L’ ascetismo meccanismo di difesa, “scelta” di vita

 Giovanna Rezzoagli

In psicologia dinamica si osservano i cosiddetti “meccanismi di difesa”. Un meccanismo di difesa è una funzione propria dell’Io attraverso la quale questa istanza psichica si protegge da eccessive richieste libidiche o da esperienze di pulsioni troppo intense, che non è in grado di fronteggiare direttamente. Lo studio dei meccanismi di difesa è introdotto da Sigmund Freud ed è stato condotto da diversi psicoanalisti; in particolare sono di ampio rilievo i contributi della figlia di Freud, Anna Freud nel suo libro “L’Io ed i meccanismi di difesa”. La teorizzazione dei meccanismi di difesa è mutuata dall’esperienza clinica di vari psicoterapeuti, nell’osservazione delle più comuni reazioni dei pazienti ad esperienze particolarmente penose o considerate insuperabili, ma anche nei confronti di situazioni relazionali comuni, che però creano difficoltà nell’integrare la sfera delle pulsioni e quella morale. Un meccanismo di difesa entra in azione con modalità al di fuori della sfera della coscienza: di fronte ad una situazione che genera eccessiva angoscia, ad esempio, l’Io ricorre a varie strategie per fronteggiare l’estrema portata ansiosa dell’evento, con lo scopo preminente di escludere dalla coscienza ciò che è ritenuto inaccettabile e pericoloso. Le difese specifiche sono legate ai tipi di personalità o in alcuni casi ai disturbi di personalità specifici, i meccanismi di difesa possono essere considerati secondo un’organizzazione gerarchica dai più primitivi ai più maturi: i meccanismi di difesa primitivi si ritrovano nell’organizzazione borderline, i meccanismi di difesa di alto livello si hanno nell’ organizzazione nevrotica, i meccanismi di difesa maturi si hanno nell’ organizzazione sana. L’ascetismo è annoverato comunemente tra i meccanismi di difesa maturi. In questo particolare meccanismo gli effetti piacevoli delle esperienze sono eliminati. C’è un elemento morale nell’assegnare valori a pia­ceri specifici. La gratificazione deriva dalla rinuncia e l’ascetismo è diretto contro tutti i piaceri di base per­cepiti consciamente. In ambito filosofico l’ascetismo è quella dottrina spirituale che predica il distacco dagli eventi del mondo, dalle passioni e dagli istinti attraverso la pratica dell’isolamento, della meditazione, della preghiera e del digiuno. Attraverso l’ascesi l’uomo abbandona il superfluo per concentrarsi sulla propria interiorità e sulla propria spiritualità, vero scopo per chi aderisce a questa scelta. Inizialmente riferito alle regole di vita degli atleti greci (a cui si riferisce il significato originario di “esercizio”), il termine inizia a inerire alla pratica spirituale e morale con i pitagorici, i cinici e gli stoici, ponendo le basi per dogmatizzare (in contesto religioso), in epoca medievale, il concetto di ascesi come mortificazione, spegnimento delle passioni, abbandono del superfluo. Anche la religione cattolica parla della vita ascetica, definendo l’ascetismo  come l’esercizio attraverso il quale attuare l’unione dell’anima con Dio. La Chiesa ha spesso parlato dei grandi asceti, che toccando le più alte sfere della perfezione cristiana, hanno impresso orientamenti nuovi nella vita dei popoli: si pensi a S. Benedetto, a S. Bernardo, a S. Francesco d’Assisi, a S. Domenica, a S. Caterina da Siena, a S. Ignazio, a S. Teresa. Quindi ascetismo come difesa o come scelta di vita. Ma dove si evidenzia il confine? Spesso è talmente labile, posto che esista veramente, da essere impercettibile.

