Guido Gambone in mostra a Il Catalogo
Giovedì 16 aprile alle ore 19,00 sarà inaugurata la mostra Guido Gambone Dipinti e disegni, che continua il ciclo espositivo attento sia agli aspetti della giovane pittura attiva a Salerno, sia alle presenze della sua storia. Una mostra che Lelio Schiavone e Antonio Adiletta hanno fortemente voluto per ricordare l’artista salernitano – noto internazionalmente per le sue ceramiche – nel centenario della nascita e nel quarantesimo anniversario della morte, avvenuta a Firenze nel 1969. “Abbiamo voluto ricordare Gambone – dichiara Lelio Schiavone – perché convinti del ruolo che la sua arte ha svolto nella Salerno degli anni Quaranta e Cinquanta, per non allinearsi alla disattenzione dei tanti, a quanti in nome di una parafrasata contemporaneità fanno scivolare la memoria di questo territorio nel baratro del disinteresse. L’abbiamo fatto con lo stesso spirito, lo stesso interesse che mi guidò, nel 1979, ad organizzare una prima personale del pittore Gambone a dieci anni dalla morte”.La mostra, curata da Massimo Bignardi, propone una selezionata scelta di dipinti e di disegni realizzati da Guido Gambone tra la seconda metà degli anni Trenta, al 1938 appartiene un raro disegno cifrato dallo stile della Kowaliska e gli anni Sessanta, nei quali l’artista salernitano guarda con interesse agli esiti di una ‘nuova figurazione’. Il nodo centrale è rappresentato dai dipinti della fine degli anni Quaranta e primi del decennio successivo, nei quali appare chiara la spinta che Gambone darà alla sua pittura dopo l’incontro con l’esperienza dei padri dell’arte contemporanea, da Van Gogh a Matisse, a Picasso, artisti le cui opere ammirerà in quel fatale viaggio che, da Faenza, lo portò alla Biennale di Venezia del 1948, con in tasca il premio più ambito della manifestazione faentina.“La pittura, il quotidiano esercizio del disegno e poi la pratica della grafica nell’ esperienza creativa di Guido Gambone, tra i grandi interpreti della ceramica del XX secolo, si pongono come espressioni di un mondo privato, con le quali l’artista – scrive Massimo Bignardi in catalogo – tenta, attraverso la memoria, di fermare il tempo, cristallizzarlo rapidamente in immagini che, inesorabilmente, scivolano sperdendosi nei ritmi del lavoro, nel corpo della materia, nei tempi dei processi imposti dalla ceramica. Dipingere per sottrarsi alla transitorietà della vita, al suo implacabile scorrere. I dipinti, in fondo, sono rettangoli ove l’artista inscena la sua memoria illuminata sempre ed unicamente da una luce solare, densa, che plasma i rilievi captando punti di luce e ombre nelle quali l’occhio naufraga, e intanto si offrono come nodi problematici di uno stile, cioè si propongono come vere e proprie aperture a nuovi linguaggi, fondamentali per comprendere la continua sperimentazione alla quale Gambone sottopone la forma. […] Per questa mostra, che ne vuole ricordare i cento anni dalla nascita, Lelio Schiavone, Antonio Adiletta ed io abbiamo ritagliato un ulteriore piccolo ‘scorcio’ della pittura del nostro artista, proponendo alcuni dipinti e disegni che testimoniano un grande amore mai nascosto, un’esperienza del vedere che sorregge l’architettura del suo intenso lavoro di ceramista. Per Gambone la pittura è un amore struggente che ruba ogni attimo della sua vita, facendolo ‘annegare’ nella pila di blocchi zeppi di appunti, disegni, schizzi, di monotipi, di grafiche, di tele accatastate tra le ceramiche nello studio fiorentino di Palazzo dei Diavoli, insomma l’immensa materia della sua esperienza: la pittura, scrive nel 1968, corrisponde a quelle “altre cose” che “ho desiderato realizzare e non mi è riuscito. Non perché mi mancassero le doti necessarie, ma per gli impegni presi con la vita.” Salerno prima, poi Vietri sul Mare, un viaggio ‘breve’ dalla pittura, che tormentava ogni attimo, alla ceramica divenuta nel tempo amica della quotidianità: poi la condanna di un destino che lo segnerà profondamente dileguando il respiro dei sogni giovanili. È così che potremmo riassumere, in epigrafe, l’esperienza umana del giovane Guido Gambone la cui memoria, anche dopo nei venti anni trascorsi a Firenze, non si staccherà mai da questi luoghi, ritornando, con iterata circolarità, nello spazio immaginifico che l’ha visto ragazzo e adulto.”