Noi e la storia

 Giuseppe Lembo

Anch’io sono un “protagonista” della storia e nella storia. Per quello che sono e che faccio, svolgo quotidianamente il mio ruolo nella storia, partecipandovi il più attivamente possibile, da protagonista. È bello sentirsi protagonista della storia e nella storia, in un insieme di vicende umane che ne formano il suo percorso, in un aggregato di eventi irripetibili, espressione e simbolo delle tante diverse azioni umane; espressione di un fare dell’uomo che fa parte del cambiamento dell’animo e della mente di chi viene al mondo per essere il più possibile un attivo protagonista nella storia e per la storia. Tanto, costruendo, prima di tutto rapporti umani che, come ci insegna la storia, vanno nelle più diverse direzioni e non sempre hanno per loro fine ultimo, l’altro in quanto uomo, con cui dialogare, confrontarsi e vivere, così come si conviene, in pace.

Purtroppo, non è questo sempre e solo il percorso della storia, con attivamente protagonista l’uomo che spesso ne devia il corso manifestando odio e violenza contro l’altro, dimenticandosi inopportunamente di essere un uomo; un uomo da amare con tutto se stesso.

Altrettanto e sempre più manifeste sono le negatività umane registrate dalla storia anche nel rapporto con la natura, disumanamente violentata, incipientemente maltrattata, ferendola a morte, con danni gravi per la vita di tutti gli uomini che la abitano, mancandole sempre più di rispetto; tanto, facendo male e facendo, prima di tutto, male a se stessi che ne ricevono danni al posto dei possibili benefici, spesso assolutamente essenziali e di vera e propria necessità (il cibo, l’acqua, l’aria che si respira) per la stessa sopravvivenza umana.

Noi abbiamo un ruolo nella storia; è un ruolo attivo da protagonisti o in alternativa, fortemente passivo nel subirla come effetto del fare storia degli altri, ossia dell’umanità intera, una miscela esplosiva di saggezze ed idiozie di amore e di odio; di violenza e di pace; di luci e di ombre nei comportamenti umani che spesso vanno nella direzione sbagliata, pensando sempre più  all’impossibile umano.

Purtroppo, la storia con i suoi corsi e ricorsi, è da sempre costretta a subire le dominanti del tempo; nel nostro tempo, un tempo sempre più attento all’apparire, con crescente indifferenza per l’essere, nella vita di tutti i giorni, c’è la dominante della perfezione artificiale rispetto a quella che è stata da sempre la dominante cara all’uomo della Terra, dalle caratteristiche ben individuabili nella sua saggia naturalezza di dominante naturale.

L’uomo, anche in questo, avvelenando per avvelenarsi, non riesce ad essere più se stesso; anche in questo, fa dell’apparire delle cose, la loro prima e più diffusamente ricercata comune virtù; una virtù che tale non è, in quanto disumanamente espressione di quella perfezione artificiale che ha fortemente compromesso tutto della vita dell’uomo sulla Terra, facendo crescere la solitudine, gli egoismi e soprattutto l’indifferenza per l’altro, visto sempre più, come un fastidioso nemico, piuttosto che un utile e necessario compagno di viaggio in un universo tanto grande ma oggi reso sempre più piccolo, per effetto delle ridotte distanze spazio-temporali; per effetto e necessità di una condizione umana sempre più mondializzata, con rapporti globali formalmente, ma nella sostanza umanamente distanti per il rifiuto crescente dell’altro.

Come si può essere protagonisti d’insieme umano in un mondo umanamente chiuso ed isolato dove non c’è dialogo e dove si parla sempre meno, evitando così quel confronto necessario per essere dei veri protagonisti di storia e nella storia?

Tra l’altro, quest’era più tecnologica che umana è stupidamente convinta che le tecnologie sono il “tutto” della vita umana; sono talmente pensate come il “tutto” da creare l’errato convincimento delle sussidarietà umana rispetto al mondo tecnologico; tanto, ad un punto tale, da creare il libero e diffuso convincimento che non serve il confronto; che non serve il dialogo; che non serve l’umanità d’insieme; che si può rottamare anche il cervello perché al suo posto c’è il computer, un pericoloso amico-nemico per le “idee” che si rischia di far morire per crescente mancanza di creatività umana e di impegno dell’uomo in quanto uomo e non solo in quanto espressione tecnologica che spinge sempre più verso l’egoismo ad un punto tale da far perdere la dimensione universale, per eccesso del solo bene individuale, con al centro la disperata condizione umana dell’uomo solo, dell’uomo in solitudine, incapace di agire confrontandosi e dialogando con gli altri per soluzioni umanamente condivise, così come ci ha insegnato la storia; così come vuole ancora oggi la storia, con il protagonista di sempre, l’UOMO e non le sole MACCHINE.

Il capitale umano e non il solo capitale, patrimonio dei ricchi del mondo, è, purtroppo, sempre più usato a danno dei poveri a cui si toglie tutto compreso il diritto alla vita ed il sacrosanto diritto di vivere la storia, nei propri limiti di protagonisti umanamente silenziosi e/o di senzadiritti.