 

 

5 pensieri su “L’ ascetismo meccanismo di difesa, “scelta” di vita

  1. nel vangelo c’è la parabola di uno che in un campo trova una perla di gran prezzo, vende tutto quello che ha per comprare quel campo ed impadronirsi della perla. Esiste un ascetismo sano e santo di colui che per amore di Dio e per realizzare una missione di vita rinuncia, certamente non con facilità, alle pulsioni di base cone la sessualità genitale e la paternità… ed esiste un ‘ascetismo malato di chi si rifugia nella religione per non affrontare i problemi e le sfide della vita…In realtà l’ascetismo patologico è un grande inganno perchè i problemi che non si affrontano prima o poi ritornano all’ennesima potenza… con la vita nessuno può bleffare… Essa è estremamente crudele con coloro che non la vogliono affrontare!

  2. La via dell’ascesi, sia come difesa che come scelta di vita, sembra la più evitata al giorno d’oggi, anche se non mancano le eccezioni (esistono tuttora monache di clausura e frati trappisti. A volte mi sorprendo a riflettere sugli asceti “per necessità”, come i detenuti condannati al carcere duro, o gli internati nei tanti, nei troppi lager sparsi nel mondo. E quando ci penso mi passano tutte le ubbie e mi chiedo che cosa ho fatto per meritare la vita comoda che, tutto sommato, sto vivendo, e mi pongo qualche domanda sulla giustizia di questo mondo. E se penso a una mistica laica come Simone Weil che ha rifiutato di curarsi e si lasciò morire d’inedia nel sanatorio di Ashford nel Kent, a trentaquattro anni, per solidarietà con i compatrioti francesi della zona occupata e con tutti gli altri combattenti contro Hitler, mi chiedo fino a che grado di ascetismo può giungere un’anima votata ai carismi più alti.
    E naturalmente mi chiedo a quali carismi io mi sia votato, e non so che cosa rispondere. Aspetto che un’anima buona mi risponda, ma so che non dovrei, non dovrei aspettare da qualcuno (o qualcuna) una risposta che può venire solo dal profondo di me stesso. Sempre che questo profondo me stesso ci sia e che abbia voglia di rispondermi.
    Mi rendo conto di aver scritto un commento un po’ criptico, ma mi è venuto così e non altrimenti, dopo aver letto il tuo bell’articolo ascetico.
    Fulvio Sguerso

  3. Gentili Commentatori, innanzitutto grazie per la cortese attenzione prestata al mio scritto.Era nelle mie intenzioni portare il lettore a riflettere su quanto sia complesso e variegato l’insieme delle spinte, conscie e inconsce, che motivano il nostro agire. Parlando dell’ascetismo ho voluto affrontare uno dei molti meccanismi di difesa che proteggono il nostro equilibrio. In particolare questo meccanismo di difesa si configura come “maturo”, riconducibile al livello più elevato della coscienza.Ho trattato questo argomento perchè la figura dell’asceta è facilmente individuabile nel bagaglio nozionistico comunemente diffuso. Questa precisazione non depaupera il contesto di argomentazione: quello del comportamento umano. Io non mi permetto nel modo più assoluto di esprimere giudizi in merito alla salubrità o alla patologicità del comportamento ascetico. E’ un comportamento.Punto. Per la mia formazione personale e professionale non giudico, ma mi interrogo ed osservo. Credo che ogni elemento della nostra vita sia da porsi in relazione al vissuto di ognuno e, pertanto, che non esista un “bene” od un “male” in senso assoluto. Ognuno ha la sue risposte alle domande che abbiamo in comune.La tolleranza consta, a mio parere,nell’accettare le diverse argomentazioni.Nessuno di noi è l’ombelico del mondo, ma tutti abbiamo un ombelico. Anche io sono probabilmente criptica, caro Commentatore, ma spero di essere più chiara quando affermo che la mia libertà finisce dove inizia la tua.
    Con apprezzamento per lo scambio di vedute, profiquo,a mio parere, di per se stesso. Cordialmente.
    Giovanna Rezzoagli

