Crisi del dialogo nel Paese

Giuseppe Lembo

La crisi del dialogo, del confronto ha impoverito anche il modello culturale del Paese. La società è priva della capacità di uno stare insieme solidale che rappresenta una risorsa per il pensare positivo ed il guardare al futuro con fiducia, evitando la paura che ha impoverito sia le coscienze dei singoli che la coscienza critica della famiglia e dei cittadini più in generale. Nella confusione del tutto contro tutti, si è auto delegittimato il ruolo di gestione dei nuovi fenomeni sociali, creando così un distacco crescente con gli altri paesi che sanno guardare avanti e preoccuparsi di costruire in modo intelligente il futuro. Le conseguenze sociali sono gravi; c’è una incapacità diffusa di pensare positivo e di vivere nel rispetto degli altri. Prevale il familismo amorale; prevale la mancanza di solidarietà ed in modo diffuso, il non riconoscimento dei diritti civili sanciti dalla carta dei diritti universali dell’uomo e della nostra stessa costituzione. C’è indifferenza per i nuovi fenomeni sociali; sono in balia di se stessi; non si riesce ad esprimere ed a garantire la solidarietà sociale ed il riconoscimento dei diritti civili. Sono sempre più in forse i diritti fondamentali dell’uomo. È prevalente lo spirito egoistico del “si salvi chi può”. C’è un vero e proprio clima di libertà anarchica. Si è fortemente indebolita anche la laicità dello Stato; le incursioni del mondo cattolico, nelle cose dello Stato italiano, attraverso la sua rappresentanza papalina, diventano sempre più frequenti. Non c’è più quella dignità e quella forza di un paese che sa pensare al proprio futuro, alla dignità dell’uomo in assoluta autonomia e nell’interesse di tutti, senza differenze di genere, di religione e/o di censo. Di fatto, nel nostro Paese, dove è fortemente presente il modello di società dal linguaggio aggressivo, c’è assoluta mancanza di libertà (quella vera); c’è carenza di dinamismo; c’è solitudine; c’è mancanza di dialogo. Un Paese così fatto, cosa si aspetta dal futuro? Cosa pensa di fare per cambiare il corso delle cose e tendere la mano ai tanti in difficoltà ed in forma crescente, sempre più vicini alla soglia di povertà che fa aumentare la differenza tra chi ha e chi non ha, tra chi vive nel benessere e chi ha sempre meno ed è privo del necessario per vivere dignitosamente sempre più spesso, semplicemente per sopravvivere. Oggi il mondo, dal locale al globale, deve costruire insieme un modello di vita sociale basato sulla solidarietà e sulla condivisione. È necessario per riallineare gli squilibri sociali, economici e culturali che sono ancora presenti ovunque nel mondo e rappresentano una vera dannazione in tanti luoghi della Terra, dove ancora si muore per fame nella più assoluta indifferenza di chi ha il dovere di combattere la fame, dando il cibo necessario agli uomini in condizioni di forte povertà. In Italia la società del linguaggio aggressivo è figlia di una diffusa condizione di immoralità; la deriva morale nel mettere il silenziatore all’etica condivisa, ha pensato di alzare la voce e di renderla austera e credibile attraverso il linguaggio aggressivo, come utile espediente per nascondere l’immoralità dilagante, sempre più meno condannata. Come andrà a finire? Anche a non voler essere catastrofisti, c’è, comunque, da pensare al peggio; c’è da vedere, dietro l’angolo, una deriva dalle conseguenze catastrofiche, con il crescere dei corrotti a danno di quella società sana ormai senza voce.