Università. Pasquino alza i tacchi

Michele Ingenito

D’improvviso lascia baracca e burattini e se ne va. Glielo ha ordinato il medico? No, Ciriaco De Mita. Eppure, anni fa, il magnifico ora un pò meno magnifico rettore dell’università degli studi di Salerno, il calabrese Raimondo Pasquino, aveva fatto il diavolo a quattro, tra fuochi e fiamme, per farsi rieleggere per la terza volta alla poltrona di rettore di quell’ateneo. Il senato accademico, che teneva in pugno, s’inventò un cilindro nuovo di zecca, con tanto di colomba accondiscendente, che partorì l’ennesima soluzione geniale pur di favorirne la candidatura per un terzo mandato.  Come? Variando lo statuto. Operazione delicata se non rischiosa, ma perfettamente riuscita. E ora, dopo tante polemiche e reiterate critiche che pure seguirono a questo comportamento irrituale men che democratico dei componenti di quel senato accademico e del loro stesso presidente (i.e., Pasquino), quest’ultimo cosa fa? Formalmente non si dimette, certo. Lo farà ad elezione avvenuta, napoletani d’accordo ovviamente. Ma nella sostanza le sue intenzioni tradiscono una decisione che possa dare corpo alla speranza. Andarsene per governare altrove, più in alto. Cerca nuova fortuna altrove. E che fortuna! Nella città in cui abita da cinquanta anni – Napoli. Come se fosse un titolo di merito o esclusivo, per darsi maggiore credito e credibilità elettorale insieme nella attuale rincorsa di primo cittadino a Palazzo San Giacomo. Certo, gli sponsor politici sono importanti: Casini, De Mita, Fini, Rutelli. Ci sarebbe voluto, però, un pò di maggiore coerenza nei confronti di chi, nonostante tutto (noi certamente no), all’epoca si lasciò convincere a rivotare il supercandidato uscente, quasi fosse l’unico degno di rioccupare sine die l’ambitissima poltrona di rettore. Pasquino è una volpe collaudatissima del potere. Strisciante al momento giusto  e per lungo tempo, abile nell’attesa pur di conquistare; fino a piazzare, poi, la botta finale. Incollandosi come nessun altro sullo scanno più alto ricercato e da lì costruendo la fittissima rete di potere che ne deriva. Va bene anche questo. Ma nel momento in cui si scatenano mari e monti per rimanere sul ponte di comando, non si tradisce un progetto poco dopo averlo realizzato, un ideale, un impegno, un mandato. Anche a costo di dire no ai propri padrini politici. Perché la sua partecipazione alla nuova titanica impresa– la corsa a sindaco di Napoli e la possibilità di essere comunque eletto – tutto è tranne che un’ipotesi virtuale.  Se si va al secondo turno, infatti, un possibile accordo tra UDC, FLI, PD, IDV ed altre forze minori di centro sinistra, potrebbe mettere a serio rischio le chances di Lettieri, candidato del PdL, a tutto vantaggio dell’outsider di turno. Dicasi Pasquino. In questa democrazia la decisione del rettore salernitano di mollare la città che lo ha fatto crescere dal niente rientra tra le regole del gioco. A maggior ragione se si considera che la nuova legge Gelmini sulla riforma universitaria recentemente approvata fa divieto ai rettori di ricoprire più di due mandati. Principio di natura retroattiva e che impone, quindi, allo stesso Pasquino di avviare prima o poi le procedure per la elezione del proprio successore. Sul piano formale, quindi, e in un certo senso anche sostanziale, la sua decisione è pienamente legittima. Ma, sul piano di una certa correttezza etica e umana, lascia molto a desiderare. Né serve a molto avere già ipotizzato una candidatura alternativa a lui per il campus di Fisciano, magari designata (scommettiamo?) dallo stesso principe in uscita. Anzi, sarebbe proprio questo il segnale pericoloso di quanto sia in crisi la nostra democrazia. In passato l’università di Salerno ha avuto fior di gentiluomini eletti al vertice accademico. Da Gabriele De Rosa ad Aristide Savignano, da Nicola Cilento a Roberto Racinaro, a Vincenzo Buonocore. Uomini di scienza e di cultura innanzitutto, prima che ‘amministratori’ illuminati, ma di passaggio. Fattisi da parte alla scadenza del mandato. Senza rincorrere il potere per il potere, senza servire padrini. Pasquino, invece, è riuscito là dove i suoi predecessori non avevano mai voluto andare. Ben oltre il tempo di comando.  Poi, nel bel mezzo dell’impresa che voleva dire mantenimento degli impegni assunti, cosa fa? Alla prima occasione utile purché migliore, lascia il treno in corsa da lui stesso lanciato e se ne va. Tradendo, così, in pieno, sotto il profilo morale e umano se non altro – e diteci se è poco – l’impegno assunto e divulgato all’epoca a titoli e titoloni di prima pagina e che avrebbe dovuto rispettare fino alla elezione del successore. Indipendentemente se a breve o a più lunga scadenza attese le lungaggini burocratiche che faranno comunque seguito alle sue dimissioni come per legge. Amarezza, delusione e recriminazione, quindi, per i grandi elettori che lo avrebbero voluto al posto di comando fino alla soluzione burocratica del mandato previsto dalla legge-Gelmini. Sensazioni evidentemente non percepite dall’orecchio sordo di chi non ha più interesse ad ascoltare, concentrato com’è sull’onda lunga di un nuovo e più ambito miraggio, unica vera ninfa di chi ama esclusivamente il potere, al quale spesso e volentieri si concede.