  4. gentile Giovanna Rezzoagli lei ha terminato il suo articolo citando alcuni grandi santi del Cattolicesimo, chiedendosi se l’ascetismo “era scelta di vita o difesa di vita”…Affermando in seguito che ” il confine è assai labile, posto che esista veramente”. Io ho fatto notare che l’albero si riconosce dai frutti e che l’ascetismo sano e santo è dimentico di se stesso, dei suoi comodi e cerca la gloria di Dio e realizza con determinazione una missione fatta con sacrifici e rinunzie che è un vero martirio… l’ascetismo patologico è di colui che con la scusa di Dio o della religione difende le sue paure e i suoi comodi e certamente non è quello dei santi della Chiesa. Non capisco se si getta il sospetto sui grandi uomini e donne della fede perchè si è problematici caratterialmente o lo si fa per metodo di ricerca relativista… Lei ha citato san Francesco, santa Caterina da siena, san Bernardo, santa Caterina da Siena ecc ecc.. che sono considerati dalla Chiesa Cattolica Dottori, e sono considerati con profondo rispetto e ammirazione dalle altre religioni. Mi scusi se mi permetto, ma lei ha studiato la vita e il pensiero di questi santi? Quelli che lo hanno fatto, anche senza essere necessariamente cattolici, non hanno alcun dubbio sull’autenticità del loro ascetismo.

  5. Gentilissimo Don Marcello Stanzione, mi sono permessa di citare i nomi di alcuni grandi Santi solo ed unicamente perchè, a mio avviso, essi hanno rappresentato in modo significativo il vivere in regime di rinuncia, lasciando una profonda traccia del loro vissuto.Nessun sospetto mi permetto di insinuare. Forse non avrò saputo esprimere in modo compiuto il pensiero che animava il mio scritto, e di questo mi scuso. Mio intento era indurre il potenziale lettore ad interrogarsi, ad analizzare in senso critico uno dei tanti modi di essere. Per poter meglio “guardare” in se stessi. Lei ha analizzato in senso critico negativo e mi chiede se ho studiato la vita ed il pensiero dei Santi citati. Le rispondo che so molto poco della loro vita e molto poco del loro pensiero, perchè non ho mai avuto occasione di approfondire le poche nozioni che posseggo. Ma, ad esempio, sono rimasta sempre tanto affascinata dalla figura di San Francesco col suo amore per tutte le creature. Sono cresciuta con una biografia a fumetti di Santa Teresa Di Lisieux, la ho sfogliata tante volte da aver consumato le pagine. Madre Teresa di Calcutta, sacrificare tutto, mettersi ogni giorno a contatto con ogni male, non credo di riuscire a trovare le parole per esprimere l’ammirazione per questa grande Figura.Forse Lei ha inferito che io sia una persona atea o, perlomeno agnostica. Si sbaglia. Nel mio scritto infine sostenevo che forse tra ascetismo come meccanismo di difesa e ascetismo come scelta di vita il confine sia molto labile. Dal mio punto di vista ognuno si difende dal dolore della vita, prima o poi tutti soffriamo. Ma esiste un modo sano ed uno malato di difendersi? Io non credo che sia offensivo o riduttivo, ne tantomeno patologico, difendersi dal dolore abbracciando una vita di sacrificio, credo che ci voglia molto coraggio ed un altissimo livello di autodeterminazione. Il mio scritto voleva solo trasferire questo messaggio, senza nessuna polemica.Diverso è il caso della persona che si autoinfligge limitazioni in contesto psicopatologico, ad esempio nel caso di un soggetto che soffre di anoressia e non si nutre per una alterata percezione della sua condizione fisica. Ma questo è un ambito diverso e certamente patologico.Spero di aver risposto ad suo disappunto in maniera esaustiva, come già avevo scritto nel mio precedente commento non mi permetto mai di giudicare il modo di vivere di nessuno, prima di tutto per la persona che spero di essere, ma anche perchè certamente non sarei io a scagliare una pietra contro nessuno, mai, nemmeno se fossi senza peccato. Grazie per lo scambio di opinioni e per l’attenzione dimostrata. Cordialmente. Giovanna Rezzoagli

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