Sarno: lo scrittore Mario Senatore a ricordo dell’alluvione del 5 Maggio 1998…

GLI  DEI  DI  SARNO

 Un giorno, tanto tempo fa, le Divinità della zona di Sarno, stanche della strafottenza, dell’arroganza, del cinismo, dell’arrivismo, insomma della mancanza di rispetto degli uomini, si recarono da Giove per lamentarsi di ciò.

Il Dio dei boschi disse “L’uomo, per soddisfare la sua infinita vanità e nella spasmodica ricerca di simboli di ricchezza e di potere ha tagliato alberi senza criterio ed ha avvelenato l’ambiente in cui essi vivono”.

Il Dio dei fiumi aggiunse “L’uomo, nella sua miopia e nel suo sconfinato opportunismo e per sete di ricchezza ha deviato fiumi, li ha resi aridi e vi ha costruito case e fabbriche, ne ha inquinato le acque ed ha cementificato i canali”.

Il Dio dei monti, rappresentato alla riunione da SARO, figlio del Dio “Appennino”, in quanto più direttamente interessato al problema perché proprio il monte che sovrasta Sarno, disse “Io non ne posso più! L’uomo scava sui miei fianchi, mi sventra senza ritegno e non sale più sulle mie pendici e non mi accarezza più con il suo lavoro e non mi ama. Egli mi offende e mi umilia in un irresponsabile abbandono!”.

GIOVE PLUVIO rispose loro:”Il vostro risentimento è legittimo ma ora dovete ascoltarmi!

L’uomo è una creatura intelligente ma anche presuntuosa. Diamogli tempo perché usi l’intelligenza e si ravveda, che assuma comportamenti più responsabili e, grazie a leggi più adeguate (che, se vuole, può darsi) torni ad avere rispetto per te DIO DEI BOSCHI, per te DIO DEI FIUMI, e per te SARO, Montagna di SARNO.

Se, invece, egli NON userà l’intelligenza, accecato dalle effimere mète che vuole raggiungere nella sua misera esistenza, sarà posseduto dalla presunzione che gli farà credere di poterci ignorare, offendere e dominare.

In questo caso la punizione sarà severa! Io appoggerò la vostra vendetta e, nel momento che essa dovrà colpire, sarò con voi.

Ora pazientate e preparatevi! Se continueranno le offese nei vostri riguardi, agiremo così:” Dovremo coglierlo di sorpresa ed allora io, GIOVE PLUVIO, farò appostare grosse nuvole sopra di te MONTE SARO. Verso sera aprirò le cateratte e, sotto l’acqua che ti cadrà addosso, ti scioglierai e scivolerai verso valle portando con te quanto più materiale potrai, a costo di spellarti e ferirti lungo il tuo corpo rugoso.

Tu, DIO DEI BOSCHI, ancorché impossibilitato a farlo in maniera valida, non opporre la seppur minima resistenza coi tuoi pochi alberi che ancora vivono sul monte Saro ed anzi falli precipitare giù verso i paesi in modo da aggiungere alla nostra, altra potenza devastatrice”.

Tu, DIO DEI FIUMI, ci farai da guida per mezzo dei tuoi antichi alvei prosciugati, strozzati, ostruiti e distruggeremo e trascineremo ogni cosa che troveremo sul nostro cammino riducendo anche gli uomini a massa distruttrice  e poi tracimeremo ed invaderemo case e strade e tutto inghiottiremo nella nostra rabbiosa bava.

L’azione dovrà essere spietata e subdola come quella dell’uomo nei nostri confronti  e dovrà essere rapida e silenziosa in modo che non vi sia un allarme simultaneo e che, mentre noi devastiamo una zona, l’altra accanto l’ignori o non la valuti nella sua giusta portata.

Molti uomini moriranno e ciò porterà nel cuore dei vivi sconforto, lutto, dolore e creerà tra essi scompiglio e, forse, anche autocritica (magari tardiva ed ipocrita). Diranno di noi che siamo divinità cattive ed invece noi siamo SOLO delle DIVINITA’ che NON possono permettere all’uomo, che, nella sua cieca vanagloria e presunzione, si sostituisca a loro.

L’uomo può fare grandi cose ma per farle DEVE saper dominare se stesso e deve impedirsi di offenderci ed umiliarci. Se vorrà sopravvivere, l’uomo dovrà attingere alla fonte della memoria e riprendere ad onorarci e rispettarci. Egli, se userà l’intelligenza, comprenderà che non potrà mai ignorarci o, peggio ancora, dominarci. Egli è UOMO e quindi mortale; NOI SIAMO DEI e siamo eterni.

Noi siamo l’aria, l’acqua, i boschi, i monti, i fiumi…..e quando non saremo più,   NON sarà neanche l’UOMO!

Ai martiri di Sarno (Eroi dell’alluvione)

 

Al cielo son tese

le braccia

di aerei eroi

vestiti di luce.

Al cielo son spinte

e levano i cuori

in supremo gesto d’amore

al fratello caduto,

nell’ultima domanda d’aiuto.

Non urlo s’intende

-nell’incanto di estro sublime-

pur se il vuoto n’è groviglio di eco lontana.

L’uomo si ergeva

-nel momento funesto-

tal quale, da sempre,

nel percorso di vita:

gigante d’essenza,

di ruolo,

di scienza.

Fedele all’ippocratico impegno,

lasciò all’umanità un segno:

coraggio,

fedeltà,

amore…

                                         Mario Senatore