Oggi ci troviamo di fronte ad un mondo fortemente confuso; oltre ad essere confuso è, tra l’altro, assolutamente poco solidale, con grave danno per la vita d’insieme, poco rispettosa dell’altro e soprattutto, egoisticamente indifferente a quelli che rappresentano il futuro, una generazione in conflitto con i padri e sempre più dal futuro negato, per colpa di un presente che pensa al tutto per sé, consumando e sprecando tutto per sé, compreso il suolo, compreso il futuro suicida di far morire le idee e di non creare cambiamenti ed innovazione. Tanto, con atteggiamenti di una sempre più grave ed ingiustificabile indifferenza per il tempo che verrà, un tempo che dobbiamo necessariamente saper considerare nostro anche se lontano da noi; anche se apparterrà, nella naturale mutazione generazionale, ad altri che devono essere sempre e comunque intelligentemente considerati parte di noi, in quanto eredi di un essere in divenire che non conosce sosta e che correndo fa vivere anche il nostro essere scolpito nella storia passata, nella memoria e nei ricordi sempre vivi dei padri che si tramandano da una generazione all’altra attraverso la corresponsione degli amorosi sensi, un forte legame tra il passato ed il presente proiettato nel futuro e tra quelli che sono in vita e gli altri, vive testimonianze del passato.

Quelli che non ci sono più, che si fanno ricordare nel presente ed anche nel futuro, per essere stati uomini della Terra, con il proprio peso di protagonismo nella storia e per la storia e con la propria forza morale capace di avere saggiamente deciso di preferire le virtù ai vizi; il bene al male e soprattutto il valore dell’essere sull’apparire e sulla sempre più disumana ed aggressiva materialità delle cose, che oggi più che mai, si impongono all’uomo del nostro tempo come l’assoluto della storia.

Un assoluto senza confronto e senza appello che va per la sua strada, riducendo la capacità di protagonismo degli uomini e deviando sempre più il corso della storia che si vuole narrazione di un genere umano transnazionale, cancellando di fatto i valori propri dell’uomo, così come espressi nel proprio vivere locale e/o nazionale.

La storia, oggi più che mai, si muove su di una scena completamente nuova; su di una scena dove si muovono indistintamente le culture globali del nostro tempo, contrabbandate come universalistiche, ma sempre più prive di un’origine fortemente determinata che è solo ed unicamente parte  dell’uomo e che è al centro e fa muovere le decisioni e le scelte degli ambiti delle civiltà con le loro specificità ed i loro antagonismi spinti al massimo al fine di far crescere accrescendolo il potere degli uni sugli altri per essere “da padroni”, in prima linea a scrivere la storia, raccontando le loro false verità, con i potenti sempre più violentemente potenti, unici protagonisti e con i deboli esclusi e/o naturalmente vittime del proprio essere nella storia che possono solo subirla, ma mai, assolutamente mai, pretendere di farla; una tale pretesa grida vendetta, in quanto lesa maestà nei confronti di chi è naturalmente chiamato a scrivere la storia, con le sue verità che, cammin facendo, diventano la storia e le verità di tutti; dei buoni e dei cattivi della Terra ormai indistintamente compresi nel mondo fortemente transnazionale che caratterizza sempre più il futuro della Terra, con protagonista l’uomo senza identità, senza appartenenza, confusamente classificato come “transnazionale”, come “globale”, come “cittadino del mondo”, purtroppo, senz’anima ed in tutto simile alle cose e/o al cibo di una cultura globale che, ammalata com’è di universalismo, le è stata tolta l’anima identitaria della propria appartenenza, della propria diversità umana, una necessità-ricchezza che serve al mondo per garantire il cammino delle civiltà umane; sarebbe un disastro per tutti, a voler cancellare il DNA delle diversità un danno grave che delegittimerebbe l’uomo incapace di riconoscersi e con la dovuta certezza rispondere alla domanda “ma io chi sono”.

Un chi sono che non può scomparire e/o essere cancellato, appellandosi al futuro transazionale del mondo che io accetto e mi ci riconosco, in quanto dimensione utile per un’umanità nuova, finalizzata ad un mondo universalmente migliore, ma che non accetto ed assolutamente rifiuto di riconoscermi, al fine di evitare di cancellare al mondo la ricchezza d’insieme delle differenze.

Così facendo, si avrebbe l’appiattimento umano del mondo che oggi si va sempre più nascondendo dentro le pieghe di una nascente e sempre più diffusa cultura globale, espressione di un’epoca storicamente nuova caratterizzata da un transnazionalismo che sta purtroppo, negativamente modellando il mondo contemporaneo con la clonazione di un uomo negativamente nuovo; di un individuo, un ibrido del nostro tempo, proiettato in un futuro in cui, cari uomini della Terra, può succedere di tutto e di più.

Io che saggiamente voglio per gli uomini della Terra, le magnifiche sorti presenti e future, con alla base, prima di tutto, la pace ed i diritti umani, non voglio disperatamente, un mondo nuovo fatto di un ibrido umano, in nome di false culture universalistiche, pensando ad una sempre più indistinta umanità d’insieme, assolutamente priva di identità, di appartenenza; in alternativa a questo grave pericolo per il futuro del mondo, non voglio un ibrido che, come l’OGM per i nuovi prodotti della Terra, produrrebbe falsi uomini nuovi; uomini geneticamente modificati nei comportamenti, con un fare fotocopia privo della ricchezza delle diversità, un arricchimento umano, insostituibile per la STORIA che ha bisogno, come sempre, di origini umane determinate da precise identità ed appartenenze.

Ne sono convinto per cui penso alla STORIA come prodotto umano di culture globali dalle forti radici identitarie locali-globali (glocal), senza cancellare le diversità, ricchezza del mondo presente e futuro, nelle sue crescenti dimensioni globali e di umanità transnazionali in cammino nel mondo per costruire da protagonisti di storia e nella storia, un mondo nuovo.