“Welche Freude!” Quale Gioia!

 Michele Ingenito

Così ha esordito Papa Ratzinger al suo arrivo a Ciampino. Dove lo attendeva il Presidente del Consiglio in compagnia del fidatissimo cardinale laico Richelieu-Letta. Il primo (Benedetto XVI) in partenza per una visita pastorale di tre giorni in Cecoslovacchia, il secondo (Berlusconi) appena giunto dal vertice mondiale dei capi di stato a Pittsburgh. Quale sublime diplomazia in quelle due semplici parole, quale elevatissima astuzia politica nel creare i presupposti ‘spontanei’ dell’incontro. Media televisivi pubblici e privati hanno inondato le case degli italiani per l’intera giornata o quasi, riproponendo in diretta la scena. Non meno ad effetto la risposta del Premier. “Sono corso nel cielo per poterla salutare!” Battuta felicissima, studiata e allo stesso tempo spontanea, dai toni emotivi assai prossimi alla retorica. L’operazione mediatica è stata perfetta. Perfino i più distratti tra i videoascoltatori hanno immediatamente percepito il messaggio subliminale delle due battute. Tra Papa e Capo dell’Esecutivo nessun problema, nessuna riserva mentale, nessuna benché minima percezione di disagio per la insistente campagna messa in piazza da certa informazione sui fatti privati del Premier. Ratzinger ha evidentemente interpretato nella circostanza il proprio ruolo di Capo di Stato e non di censore della vita privata del Collega. Sottraendosi, così, al suo ruolo primario di difensore dei valori, della morale e dell’etica. E bene ha fatto. Perché ruoli e funzioni si esercitano nelle sedi giuste e nei momenti dovuti. La riflessione ci riconduce inevitabilmente alla questione attualissima sollevata nell’ultima puntata della settimana scorsa di Annozero. Anche questa volta finita nel mirino del governo, con conseguenti e reali rischi di censura e forse peggio.Diciamoci la verità. Ci hanno profondamente impressionato nel corso della trasmissione le parole lente, in apparenza meditate, della signora D’Addario a proposito degli ambigui incontri personali e/o di altre amiche, a suo dire a pagamento, con Silvio Berlusconi. Impressionato per gli effetti istintivamente devastanti ed immediati percepiti all’istante dall’opinione pubblica nei confronti del Premier. Non a caso, il direttore di “Libero” Belpietro si è beccato una sonora benché breve contestazione in diretta, nel suo tentativo di difendere le posizioni del proprio giornale e della parte politica che rappresenta. In passato abbiamo sempre sostenuto (e lo ribadiamo) l’insostenibilità di certe prediche moraleggianti di parte della stampa contraria all’attuale capo di governo. Non perché gli italiani non possano e non debbano essere informati per potere, poi, mettere in mora un primo ministro portatore, a dire altrui, di cattivo esempio sul piano dei valori morali. Non c’è bisogno, però, di turbare per questo,  e a tutti i costi, la mente popolare per un qualcosa che, se spontaneamente condiviso dall’opinione pubblica, porterà alle conseguenze del caso nelle prossime elezioni politiche. Perché non c’è cosa più odiosa di rincorrere ossessivamente la morale da parte di chi, spesso e volentieri, quella stessa morale si mette sotto i piedi. Per giunta non per errore, ma in virtù di scelte precise. Quelle di un laicismo che nessuna condanna concede alle doppie, triple o quadruple vite affettive ufficiali o non ufficiali spesso contemporaneamente gestite. Di qualsiasi tipo. Omo o eterosessuali che dir si voglia. Continuare a confondere ossessivamente la politica con la vita privata della gente, premier o non premier che sia, pur di colpire l’avversario, è come giocare per novanta minuti a gamba tesa con la complicità di un arbitro compiacente. Così facendo, magari nei minuti di recupero, l’avversario finisce inevitabilmente in barella oltre la linea bianca.Da qui la fenomenale mossa di Ciampino, quasi certamente ispirata dal mago Letta (zio). Un incontro apparentemente spontaneo, in sé banale date le circostanze – il primo parte, l’altro arriva ed, ovviamente, si salutano – spazza via ogni giudizio ed ogni commento moralistico negativo sulla vita affettiva magari un pò troppo movimentata (sono cavoli suoi) di Silvio Berlusconi. Resta, però, l’effetto Annozero. Che, per quanto criticato a suon di belle o male parole da una parte e dall’altra, ha prodotto giovedì scorso i suoi effetti pesantissimi nell’opinione pubblica. Non sappiamo cosa accadrà dopo la presa di posizione del ministro Scajola sulla vicenda e le relative conseguenze. Una cosa, però, è certa. Michele Santoro ha fatto ancora una volta il proprio gioco. Quello di spaccare il paese sul piano del boom mediatico. Solleticando il prurito gossipico degli italiani, incrementando gli ascolti, facendo cassetta con la pubblicità RAI, rimanendo ancor più sulla cresta dell’onda, creando, in poche parole, opinione. Sinceramente, non riusciamo a dargli torto. Da una parte. Dal punto di vista di chi, avendone i mezzi, le capacità e la sfrontatezza che, nel caso specifico, si esalta fino alla strafottenza nei confronti del potere, quel potere mette al tappeto. Ridicolizzandolo e facendone emergere indiscutibili pecche. D’altra parte, però, se il potere istituzionale non è in grado di prendere le distanze o frenare il fenomeno ove risulti effettivamente lesivo, diffamatorio o addirittura calunnioso, non sono problemi di Santoro. Il quale, e lo sa bene, è perfettamente consapevole che qualunque cosa accada, perfino il licenziamento, la censura o una qualsiasi delimitazione del proprio ruolo e/o di quello dei propri collaboratori (a cominciare da Travaglio), lo collocherà automaticamente sull’altare dei martiri. Altare dal quale, per un paese ipocritamente perdonista a condanna avvenuta, egli  trarrà maggiori giovamenti. Riversando – c’è da giurarlo – con ulteriori e ancor più devastanti strali mediatici, le proprie maledizioni contro persecutori e mandanti. Conviene? Converrà? Ne dubitiamo. Perché il pregresso, nel bene e nel male, è sempre stato a suo vantaggio. Di Santoro-martire (vedi l’epoca del suo oscuramento insieme a Enzo Biagi) o del Santoro-indenne (vedi il fallimento dei numerosi e successivi tentativi di bruciarlo). Tutto ciò costituisce per molti un problema. Ma non il problema di un’Italia politica che ha bisogno di essere governata e per questo giudicata. Non saranno certamente i Santoro o i critici come lui a cambiare lo stato delle cose. Perché l’Italia ha bisogno di un governo forte e di un’opposizione forte. Perché l’uno sia di stimolo all’altra e viceversa. Sul piano della politica, dei fatti, dei risultati. Non del gossip martellante ed improduttivo, il cui giudizio resta di esclusiva appartenza degli italiani.