La casta siamo noi

Angelo Cennamo

Dal dizionario della lingua italiana Garzanti, Casta : “Categoria sociale o professionale che si mantiene chiusa e compatta nella difesa dei propri interessi e privilegi”. L’espressione, rilanciata in tempi recenti dall’omonimo best seller scritto dagli inseparabili Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, spopola su tutti i giornali a seguito della manovrona finanziaria varata dal ministro Tremonti per rassicurare i mercati internazionali e l’Unione europea sulla tenuta dei nostri conti pubblici. Si è scritto e parlato nuovamente di casta perchè tra le righe di quel documento, che contiene numerosi inasprimenti fiscali e nuovi oneri per i già tartassati cittadini dei ceti medio-bassi, non figurano tagli degni di nota ai privilegi della nostra classe politica. La quale, stando ai numeri, sembrerebbe la meglio retribuita al mondo ed anche la più pletorica! E non basta fare riferimento ai singoli ruoli, spesso accorpati con doppi o addirittura tripli incarichi : la casta, infatti, si compone di mille faccendieri, consulenti, portaborse, amici degli amici e simpatizzanti ( quella del simpatizzante, ad esempio, è la figura più subdola : si muove nel sottobosco, non lascia traccia, ma, prima o poi, il favore per lui o per un suo familiare lo becca sempre, specie in prossimità delle elezioni. E se non lo becca, passa dall’altra parte, e pure lui comincia a dare addosso alla casta). Insomma, un piede nella casta ce lo abbiamo tutti. E chi non lo ha, rosica dall’invidia perchè ce lo vorrebbe avere. Dunque, bando all’ipocrisia e arriviamo al punto. In un paese fatto così, dove la scorciatoia o la tutela oltre il dovuto, è una prassi consolidata. Dove l’espressione “responsabilità” suscita angoscia e ribellione, come può diventare terreno fertile per una autentica politica riformista? Proviamo ad immaginare, solo per sommi capi, una possibile catena di comando : i vertici del governo, il capo dello Stato, il parlamento, la corte costituzionale, l’ordine dei magistrati con le sue propaggini ( csm, anm…..), i sindacati, la confindustria, la confcommercio, gli Ordini professionali, le banche, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, gli ambientalisti, gli editori della grande stampa, la Chiesa, ed ancora la costituzione del 1948 ( nel ’48 non esisteva neppure la televisione, e noi siamo sovraordinati da un fossile scritto quando mio padre, oggi ultrasettantenne, aveva 7 anni! ). Quante voci, quanti interessi, spesso inconciliabili tra loro, quante caste : come si rigenera un paese come il nostro, così frammentato, segmentato e restio alle deleghe in bianco? Come lo inverti il trend? Come lo fai crescere quel dannato pil, se ognuno di noi, nel suo piccolo, pone i suoi inderogabili veti? La verità è che “la casta” siamo tutti noi, nessuno si senta escluso. Dal forestale calabrese all’avvocato di Bologna, dal parrucchiere di Mestre al cacciatore di Belluno, ognuno di noi vive aggrappato alla sua piccola rendita di posizione, nella speranza di essere salvato dal libero mercato. Quello sì sarebbe una iattura

