Salerno: Andria, una risposta per le politiche sociali

L’esperienza dei Piani di Zona per i servizi alla persona ha fatto marcare negli anni passati un positivo primato alla provincia di Salerno: il primo modello fu studiato ed avviato nell’Agro nocerino-sarnese prima ancora che entrasse in vigore la legge 328 del 2000. Successivamente, costituiti gli Ambiti territoriali, l’intero territorio del salernitano fu interessato dal nuovo profilo di “welfare locale”. Nel tempo tali strumenti si sono consolidati, sono maturate le professionalità a vario titolo impegnate, è cresciuto il patrimonio di conoscenze e di competenze. Ciò che più conta, si è stabilizzato un servizio reale e costante all’utenza che, a giusta ragione, considera di poter contare su un punto di riferimento saldo, anche fisicamente individuabile nei centri e nelle strutture di cui ciascun territorio dispone, cosí come attraverso l’assistenza domiciliare che per taluni casi viene garantita con continuità.
Oggi, e non da oggi, vi è un fermento all’interno delle varie fasce di cittadini che fruiscono di tali servizi e delle loro famiglie, ed è giustamente crescente la preoccupazione tra le operatrici e gli operatori del settore socio-sanitario. Tutti vedono incombente il rischio della dissoluzione di quel patrimonio e non riescono ad individuare la risposta alternativa alla domanda che è sempre più urgente e non rinviabile. S’intende che i Sindaci non possano che farsi carico della difficoltà e che, particolarmente nella fase attuale i Comuni non dispongano di mezzi, innanzitutto finanziari, per esercitare ruoli di supplenza. Sono state da tempo attivate diverse  iniziative sui territori, dagli Enti Locali, dalle Organizzazioni sindacali, dai Partiti politici e dal PD in particolare, trovando eco anche in interrogazioni ed interventi di consiglieri regionali, atteso che – naturalmente – il problema interessa l’intero contesto campano. Giovedì 11 il Sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, in un’apposita conferenza stampa, ha denunciato l’impossibilità ad erogare i servizi alla persona oltre la fine di maggio, chiamando a responsabilità la Regione. È evidente che tale scenario va moltiplicato per i 158 comuni della provincia di Salerno, ed anzi per i 551 della Campania. Del resto si ricorderà che non più di qualche settimana fa l’Assessore di riferimento, On. Ermanno Russo, minacciò le dimissioni in caso di perdurante inadeguatezza degli affidamenti finanziari per le politiche sociali. Proprio giovedì, cioè   stesso giorno dell’iniziativa di De Luca, la maggioranza che regge il Governo regionale ha preannunciato un’ipotesi di parziale soluzione, salvo a presentarla in Consiglio la prossima settimana. Al di là della risposta – peraltro insoddisfacente, che dovrà anche tener conto della debitoria nel frattempo accumulata verso gli Ambiti, e dalla indeterminatezza temporale delle relative disponibilità – probabilmente si presenta un’altra opportunità che andrebbe immediatamente esplorata.  Il CIPE con delibera n. 113 del 26 ottobre 2012 ha autorizzato l’impiego di fondi europei provenienti da diversi programmi operativi dei Fondi strutturali 2007-2013 destinati all’area dell’Obiettivo Convergenza,  individuando il Ministero dell’Interno  come l’amministrazione responsabile dell’attuazione del programma, mentre beneficiari sono “raggruppamenti di enti locali”. Il PAC, piano di azione e coesione, che conta su una cospicua dotazione finanziaria (730 Meuro), si riferisce ai servizi di cura all’infanzia e agli anziani non autosufficienti. Il riparto prevede l’assegnazione alla Campania di circa 118 milioni per la “prima infanzia” e di circa 96 milioni per “gli anziani non autosufficienti”. L’autorità di gestione (cioè il Ministero dell’Interno), con decreto n. 3 del 20 marzo 2013 ha adottato il Documento di Programma.Perché dunque la Regione non si attiva con assoluta tempestività per intercettare questa opportunità e rassicurare gli utenti, gli operatori e gli enti locali?

 Alfonso Andria