Chi ha paura dei matrimoni gay?

Angelo Cennamo 

Ma con tutti i problemi economici che abbiamo e con il Paese che annaspa nella recessione, chi se ne frega adesso dei matrimoni gay? Il sottoscritto non di certo. Anzi, fosse per me, il matrimonio lo toglierei anche agli etero. Ma non si vive di solo spread, e se finanche la Chiesa di Francesco in questi giorni dedica all’argomento uno spazio inconsueto, tra i dubbi e i sospetti dei cristiani più ortodossi, vuol dire che forse è arrivato il momento di affrontare una discussione seria e approfondita come non è stato mai fatto prima. Mai fatto prima in Italia, intendo. In questi giorni sta suscitando non poche polemiche una circolare del ministro Alfano che ordina ai Prefetti la cancellazione delle trascrizioni nei registri dello Stato civile dei matrimoni celebrati tra persone dello stesso sesso, nei paesi stranieri. Alfano ne fa una questione di diritto, e forse non sbaglia. Ma il messaggio politico sotteso alla decisione di mr quid, giunta nelle stesse ore – più o meno – in  cui Berlusconi invita a cena, a casa sua, Vladimir Luxuria, sembra essere chiaro: cari elettori di destra, Ncd difende la famiglia tradizionale, Forza Italia no. Se Alfano, almeno stavolta, l’abbia imbroccata o meno, lo scopriremo nelle prossime settimane, sondaggi alla mano. Quello che però ci importa capire è per quale ragione, nell’anno 2014, l’Italia debba essere l’unico Paese europeo, insieme alla Grecia credo, a non avere una normativa che disciplini le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Ad onor del vero, chi mastica un po’ di diritto privato potrebbe obiettare che di tutele per simili convivenze il codice civile ne prevede diverse, dal testamento alle polizze assicurative. Giusto. Ma si tratta pur sempre di surrogati che non affrontano il vero nodo della questione : il riconoscimento dell’unione, in quanto tale, e la discriminazione, reale o percepita che sia, per chi intenderebbe conferire alla propria convivenza di fatto un’autentica dimensione familiare. E allora, senza ipocrisia, sarebbe il caso di discutere non già di unioni civili, ma di matrimonio vero e proprio. Cosa ci impedisce di legiferare in tal senso? Il rischio forse che il nuovo “istituto” possa dare il colpo di grazia alla famiglia tradizionale, già sgangherata e travagliata dalle nuove declinazioni post-divorzili? In che modo possa minare la concezione della famiglia classica, quella formata da un uomo e una donna, un’altra costituita da persone dello stesso sesso, è più difficile da spiegare che da capire. L’impressione, piuttosto, è che si voglia vietare il matrimonio gay facendo leva su un giudizio di valore legato all’omosessualità. Ma il negare, come è giusto che sia, che l’essere gay sia contro natura e che tale condizione o stile di vita sia scandaloso o immorale, non può certamente tradursi nella perpetuazione di un simile divieto, a questo punto, discriminante. In conclusione,  Alfano ha scelto di essere di destra nel momento meno opportuno. Berlusconi, forse, sta cavalcando l’onda giusta.

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