11 pensieri su “La casta siamo noi

  1. In linea di principio, potrei anche convenire, ma, …, proprio no, non siamo tutti uguali, il tutti colpevoli nessuno colpevole proprio non va bene. Non esiste casta, non esiste collettivo che deve sopperire e tutelare l’individuo che pecca penalmente, moralmente e socialmente.
    Ci sono territori dove il compromesso sociale ed economico avviene a livelli di moralità e di decenza intollerabili.
    Secondo Lei, senza troppi giri di parole, quale che sia la casta di appartenza (politica, di corpo), indipendentemente dai profili penali, è tollerabile che sul caso Ruby un parlamento possa votare che “B. ha agito temendo un conflitto internazionale?
    Che la “collettività” debba sentirsi rappresentata da un Presidente di Provincia che, nell’ordine, è referente di Cosentino, afferma di stimare Citarella, si dichiara all’oscuro delle faccende di Gambino. Su tale ultimo punto, Le chiedo se è mai possibile che un popolo debba essere umiliato a tal punto: un Presidente di Provincia che ha adottato Gambino al proprio fianco fino a nominarlo consigliere personale quando è intervenuto il TAR, che è un carabiniere, che è Presidente della commissione servizi segreti, non è al corrente di cosa accade a Pagani (dove spesso è di casa), non dal punto di vista penale, ma da quello della decenza civica e morale.
    Con quanti voti in più Cirielli ha vinto le elezioni provinciali? Quanti voti in più ha preso a Nocera e Pagani? Quali sono i referenti in tali posti?
    Ecco, mio caro Cennamo, in queste caste ed in queste cricche in pochi ci hanno il piede ed in molti non vogliono avercelo.

  2. Caro Smarigli, lei ha citato Cosentino e Gambino, io potrei citare, invece, i nomi di Pronzato e di Tedesco ( meno reclamizzati, ma altrettanto indagati).
    Le caste sono tante, quella dei politici è solo la più privilegiata di tutte. Chiunque si sottragga alle regole del libero mercato, sfruttando l’assistenzialismo dello Stato, è parte di una casta.

    cennamo.angelo@tiscali.it

  3. il compianto settimanale satirico “cuore” distribuì un gaget che consisteva in una cassetta, sai quella che una volta si mettevano nei mangianastri, ed in un manifesto in cui era disegnata una spirale da ipnotizzatore. l’utilizzo consisteva nell’appendere al muro il manifesto, che andava guardato fissamente, e mandare il mangianastro con la cassetta che ripeteva, in sottofondo adeguato, “federalismo,….federalismo,….federalismo… all’infinito”. questo per illustrare i contenuti della lega. la quale, lega, ancora oggi ad ogni questione ha la sua risposta e soluzione: …federalismo… appunto.
    alla stessa maniera tu, caro angelo, prima fai di tutta un’erba un “fascio” e da vero liberale, liberista e libertario italiano sostieni il “mal comune mezzo gaudio” -cosa sbagliata ed inesatta semplicemente perchè smininueresti il tuo ruolo attivo nell’area di tua appartenenza; e non devi farlo, devi combattere per le tue idee prima di tutto a casa tua, se no saresti un falso predicatore da pulpito, un acchiappa fantasmi insomma- poi come i leghisti ripeti ossessivamente:…. libero mercato, liberalismo, liberalizzazioni… libertà… liberale…. all’infinito.
    e io non capisco se la tua e una liberazione oppure un’illusione o, infine, che quando non sai che dire ripeti, ripeti, ripeti… pensando di aver trovato la pietra filosofale!

  4. @michelezecca:

    credevo che nessuno ricordasse quella cassetta! 🙂 Fantastica quando il finto Bossi attacca con “Pivetti… bella!… Iotti… brutta!”. Non so se è la stessa cassetta su cui c’era sul lato B una canzone il cui ritornello faceva: “trullallà, Biscione, e un fiore azzurro spunta in culo alla Quercia” (con la voce di Cristina D’Avena…)…

    @cennamo:

    non è che perché tu sei nichilista e non credi all’onestà delle persone si debba essere tutti così, altrimenti io, che non ho mai chiesto nulla a nessuno, dovrei rientrare nella schiera dei “fessi”. Sinceramente, poi, non capisco cosa c’entri il libero mercato: nelle tue parole mi pare spesso “prezzemolino”, sta in tutte le minestre e anche, secondo la mia più che modesta opinione, un po’ a sproposito.

