Elezioni Regionali: il “caso” De Luca

  Luca Monaco

Sono già trascorsi più di tre anni dal ritorno, a furor di popolo, di Vincenzo De Luca sul più alto scanno di Palazzo di Città. Un’elezione travagliata e sofferta, quella dell’allora deputato diessino, ottenuta al termine di una campagna elettorale feroce, a tratti drammatica. Ancora oggi sembra di riascoltarlo nell’atto di lanciare il guanto di sfida agli avversari, acclamato da cittadini di ogni età e ceto sociale in una gremitissima piazza Portanova; il Sindaco forse più amato, ed al contempo più discusso ed odiato, della storia salernitana. Non è semplice comprendere come un uomo, “armato” soltanto di due liste civiche, possa avere fronteggiato e sconfitto ben due coalizioni politiche, l’una di centrosinistra (di cui De Luca, tra l’altro, faceva e fa parte) e l’altra di centrodestra. O forse non lo è per chi non conosce la storia più recente della città di San Matteo. Ad ogni buon conto, in ossequio alle incessanti evoluzioni politiche ed al cinico trascorrere del tempo, che tutto travolge, le comunali del 2006 appaiono preistoria: un altro jurassik park di un’epopea estinta. Un politico atipico, De Luca, sui generis, ma maledettamente vero, talvolta troppo da sembrare inverosimile! Capace di balzare agli onori (o ai disonori, a seconda dei punti di vista) della cronaca nazionale, dapprima per aver dotato i vigili urbani di manganelli, alias “mazzette fluorescenti”, ricevendone in cambio plausi e consensi di tantissimi cittadini, da una parte, disapprovazione e sgomento dall’altra, fino all’evocazione di una deriva neofascista e populista dell’Amministrazione Comunale. E poi i, sia pur fallimentari, mercatini etnici, lodati da alcuni come un’opportunità per integrare gli extracomunitari presenti a Salerno, bollati da altri come ignobile ghetto. Sino ad arrivare alla querelle per lo smaltimento dei rifiuti in Campania cui ha fatto seguito l’attacco a muso duro, da prestigiose tribune politiche nazionali, all’Amministrazione Regionale, rea di ostacolare la costruzione del termovalorizzatore di Salerno (taccio volutamente sulle più recenti dispute riguardanti la costruzione dell’impianto, messa ora in discussione dallo stesso De Luca, e la relativa gestione). E poi i folkloristici, ma decisamente efficaci, ammonimenti: su tutti la ormai celebre frase “la ricreazione è finita” nonché tutto il suo colorito ma, non c’è che dire, efficace repertorio (“babbarie”, “pippe varie”, “i cafoni” e quant’altro). Un politico, o come forse preferirebbe essere definito lui, un uomo delle istituzioni, apparentemente burbero ed autoritario ma capace, non di rado, di tendere la mano ai suoi concittadini, coinvolgendoli emotivamente in un sogno mai nascosto, eppure ancora lungi dal realizzarsi: la nascita di una Salerno turistica. Su di lui grava l’onere di tramutare il sogno in realtà, e con esso tutte le grandi opere già in cantiere, in tempi celeri e certi. Ma l’epopea di De Luca, a quindici anni dalla sua prima elezione a Sindaco, fu (e, soprattutto, sarà) vera gloria? Non intendo spingermi in valutazioni personali di merito né in più o meno improbabili pronostici; richiamando versi di manzoniana memoria, lascio ai posteri l’ardua sentenza. Una cosa, però, può essere affermata senza timore di smentite. A prescindere dalle valutazioni sul suo operato e dai sentimenti di simpatia o antipatia che può legittimamente suscitare, i sermoni di Vincenzo De Luca, anche quando tuona contro i malcapitati di turno, danno la percezione, giusta o sbagliata che sia, di un amore viscerale per la propria attività e la propria città; donano, se non altro, una suggestione; quella di credere ciecamente in un progetto e combattere strenuamente contro ogni difficoltà pur di perseguirlo. Se poi i suoi progetti siano quelli più consoni per la nostra comunità non sta a me affermarlo. Ed ora, eccolo di nuovo, il Sindaco bulldozer, più grintoso di un giocatore di rugby mentre corre con la palla verso la meta, più coriaceo e poderoso di una corazzata militare, lanciare la nuova sfida a tutto il mondo politico campano (e non soltanto): il suo annuncio di voler recitare un ruolo da protagonista alle ormai prossime elezioni regionali, ha creato scompiglio a destra ed a manca. Il suo linguaggio trasversale rispetto alle diverse aree politiche, il suo approccio popolare, e talvolta populista, le sue irrisioni verso la “politica politicante”, estremamente efficaci in un momento storico in cui regna sovrana la sfiducia verso le Istituzioni e la politica in generale, lo rendono inviso e temibile all’establishment tutto. È ancora prematuro ipotizzare gli scenari che, di qui a breve, si profileranno; tutto è in fibrillazione, come testimoniato anche dalle recenti esternazioni di Franceschini e D’Alema sull’individuazione del candidato Governatore del Pd. E molto potrebbe dipendere anche dai nuovi assetti nazionali del partito, all’indomani delle primarie. Intanto, il Pdl sembra avere individuato il proprio “Cicerone” in Cosentino. Estraniandosi dall’agone politico e dalle lotte di fazione, più consone alle curve di uno stadio, c’è soltanto da augurarsi che, chiunque dovesse essere “incoronato” Governatore, sappia sottrarsi alle miserevoli logiche clientelari, che tanto male hanno fatto al nostro Paese (e, ahi noi, al Mezzogiorno), ed a non auspicabili sistemi spartitori, perseguendo, viceversa, l’interesse della nostra comunità regionale, troppo a lungo umiliata e mortificata da iperbolici debiti nella sanità, discariche urbane, disservizi di ogni specie.

 

 

Un pensiero su “Elezioni Regionali: il “caso” De Luca

  1. Condivido in toto l’auspicio conclusivo ma è sufficiente leggere il libro “tutti gli uomini del vicerè” di Mariano Maugeri per rendersi conto che è molto difficile un’inversione di rotta.

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