Per un’ingegneria del Turismo

Aurelio Di Matteo*

Parlare di turismo integrato e di sistema turistico è diventato moda comunicativa. Non c’è politico o amministratore che non usi questi termini almeno due volte in ogni suo intervento, magari accompagnato da “sinergia”, tanto abusato da provocare l’orticaria lessicale. Un po’ più complicato dell’uso linguistico è promuovere sul piano amministrativo interventi e politiche pertinenti con il loro significato, spesso frainteso nel concreto delle iniziative. Che significa in realtà turismo integrato e quali sono le metodologie e gli interventi perché la moda diventi sostanza, il turismo risorsa per lo sviluppo e le agenzie formative (Università, Scuole, Enti, ecc.) attivino percorsi didattici adeguati? Potremmo dare una risposta sintetica rinviando a ciò che da alcuni anni si sta facendo in Francia, nazione leader nel turismo (17% dei flussi mondiali) e nelle sue Università, prima fra tutte la Sorbonne Paris III con il suo  Pole Médiation et Ingénierie Touristique et Culturelle des Territoires, mentre da noi ci dilettiamo ancora con le centinaia di costosi e vuoti Master o le inutili lauree di Scienze del Turismo, create quasi sempre per dare una cattedra familistica. Rinviando ad altro intervento il problema della “ingegneria del turismo”, cominciamo dalla generale osservazione che bisogna guardare all’industria del turismo non come una pluralità di piccole imprese o di settori specifici, ma come una “forza territoriale” complessiva, con rilevanti implicazioni socio-economiche, composta da attori pubblici e privati eterogenei e frammentati. Di conseguenza adottare la logica dell’integrazione significa innanzi tutto non limitarsi alla valorizzazione di un territorio e di una destinazione, né ritenere che basti programmare una serie di interventi convergenti a sostegno dei settori interessati. Essa presuppone, invece, un progetto globale di creazione e di gestione degli interventi, cominciando dalla difficile analisi del processo decisionale d’acquisto. Le motivazioni, le scelte, la tipologia del richiedente, la molteplicità, sempre mutevole e flessibile, della domanda sono il primo dato integrato per corrispondere alla progettazione della filiera dei “servizi al turista”. Senza un’analisi che dia consapevolezza delle componenti che sono a base delle decisioni di chi “compra” un viaggio, di breve o di lunga durata, da turista o da viaggiatore, per cultura o per devozione, per affari o per salute, per piacere o per l’ambiente, per la filiera enogastronomica o per quella didattica, non sarà mai possibile ed efficace progettare una destinazione all’insegna di un complesso di “prodotti” che possono trasformare un territorio in un luogo di “accogliente ospitalità”, per offrire le condizioni ottimali idonee a soddisfare la domanda del consumatore. La competitività si gioca sulla capacità di creare e progettare un “ambiente” che costituisca lo spazio sociale nel quale le aspettative che muovono un individuo, una famiglia o un gruppo a scegliere un viaggio possano trovare una risposta adeguata e appagante. Con i mutamenti e l’evoluzione dei gusti, l’avvento di nuovi clienti, la crescita della concorrenza a livello nazionale e internazionale, si è accentuata sempre più la necessità di una nuova e globale progettualità. Con l’affermarsi del processo spersonalizzante della globalizzazione ci si è orientati, per converso,  progressivamente alla ricerca di ciò che è caratterizzato da forte identità e che riesce a distinguersi all’interno dei possibili concorrenti, che include non solo i principali siti e istituzioni storiche, ma l’intero paesaggio di un territorio con la sua base geografica, il sistema di fattorie e campi, strade, strutture industriali, villaggi e strade principali, imprese commerciali e, ovviamente, i residenti con le loro tradizioni e attività economiche. E su questi ultimi è indispensabile l’azione formativa del sistema pubblico per l’accettabilità degli inevitabili mutamenti sociali. È un complessivo progetto che fa riferimento alle risorse materiali (edifici, fiumi, aree naturali, paesaggi) e a quelle immateriali (tradizioni, stili di vita, feste, cerimonie, lingue, arte, cibi).Si tratta, in sostanza, di sviluppare una progettualità sostenibile che, accanto ai grandi attrattori della tradizionale metodologia del fare turismo, esalti le tante attrazioni tipiche di un territorio(della natura, della scienza, dei prodotti, della storia, dell’arte, dello spettacolo, della ruralità, dei parchi e giardini, della religione, del piacevole e ricreativo ) oppure le crei quando queste mancano. Si tratta di trasformare un luogo sulla mappa in un posto della storia e in un vissuto per ritrovare se stessi.Nello stesso tempo la ricerca d’identità si accompagna al desiderio di “sentirsi a casa”, che può essere soddisfatto solo da un ambiente di accogliente ospitalità nella sua totalità, dalla disponibilità dei residenti alla puntualità e ricchezza dei servizi pubblici, dalle opportunità ludiche a quelle didattico-culturali, dalle occasioni di accessibilità e dalle condizioni di sicurezza per i bambini, a quelle confortevoli per gli anziani, tanto per fare alcune banali esemplificazioni.Turismo integrato altro non è che una nuova metodologia per il turismo, una progettualità di tipo ingegneristico nella quale siano considerate e valutate, con riferimento ad un territorio, tutte le condizioni e tutte le conseguenze sul piano umano, sociale, economico, ambientale, territoriale. Per fare ciò l’Ente locale, normativamente muovendo dalla Regione, deve abbandonare lo sperpero delle elargizioni settoriali e discrezionali, e intraprendere la strada di una regia forte che razionalizzi risorse ed interventi e fissi quadri legislativi cogenti e coordinati.

(2-continua)

  * Componente del Comitato per la Razionalizzazione della Formazione Turistica – Ministero del Turismo.