  5. Attenzione a non confondere la casta con la disonesta’. Chi l’ha detto che far parte di una casta sia da disonesti? La casta difende sì i propri privilegi, ma si tratta di privilegi leciti. I politici difendono i loro vitalizi anche perchè c’è una legge che glielo consente. Oggi la sinistra ( compreso i suoi elettori) si scandalizza perchè i politici sono troppi. Eppure, nel 2006, gli stessi hanno affossato con un referendum il dimezzamento dei parlamentari, istituito dal centro destra con la riforma del Titolo V della cost.
    Tutti, o quasi tutti, godono di privilegi oramai insostenibili. Ne dico uno a caso : lo scatto di anzianità.
    Difendo il libero mercato perchè solo in un libero mercato “funzionante” si può sopravvivere nell’era della globalizzazione.

    cennamo.angelo@tiscali.it

  6. Beh, che ha che non va lo scatto di anzianità? Io se non me lo avessero dato, sai quante volte avrei cambiato azienda? Dici che sarebbe stato meglio e il libero mercato sarebbe stato più contento? 🙂

  7. No, dico che aumentare lo stipendio di un lavoratore, solo perchè questo è divetato più anziano, lo trovo ridicolo. Lo stipendio andrebbe aumentato ai più bravi, non ai più vecchi.

    cennamo.angelo@tiscali.it

  8. Angelo, io non so se tu sei mai stato a lavorare in una azienda in Campania: spesso l’unico modo di avere più soldi è lo scatto di anzianità. Perché? Perché, almeno nel mio settore (informatica), la disoccupazione locale è talmente elevata che le aziende, per quanto tu possa essere bravo, possono sostituirti abbastanza agilmente, e a costi contenuti, pescando da un bacino enorme di laureati e non, spesso piuttosto in gamba e vogliosi di fare. Di conseguenza, per lo meno nella nostra regione, è difficile farsi pagare per la bravura e non è raro che lo stipendio di un neoassunto e quello di qualcuno preso anni prima siano quasi identici (se, appunto, si escludono gli scatti): sì, qualcuno che si rende indispensabile per qualche motivo c’è (lavora troppo di proposito, è iperspecializzato e il caso strano vuole che manchino addetti con quelle caratteristiche, cerca di risolvere problemi cui altri preferiscono non prestare attenzione, ecc.ecc.): questo qualcuno pian piano per l’azienda diventa un problema molto serio se per caso va via perché vive una vita “in apnea” accollandosi a volte i problemi di altri addetti. Ma non si tratta di “bravura” in sé, si tratta in qualche caso di persone che si mettono in evidenza allo scopo di fare carriera. Che è un po’ diverso da essere “bravi”.

  9. Eh, ma come sai, da noi si ammalano parecchie cose. Poi, non ti nascondo che secondo me lo scatto di anzianità (che poi non è che sono miliardi, spesso sono 50 euro netti in più in busta ogni 2 anni, quindi pesano all’azienda forse 1300 euro all’anno a dipendente) fa comodo in alcuni casi anche al datore di lavoro. Perché dico questo: IO negli anni mi sono accontentato, ma varie volte avrei potuto infierire: eseguo un lavoro specifico i cui addetti totali in Campania forse non arrivano a 10, per cui se te ne vai metti l’azienda in difficoltà. Che fa l’azienda in questi casi? Improvvisamente sborsa o il famoso “superminimo” oppure ti alza lo stipendio, magari di 2/300 euro. Insomma, in alcuni casi, e con i tipi meno ambiziosi, in fin dei conti le aziende magari ci guadagnano… Poi, se levi quello, dovresti togliere pure i premi di produzione: io ne ho presi 2, e ognuno apparava (tassatissimo) un netto di un paio di migliaia di euro. Che fanno 4 anni di scatti… Come dire: le aziende, quando stanno bene, i soldi ce li hanno…

    Io farei un’altra cosa: “punirei” il dipendente che rifiuta di aggiornarsi e va a scaldare il posto a fare sempre le stesse cose. Ovviamente per quei posti in cui è possibile parlare di aggiornamento professionale.

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