, anche i magistrati che hanno firmato l’avviso di conclusione indagini presto finiranno nell’elenco dei folli e visionari, messi alla gogna come i loro colleghi Gabriella Nuzzi e Dionigi Verasani, che per primi cercarono di portare alla luce il verminaio catanzarese. Alla prossima puntata.