 

 

   

 

4 pensieri su “Università. Pasquino alza i tacchi

  1. Egr. Prof. Ingenito,

    ho letto con molta attenzione il Suo articolo. Tuttavia, non sono stato in grado di comprendere se il rettore si sia dimesso dalla carica (come presumo abbia inteso Bea) oppure abbia semplicemente accettato la candidatura a sindaco di Napoli. La seconda ipotesi era nota da tempo. Il Suo intervento è però apprezzabile nel contenuto; in esso si riconosce la profonda conoscenza che Ella ha dei fatti interni al nostro ateneo.
    Vorrei commentare, poi, se permette, una Sua frase molto efficace: “Una democrazia libica, che si passa la mano, ma sempre all’interno della medesima tribù”. Ella forse pensa ad un disegno egemone che possa protarsi nel tempo, oppure ad un momentaneo affievolirsi dei canoni democratici che hanno in passato caratterizzato la vita dell’ateneo salernitano? Dopotutto Ella stessa, parlando di illustri uomini di scienza che Salerno ha avuto la fortuna di ospitare, sembra confermare lo svolgersi di una vita universitaria retta da ‘amministratori’ illuminati. E se quel timore sottile esiste (ossia, che possa perpetuarsi una “democrazia libica” – mi permetto di citarLa) esisterà pure una speranza di ritrovare, tra le persone che affollano le aule dell’ateneo salernitano, altri galantuomini o (perché no!) altre gentildonne che possano dare, innanzitutto agli studenti, la certezza di un corretto andamento della ricerca e della didattica tra le mura della mega-struttura di Fisciano? Le chiedo questo perché confido nella conoscenza che Ella ha dei fatti e perché vorrei continuare a credere nella possibilità di respirare l’aria di una sobria “democrazia italiana”, fondata sul rispetto delle regole e sul riconoscimento del merito individuale, al di là delle appartenenze ad una “tribù” -cito ancora Lei – piuttosto che ad un’altra.
    La ringrazio in anticipo della Sua attenzione e Le auguro buon lavoro.

    Roberto De Luca

  2. Suvvia, non sottilizziamo… (mi riferisco all’errata-corrige). L’egemonia pasquiniana è davvero finita? Mah! sono scettico sul fatto che questo individuo “si riposi”: ha già fatto tanto … Ma se proprio Pasquino “alza i tacchi” non sarà che tante brave persone metteranno al suo posto quello stimato preside di facoltà che fu fermato per una faccenduola di perizie usufruendo per poco dell’ospitalità in carcere? Nella nostra repubblica dove l’interesse non è catturato da Arti e Scienze ma da bassa politica nazionale e locale la morale è quella del re travicello.
    Roller

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