Il Vangelo della Domenica commento Abbazia della Scala

Giovanni Cap.18, 33—37 “Tu lo dici: io sono re.”

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».  Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».  “Parola del Signore”  “Lode a Te, o Cristo”

Meditazione a cura di Padre  Antonio  Cassano Abbazia Madonna della Scala

La missione di Gesù termina con la morte in croce, la sepoltura e la gloriosa resurrezione, ma questo grande evento viene ricordato solennemente dalla Chiesa il giorno della Pasqua che questo anno si celebrerà il 4 aprile prossimo. Oggi termina, invece, il cosiddetto anno liturgico, ossia il percorso che i credenti compiono idealmente accanto a Gesù, ‘vedendolo’ agire e parlare attraverso il vangelo ascoltato nella celebrazione eucaristica. Oggi, dunque, siamo alla conclusione. E come termina il nostro cammino? Nella proclamazione, da parte della Chiesa, di Gesù, Re dell’universo. Da dove questo titolo e perché? Andiamo all’episodio. Gesù, dopo l’ultima cena consumata con i suoi, va con loro al di là del torrente Cèdron, nei pressi della città di Gerusalemme, in un giardino, e qui viene catturato dalle guardie dei sommi sacerdoti e dai farisei (cfr. Gv 18,1-3). Portato davanti al sinedrio, la massima autorità religiosa e giuridica del popolo ebraico di allora, è condannato a morte ma, essendo la regione sotto il dominio romano, la pena capitale – lo jus gladii, il diritto della spada – Roma lo aveva riservato a sé (cfr. Gv 18,28-32). Ecco perché Gesù viene portato davanti al procuratore Pilato. «Sei tu il re dei Giudei?» domanda Pilato. L’accusa imputata a Gesù, anche se qui non è esplicita, è quella di rivolta poiché nelle colonie romane non ci può essere alcuna autorità senza l’approvazione di Cesare. Gesù non afferma, né smentisce: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Gesù rimanda la domanda per sapere se è una sua affermazione o se l’ha sentita da altri. Pilato, allora, prende le distanze: «Sono forse io Giudeo?», e ripropone la domanda in altri termini: «Che cosa hai fatto?». Gesù risponde parlando di un suo regno e dei suoi servitori. Pilato conclude: «Dunque tu sei re?». Gesù afferma nuovamente la sua regalità e, anzi, che è nato per essere re e per testimoniare la verità, per cui: «Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Pilato aggiunge: «Che cos’è la verità?». Il centro dell’interrogatorio, dunque, è la regalità di Gesù e chi la riconosce. La parola ‘re’ deriva dal latino rex ed ha relazione con il verbo latino régere ossia ‘reggere, governare, dirigere, guidare’. Il re, dunque, è colui che regge un popolo, lo governa e guida. Riconosce Gesù come re chi gli attribuisce queste qualità e fa di Lui il proprio punto di riferimento perché trova, nelle sue parole e nel suo esempio, guida e sostegno della propria vita. Inoltre, per aver riflettuto e sperimentato, valuta le parole di Gesù, e il suo esempio è verità non solo per sé ma anche per tutti gli uomini e le donne, per l’universo intero.   

 

 

 

 

 

Padre  Antonio  Cassano abbazialascala